Latina

In occasione del Consiglio dei diritti umani dell’Onu

Brasile: il grido d’allarme degli indios

Il governo Bolsonaro si occupa solo degli interessi dei ruralistas
8 luglio 2019
David Lifodi

indios guarani

“Nessuna terra indigena è stata demarcata nel corso del 2019 e il presidente Bolsonaro ha dichiarato più volte che non intende autorizzare alcuna demarcazione durante il suo mandato. Il Planalto tutela solo gli interessi dei ruralistas e costringe gli indios a vivere in una situazione di estrema vulnerabilità”. Il duro atto d’accusa di Cleber Buzatto, segretario esecutivo del Cimi, il Conselho Indigenista Missionário, è stato pronunciato a fine giugno, a Ginevra, in occasione della quarantunesima sessione del Consiglio dei diritti umani dell’Onu.

A Ginevra, la delegazione del Cimi e dei popoli indios karipuna e guarani-kaiowá ha partecipato, inoltre, all’evento parallelo dedicato allo sgombero forzato delle comunità indigene a seguito dell’invasione dei loro territori, più volte incoraggiata dal presidente Bolsonaro, da parte di madereiros, garimpeiros e ruralistas. Nell’operazione “SOS Karipuna”, lanciata recentemente dalla polizia federale, sono stati arrestate 10 persone sospettate di essere coinvolte nel furto del legname e di aver partecipato ad operazioni di grilagem, la vendita di lotti di terra a multinazionali, fazendeiros e ruralistas in territori abitati da comunità indigene.

Se già all’epoca delle presidenze Lula e di quella di Dilma Rousseff poco era stato fatto per tutelare gli indios, adesso la situazione è drammatica. Ricche di legno, acqua, minerali e biodiversità, le terre indigene sempre più si stanno trasformando in terre di caccia per tutte quelle imprese interessate a sfruttarne le risorse naturali. “Il governo Bolsonaro è servo dell’agronegozio e responsabile della tragedia umanitaria che vive il nostro popolo” è il disperato appello delle donne guarani-kaiowá presenti a Ginevra, che hanno posto l’accento sulla corsa delle imprese per produrre zucchero, soia e carne nelle loro terre mentre le istituzioni non si occupano di tutelare i diritti degli indios.

In Brasile le comunità indigene sono trattate con disprezzo e violenza e, nel solo stato del Mato Grosso do sul, nel giugno 2019, sono stati uccisi sei indios. Nel Mato Grosso do Sul si trova anche la maggior riserva indigena del paese, quella di Dourados. Nello stato il tasso medio di omicidi è di 26, 1 ogni centomila abitanti, ma tra gli indigeni il dato sale fino a 55,9. Inoltre, il trasferimento della questione relativa alla demarcazione delle terre indigene dal Ministero della Giustizia a quello dell’Agricoltura, storicamente contrario a riconoscere i diritti dei popoli originari, accresce la preoccupazione che i popoli indigeni vadano incontro ad un vero e proprio genocidio.

Fedele alleato dell’agrobusiness, negli ultimi sei mesi il governo brasiliano ha autorizzato l’utilizzo di oltre duecento nuovi pesticidi, gran parte dei quali utilizzati nelle fazendas intorno alle quali sono presenti terre e villaggi indigeni, per non parlare delle fumigazioni aeree compiute su alcune zone dove vivono i guarani-kaiowá, a seguito delle quali sono morti numerosi animali e si trovano in condizioni di salute critiche alcuni bambini e adolescenti. In questo caso suona come una beffarda provocazione la rassicurazione di un rappresentante brasiliano di Itamaraty intervenuto a Ginevra, secondo il quale il suo paese si starebbe occupando dei diritti dei popoli indigeni. Nel frattempo, incoraggiati da una sostanziale impunità, grileiros e madereiros continuano ad agire indisturbati, forti di vere e proprie campagne di odio contro gli indios promosse dal governo brasiliano, il vero responsabile degli sgomberi forzati delle comunità indigene.

Tuttavia, gli appelli al governo brasiliano affinché tuteli e protegga le comunità indigene per il momento sono rimasti inascoltati e, avverte Amnesty International, “la situazione per gli indios rischia di diventare insostenibile”.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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