L’altro Messico di María de Jesús Patricio Martínez
E proprio il 28 maggio 2017, a 23 anni da quella lettera in cui Marcos si definiva come colui che “infastidisce il potere e le buone coscienze”, la designazione di María de Jesús Patricio Martínez in qualità di portavoce ed espressione del Messico dal basso rappresenta un raggio di luce nel desolante scenario politico messicano. In precedenza, un’altra donna si era candidata alle presidenziali messicane. Nel 1982 e nel 1988 era stata la volta di Rosario Ibarra de Piedra, che però aveva ottenuto esclusivamente l’appoggio del Partido Revolucionario de los Trabajadores, di ispirazione trotskismo, mentre nel caso di María de Jesús Patricio Martínez a sostenerla ci saranno gran parte delle organizzazioni popolari messicane, a partire dall’Ezln. Del resto, lo scopo della donna, dottoressa nata nel 1963 a Tuxpan, nello stato di Jalisco, sarà quello di dar voce agli oppressi del paese e non solo alle istanze zapatiste, allargando l’orizzonte a tutti coloro che si riconoscono in una piattaforma comune anticapitalista.
In definitiva, con la candidatura di María de Jesús Patricio Martínez, Ezln e Consejo nacional indígena intendono aprire nuovi orizzonti di lotta e, per questo motivo, la donna avrà, tra i principali punti del suo programma, non solo il riconoscimento dei diritti delle comunità indigene, ma una serie di rivendicazioni che vanno apertamente contro l’attuale scenario politico messicano. In particolare, la campagna di María de Jesús Patricio Martínez insisterà sul riconoscimento dell’uguaglianza salariale tra uomini e donne, sulla cancellazione di tre leggi benedette dall’attuale presidente Enrique Peña Nieto, la Ley Federal del Trabajo, la Ley Energética e la Ley de Enseñanza e sull’annullamento del Nafta, il trattato di libero commercio firmato da Ernesto Zedillo con l’illusione di far entrare il Messico nel primo mondo per poi trovarsi invece nel ruolo di cenerentola al cospetto di Canada e Stati uniti. E ancora, María de Jesús Patricio Martínez proporrà di regolare l’estrazione mineraria incontrollata, frutto di guadagni spropositati per le multinazionali, ma anche causa di desplazamiento forzato dei contadini e di istituire tribunali popolari per giudicare i casi di femminicidio, la tratta di esseri umani, i cartelli del narcotraffico e il sistema politico che ha rapporti con loro. Inoltre, particolare attenzione sarà rivolta alla tutela dei giornalisti indipendenti in un paese dove esiste un vero e proprio latifondo mediatico ed è allo studio un piano nazionale in grado di creare nuovi posti di lavoro comunità per comunità. In un paese caratterizzato dalla piaga della violenza militare sarà proposta la sostituzione delle forze di polizia statali con le milizie comunitarie e popolari, peraltro già attive in alcuni stati del paese in maniera auto organizzata, la statalizzazione delle banche, allo scopo di evitare il riciclaggio di denaro sporco e ridurre l’evasione di capitali all’estero e la separazione totale tra lo stato laico e le diverse religioni.
Quanto al rapporto con Morena, il Movimiento de Regeneración Nacional di Andrés Manuel López Obrador, non c’è l’intento di farsi concorrenza a sinistra, in un momento in cui Amlo stavolta sembra davvero potercela fare (dopo aver perso Los Pinos in precedenti elezioni presidenziali per evidenti casi di frode), semplicemente perché la visione di paese è diversa. Certo, se vincesse Morena, le istanze di democrazia e giustizia sociale forse comincerebbero ad essere riconosciute, ma l’orizzonte a cui guarda María de Jesús Patricio Martínez e con lei il Messico dal basso è anticapitalista, rivoluzionario e radicale, mentre Amlo, solo per fare un esempio, a proposito della questione mineraria si limita ad una generica esortazione all’inquinare meno, senza però proporre un reale cambiamento di rotta nel segno di una società davvero fondata sull’uguaglianza. L’aspetto principale della candidatura di María de Jesús Patricio Martínez è quello di aprire la strada ad un ingresso simbolico dei los de abajo nell’agone politico in un contesto dominato da machismo, razzismo, colonialismo ed esclusione.
Marichuy, questo il soprannome di María de Jesús Patricio Martínez, è la portavoce di una modalità altra di fare politica, dove il successo sarà riuscire a costruire il potere dal basso, non quello di prendere il potere: dal Chiapas nasce un cammino collettivo dedicato a ricostruire uno Stato-Nazione screditato dalla politica tradizionale.
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