Latina

Si tratta una versione aggiornata dei trattati di libero commercio

Perù: a Lima i movimenti ripudiano l’Acuerdo de Asociación Trans Pacifico

Il Tpp consentirà alla corporazioni finanziarie di condizionare l’economia dei singoli stati
20 maggio 2013
David Lifodi

Tpp

L’Acuerdo de Asociación Trans Pacifico (Tpp), conosciuto anche come Acuerdo Transpacífico de Asociación Económica, di cui si stanno svolgendo in questi giorni i negoziati a Lima, potrebbe essere una versione aggiornata, in peggio, di quell’Accordo di Libero Commercio delle Americhe (più conosciuto come Alca), che quasi tutti i presidenti del continente latinoamericano, sollecitati dai movimenti sociali, avevano respinto nel 2005 a Mar del Plata, in Argentina.

È per questo motivo che le organizzazioni sociali peruviane hanno contestato duramente la ratifica del Tpp da parte del loro paese, che insieme a Messico e Cile fa parte del poco invidiato gruppo di stati latinoamericani che, fin dall’inizio, ha deciso di partecipare ai negoziati insieme a Stati Uniti, Canada, Vietnam, Giappone, Singapore, Brunei, Malaysia, Australia e Nuova Zelanda. L’Acuerdo Transpacífico de Asociación Económica è un trattato multilaterale di libero commercio che intende ridurre le barriere doganali per sviluppare e creare investimenti nella regione Asia-Pacifico, divenuta uno dei motori chiave della crescita economica mondiale negli ultimi anni. Se nel 1990 il 60% delle attività commerciali dei paesi dell’America Latina e del Caribe (Alc) avvenivano con gli Stati Uniti e solo il 10% con l’Asia, oggi solo il 40% dei legami commerciali Alc è con gli Usa, mentre è salito al 20% quello con i paesi asiatici. Non è un caso che i paesi appartenenti al Forum Apec (Foro de Cooperación Económica Asia-Pacífico, che riunisce le potenze economiche asiatiche e stati del continente americano, dagli Usa al Messico, passando per il Perù e il Cile) siano i più entusiasti tra quelli che hanno sottoscritto il trattato. Non solo: a livello latinoamericano anche Colombia e Costarica premono per entrare a far parte del Tpp. In pratica, l’Acuerdo Transpacífico de Asociación Económica rappresenta una sorta di protesi dei trattati di libero commercio sottoscritti singolarmente da molti stati latinoamericani fedelissimi di Washington con gli Stati Uniti a seguito della bocciatura dell’Alca: si tratta di quelle che il defunto presidente venezuelano Hugo Chávez chiamava ironicamente le “alchine”. Il Tpp accentua la liberalizzazione finanziaria nei flussi transfrontalieri, impone i brevetti a livello farmaceutico e industriale, e ridefinisce radicalmente la strategia di sviluppo economico, che finisce per essere diretta dalle transnazionali e dal libero mercato. Ad esempio, il Messico ha scelto di aderire lo scorso anno al Tpp, ma ha dovuto sottostare a due condizioni che di certo non vanno nella direzione di quella crescita economica, prosperità e occupazione sbandierata dai governi a favore dei cittadini. Entrato nel Tpp a partita in corso,il Messico ha dovuto accettare tutti gli accordi pregressi al suo ingresso e non può nemmeno sollecitare l’inserimento di nuovi temi nell’agenda dell’ Acuerdo Transpacífico de Asociación Económica. L’entrata del Messico nel Tpp è avvenuta a condizioni addirittura peggiori di quelle a cui , nel 1994, si piegò pur di entrare nel Nafta, il trattato di libero commercio con Stati Uniti e Canada. Allora, perlomeno, l’economia messicana era nelle mani di Usa e Canada, adesso dipende da tutti paesi latinoamericani e asiatici che fanno parte dell’Acuerdo Transpacífico de Asociación Económica. La principale norma capestro del Tpp stabilisce che i governi dei paesi sottoscrittori possano essere querelati da un’impresa straniera se a quest’ultima viene revocato un contratto in materia di grandi opere, risorse idriche, costruzione di miniere, centrali idroelettriche: anche questa è una versione aggiornata di quel trattato di libero commercio che permette alle multinazionali straniere di denunciare di fronte al Ciadi, il tribunale della Banca Mondiale, gli stati che si oppongono alla privatizzazione dei beni comuni. Una delle prime a dover sottostare al Ciadi fu la Bolivia, che rifiutò di piegarsi ai diktat di Aguas del Tunari in merito alla privatizzazione dell’acqua. Questa parte del Tpp è ispirata direttamente al Nafta e costituisce una minaccia molto seria in materia di sanità pubblica, diritti del consumatore, rispetto dell’ambiente. Ad esempio, Monsanto potrebbe costringere il Messico ad aprire completamente le sue campagne all’utilizzo del mais transgenico, ed è molto probabile che il presidente Enrique Peña Nieto finisca per subordinare gli interessi del suo paese a quelli di una delle più potenti transnazionali del pianeta. Inoltre, il Tpp sembra particolarmente pericoloso poiché intende tutelare i diritti di proprietà intellettuale in internet e proteggere gli interessi delle imprese farmaceutiche. Finora l’Acuerdo Transpacífico de Asociación Económica è passato molto sottotraccia ed è stato discusso il più possibile in gran segreto. I negoziati di Lima sono tra i primi a carattere pubblico, tuttavia, nonostante buona parte delle rondas siano state caratterizzate dalla segretezza, si sa che la ratifica del Tpp non è negoziabile: prendere o lasciare. Solo i ministri dei paesi interessati con delega al commercio conoscono nello specifico tutti gli aspetti del trattato, e lo stesso Obama si è mantenuto, volutamente, molto sul vago, limitandosi a garantire che il Tpp darà nuovo slancio ai paesi che sottoscriveranno l’Acuerdo Transpacífico de Asociación Económica, incrementerà i flussi di esportazione e creerà nuovi posti di lavoro.

Il Tpp rappresenta un passo importante nella costruzione di un’economia mondiale favorevole alle corporazioni transnazionali e incurante delle istituzioni democratiche, della giustizia sociale e dei diritti umani: per questo le organizzazioni popolari latinoamericane, e non solo, stanno cercando di fermarlo.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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