Brasile: incendi di stato nelle favelas di San Paolo
Le favelas di San Paolo bruciano: cinque in poco meno di venti giorni, trentadue dall’inizio dell’anno. In Italia la notizia è stata derubricata alle pagine di cronaca, ben nascosta all’interno dei quotidiani, mentre alcune redazioni online hanno caricato sul proprio sito le immagini delle baracche in fiamme. In Brasile buona parte della stampa mainstream, controllata dall’impero mediatico Rede Globo, ha attribuito la colpa degli incendi agli stessi favelados: hanno allacci clandestini alla rete elettrica e vivono in condizioni precarie senza alcun piano serio di prevenzione, quindi è logico che succedano fatti del genere.
La realtà, invece, è un’altra. Gli incendi non sono casuali, ma rappresentano un nuovo modo di fare pulizia sociale in aree povere situate a ridosso dei quartieri dell’alta borghesia paulista e su cui hanno messo gli occhi speculatori immobiliari e grandi imprese costruttrici. Qual è il modo migliore per distruggere le baracche, liberarsi degli abitanti e procedere spediti sulla strada della ricostruzione, se non quello di appiccare un incendio? In tutto il paese è in corso un duro confronto tra movimenti di lotta per la casa, sem teto e favelados, impegnati nel riaffermare il diritto all’abitare, e le istituzioni locali, all’interno delle quali prosperano gli amici dei grandi costruttori. L’edificazione di shopping center, alberghi di lusso, stazioni ferroviarie, uffici e centri commerciali ha risvegliato l’istinto vampiresco delle maggiori imprese costruttrici brasiliane, tra cui Camargo Correa, Odebrecht, Engeform e Oas. Tra il 2009 ed il 2012, nella sola San Paolo, il prefeito Gilberto Kassab ha fatto in modo che costruttori e appaltatori stipulassero contratti con il suo comune per oltre due bilioni di reais. Non è un caso: Kassab, una sorta di sindaco-sceriffo proveniente dal Partido Social-Democrático (una destra dalla mano dura, non inganni il nome), da tempo aveva due idee fisse: condurre operazioni di limpeza social e al tempo stesso favorire gli interessi dei suoi amici speculatori. Per il momento sta riuscendo a condurre in porto entrambe le operazioni, alle quali, peraltro, non è nuovo. Sono molti gli aspetti che dimostrano come questi incendi siano dolosi. Il Movimento dos Trabalhadores Sem Teto ed il Frente de Luta pela Moradia sono pronti a testimoniare che, subito dopo gli incendi, arriva la polizia militare che impedisce agli abitanti di tornare nelle loro baracche, anche solo a prendere i pochi effetti personali scampati alle fiamme, e procede con la distruzione dell’intera favela con una celerità sospetta. Addirittura, nella favela di Real Parque, appena una settimana dopo l’incendio, è stato eretto in tutta fretta un muro affinché agli abitanti non venisse in mente di tornarci, mentre per quella di Moinho, non lontano dal centro di San Paolo, Kassab ordinò che fosse rasa al suolo con l’esplosivo in seguito ad un incendio a fine
Da tempo i conflitti per il diritto alla casa, la difesa del territorio e per un’urbanizzazione sociale includente erano in crescita in tutto il paese. La strategia degli incendi dolosi fa registrare un pericoloso salto di qualità negli sgomberi e nell’esclusione delle classi marginali dalle città, un fenomeno che rischia di essere inarrestabile con le tante opere di riqualificazione urbana poste in essere in vista dei mondiali di calcio, che si terranno in Brasile nel 2014, e delle Olimpiadi, in previste a Rio de Janeiro per il 2016: in entrambi i casi comitati popolari e movimenti per la casa hanno già segnalato abusi e violazioni di ogni tipo.
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