Latina

La candidata zapatista non riesce ad ottenere il numero di firme necessarie per poter partecipare alla competizione elettorale

Messico: Marichuy esclusa dalle presidenziali

Sulla sua mancata partecipazione ha pesato il discutibile meccanismo che disciplina la candidatura alle elezioni dei candidati indipendenti
11 marzo 2018
David Lifodi

internet

Alle presidenziali del prossimo 1° luglio il Messico dal basso non sarà rappresentato. María de Jesús Patricio, popolarmente conosciuta come Marichuy, non è riuscita a raccogliere le firme in diciassette stati del paese su ventisette come prevede il sistema elettorale per i candidati che si presentano come indipendenti. L’esclusione di Marichuy ha fatto tirare un sospiro di sollievo all’intero sistema politico messicano, compreso ad Andrés Manuel López Obrador (Amlo), che era terrorizzato dal fatto che la candidata zapatista potesse togliere voti alla sua coalizione di centrosinistra. Per quanto possa sembrare paradossale, la non partecipazione di Marichuy non è dispiaciuta nemmeno ad una parte della sinistra radicale, convinta che il suo ruolo avrebbe dovuto essere quello di organizzare le lotte sociali e non di raccogliere le firme per partecipare ad un processo elettorale capitalista e, probabilmente, anche fraudolento, come lo stesso Amlo ha avuto modo di provare sulla sua pelle in alcune delle precedenti tornate presidenziali.

Eppure, se Marichuy avesse potuto partecipare alle presidenziali, non avrebbe fatto altro che dar voce ai popoli indigeni e alle lotte sociali ed auto organizzate, così come del resto si è adoperata durante tutta la sua campagna elettorale e di raccolta firme, percorrendo in lungo e in largo il Messico, a partire dai luoghi più inaccessibili e inospitali. Sono due le considerazioni principali da fare a proposito di coloro che si sono rallegrati per l’esclusione di Marichuy. La prima. Coloro che, a sinistra, hanno sempre guardato con sufficienza alla candidata zapatista, non solo hanno sbagliato nel ritenerla un elemento di disturbo per Amlo e nel dire che si preoccupava soltanto di tutelare i popoli indigeni, ma hanno giocato scorrettamente accusando lei e l’Ezln di essere stati pagati addirittura dall’ex presidente Carlos Salinas de Gortari affinché togliesse i voti ad Obrador. Salinas de Gortari è il presidente che il 1° gennaio 1994 aveva ratificato l’ingresso del Messico nel Nafta e, proprio per protestare contro l’adesione del paese al trattato di libero commercio con Usa e Canada, la guerriglia zapatista aveva fatto la sua comparsa sulla scena.

In secondo luogo, merita una riflessione il meccanismo che disciplina la candidatura alle elezioni dei candidati indipendenti. Marichuy non è riuscita ad ottenere le 866.593 firme necessarie per raggiungere l’1% degli elettori in diciassette stati del Messico, al contrario degli altri indipendenti, tutti ammessi alla competizione elettorale, ma supportati da delle strutture molto ben organizzate alle loro spalle. Ad esempio, Margarita Zavala ha potuto contare sul sostegno del marito, l’ex presidente Felipe Calderón. Quanto a Jaime Rodríguez, in qualità di governatore dello stato di Nuevo León, ha potuto disporre di denaro pubblico e un percorso simile hanno potuto permetterselo anche altri.

Certo, gli zapatisti si sono sempre riconosciuti nel celebre “cambiare il mondo senza prendere il potere”, ma la loro incursione nella politica messicana, come ha sottolineato Aída Hernández Castillo dell’Asociación por el Florecimiento de los Pueblos, si era resa necessaria per denunciare la situazione di un paese “piagato di Ayotzinapa anonime dove le forze dell’ordine colluse con il crimine organizzato stanno perpetrando un massacro di giovani sotto i nostri occhi con la complicità del nostro silenzio”. La partecipazione di Marichuy alle presidenziali sarebbe servita per dare visibilità alle centinaia di comunità in resistenza in tutto il paese, dalle organizzazioni popolari che denunciano i femminicidi a quelle che si battono per il diritto alla terra, passando per i diritti delle buscadoras, le madri dei desaparecidos, fino ai movimenti sociali impegnati contro l’estrattivismo minerario e la costruzione di nuove dighe.

Così, mentre Marichuy percorreva il paese in un lungo viaggio di conoscenza che le ha permesso di incontrare i dannati della terra di un Messico nelle mani del crimine organizzato e di una classe politica in gran parte screditata, gli altri “indipendenti” si potevano permettere di pagare persone che pensassero alla raccolta delle firme e godere del sostegno dei sindacati gialli, senza contare, beffa tra le beffe, che il 93,20% delle 280mila firme raccolte da Marichuy sono state ritenute valide rispetto a quelle da prefisso telefonico di altri candidati che pure ce l’hanno fatta perché hanno raggiunto la soglia minima. La candidatura di Marichuy è stata molto coraggiosa e la sua strada si è rivelata in salita come da pronostici, ma nonostante un budget elettorale ridotto all’osso rispetto a quello dei suoi competitors, il silenzio dei media sulla sua campagna ed i boicottaggi di ogni tipo, la candidata zapatista si è fatta portatrice di un’idea di cambiamento profondo, quello che ha sostenuto in questo accorato appello: “I nostri territori sono le lingue originarie, le culture ancestrali, le nostre resistenze, l’organizzazione comunitaria che ci invita a non venderci, a non arrendersi né cedere, a non dimenticarci dell’eredità dei nostri antenati, che ci invita ad organizzarci e a governarci esercitando quello che decidiamo collettivamente”.    

Ora, l’unica carta che hanno tra le mani i messicani in occasione delle prossime presidenziali sarà quella di votare per Amlo se non vogliono una nuova affermazione del bipolarismo panista-priista. Per il centrosinistra e per il Messico si tratterebbe comunque di un risultato storico, ma l’assenza di Marichuy rappresenta un’ulteriore ferita per la declinante democrazia messicana.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
Il testo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la fonte e l'autore.

Le informazioni sulla campagna elettorale di Marichuy sono riprese dal sito web del Comitato Chiapas "Maribel" di Bergamo

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