Latina

Honduras: "Si deve smilitarizzare la pubblica sicurezza" María Soledad Pazo

Nazioni Unite rivelano abuso della forza militare durante le elezioni
17 aprile 2018
Giorgio Trucchi

María Soledad Pazo (Foto G. Trucchi | Rel-UITA)

María Soledad Pazo è la rappresentante residente dell'Ufficio dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani in Honduras (UNHCHR). In seguito alla pubblicazione del rapporto sulle violazioni dei diritti umani durante le elezioni dello scorso novembre, la funzionaria ha accettato un’intervista in esclusiva per La Rel.

- Quali sono gli elementi chiave del vostro rapporto? 

- Il rapporto che abbiamo presentato poche settimane fa [1] è il risultato di un'osservazione molto meticolosa della risposta data dallo Stato alle proteste scaturite nell’ambito delle elezioni generali di novembre, che hanno mostrato una quantità molto preoccupante di irregolarità.

A partire da analisi molto rigorose, abbiamo constatato che c’è stato un uso sproporzionato della forza che ha portato alla violazione dei principi di precauzione, necessità e proporzionalità e che si è tradotto in gravi violazioni dei diritti umani.

In particolare, la dichiarazione dello stato d'emergenza nazionale (il 1° dicembre 2017, ndr) ha presentato una serie di deficienze in quanto alla normativa interna e agli standard internazionali

Questa situazione ha avuto effetti gravi sui diritti dei cittadini. Almeno 23 persone sono morte durante le manifestazioni, 16 delle quali a causa dell'uso eccessivo della forza da parte delle forze dell’ordine.

Lavorando sempre con oggettività e imparzialità abbiamo potuto confermare ciò che diverse organizzazioni della società civile hanno denunciato riguardo a gravi violazioni dei diritti umani commesse durante la crisi post elettorale.

Con il governo abbiamo quindi insistito sulla necessità di investigare a fondo quanto accaduto, di assicurare i colpevoli alla giustizia e di realizzare riforme profonde, come ad esempio definire le funzioni della polizia militare e smilitarizzare la pubblica sicurezza.

Non ci stancheremo mai di ripeterlo: non si può mettere una forza militare a svolgere mansioni di sicurezza e controllo delle manifestazioni.

- Possiamo parlare quindi di violenza di Stato? 

- Senza dubbio. Tutto è stato documentato in modo analitico. A partire dalla dichiarazione dello stato d'emergenza si è scatenata un'ondata di violazioni dei diritti umani.

Non solo sono state assassinate più di venti persone, ma ci sono state anche retate, irruzioni illegali, maltrattamenti sia durante gli arresti che durante la detenzione, e una campagna di stigmatizzazione e persecuzione contro difensori dei diritti umani e leader sociali.

Abbiamo anche confermato che ci sono stati attacchi alla sicurezza fisica di vari giornalisti. Hanno subito minacce, aggressioni e persecuzioni. Media critici con il governo hanno anche subito sabotaggi.

Diverse organizzazioni hanno poi denunciato l'assassinio selettivo di almeno 6 persone che hanno avuto un ruolo importante durante le proteste. Ciò è gravissimo e ci preoccupa molto.

La Procura della Repubblica deve agire immediatamente per chiarire le circostanze di queste morti e garantire che episodi del genere non accadano mai più.

- La militarizzazione della pubblica sicurezza è uno degli elementi di questa crisi.

- Sicuramente. Se a occuparsi di come gestire una manifestazione è la Polizia, che conosce e sa applicare gli standard nazionali e internazionali, sarà più difficile che avvengano gravi violazioni dei diritti umani.

Le autorità di pubblica sicurezza devono assicurarsi del fatto che le persone che stanno manifestando lo facciano in modo pacifico, esercitando il diritto legittimo di protesta.

Qui, invece, non solo hanno usato sistematicamente i gas lacrimogeni, ma ci sono stati casi documentati in cui hanno sparato per uccidere. Ad alcuni hanno sparato in testa.

Non stiamo dicendo che non si debbano controllare gli individui violenti, ma è anche vero che ci sono persone che ricoprono ruoli decisionali che ancora fanno fatica a capire che bloccare una strada o bruciare copertoni non significa essere violenti. Devono rendersi conto che la protesta può implicare anche una certa lesione di altri diritti.


- Il presidente Hernández ha nuovamente fatto pressione sul Congresso affinché si elevi la Forza nazionale di sicurezza interistituzionale, Fusina, a rango costituzionale 

 - Anche questo ci preoccupa molto. Il governo deve definire, una volta per tutte, quale sia il ruolo della Polizia militare e avanzare nel processo di depurazione e professionalizzazione della Polizia nazionale. Solo così potrà svolgere le proprie funzioni.

- Il rapporto evidenzia anche la relazione diretta che esiste tra questa crisi e il colpo di Stato del 2009.

- Ci sono questioni strutturali irrisolte. Molte delle raccomandazioni fatte dalla Commissione per la verità e la riconciliazione non sono mai state rispettate, e il paese va avanti sostenendosi su accordi politici che non prendono in considerazione la maggior parte della popolazione.

Chi ha commesso gravi violazioni dei diritti umani non è mai stato processato, nè si è garantita verità, giustizia e riparazione per le vittime. Tutti questi traumi si sono accumulati e creano un clima di costante ebollizione sociale.

Si devono attaccare le cause della crisi, non solo i sintomi. Si deve ripensare la struttura  e l’architettura della Procura, rafforzando e garantendo anche l'autonomia della Procura speciale per i diritti umani.

Note
[1] – https://goo.gl/UKr5vR

Fonte: Rel-UITA

Note: Traduzione: Giuliana Mattone

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