L’Ecuador progressista scommette su Andrés Arauz
L’auspicio è che a conquistare la maggioranza dei consensi sia Andrés Arauz, in ticket con Carlos Rabascall, per Unión Por la Esperanza (UNES). Entrambi godono del sostegno dell’ex presidente Rafael Correa. L’Ecuador arriva alle urne con una certezza, il rifiuto di Lenin Moreno, passato subito dopo la sua elezione alle dipendenze del Fondo monetario internazionale, responsabile di una gestione disastrosa della pandemia e artefice di una vera e propria persecuzione politico-giudiziaria contro il correismo.
Dei 16 candidati che parteciperanno alla corsa per diventare presidente del paese è l’imprenditore Guillermo Lasso l’unico in grado di poter contendere ad Arauz Palacio de Carondelet.
Prevale una certa curiosità anche per quanto riguarda l’atteggiamento degli Stati uniti, che finora hanno sostenuto a spada tratta Moreno. Sono in molti a credere che la posizione di Biden non sarà troppo diversa da quella del suo predecessore ed è probabile che anche il nuovo presidente Usa speri in una vittoria di Lasso, proprietario di numerose imprese off-shore tra Panama, le Isole Cayman e gli Stati uniti: solo nello stato della Florida ve ne sono ben 29 a nome di sorella, figli e di altri familiari, ma sulle quali detiene comunque l’ultima parola sulla loro gestione.
In un contesto in cui il 40% degli elettori, a pochi giorni dal voto, ancora è incerto sul candidato da sostenere, Andrés Arauz, già ministro di Correa, sembra comunque favorito nei sondaggi che gli attribuiscono il 39,2% delle intenzioni di voto rispetto al 21,8% di preferenze che dovrebbe guadagnare Lasso e al 14,4% di Yaku Pérez, candidato del movimento indigeno Pachakutik.
Se a urne chiuse i dati dei sondaggi fossero confermati, Arauz potrebbe vincere al primo turno senza la necessità di ricorrere al ballottaggio programmato per l’11 aprile nel caso in cui nessuno dei candidati raggiunga il 40% dei voti o stacchi il secondo classificato con un distacco percentuale di almeno 10 punti.
Secondo il Centro de Derechos Económicos y Sociales ad influire sul voto saranno le proposte dei candidati per affrontare l’emergenza sanitaria (lo stesso Arauz ha contratto il Covid-19), l’interpretazione della persecuzione contro Revolución Ciudadana e Correa, il ruolo che giocheranno i movimenti indigeni, tra i protagonisti principali del levantamiento dell’ottobre 2019.
Tuttavia, un’alleanza tra Pachakutik e Unión Por la Esperanza sembra improponibile soprattutto perché Arauz si colloca nel segno di Correa, entrato in forte contrasto soprattutto con le comunità indigene e i movimenti ambientalisti a seguito della scelta di scommettere sull’estrattivismo a scapito del buen vivir di cui pure era stato uno dei principali artefici, tanto da farlo inserire nella Costituzione del 2008.
Come già avvenuto nelle precedenti presidenziali, dove all’epoca la vittoria di Moreno era ritenuta, prima dell’inaspettato e repentino voltafaccia, un baluardo di resistenza in un momento di estrema difficoltà di tutte le sinistre latinoamericane, anche al giorno d’oggi il voto del 7 febbraio è ritenuto da molti analisti politici come una questione di vita o di morte.
Nonostante le numerose contraddizioni del correismo, è evidente che una vittoria di Arauz sembra l’unico modo per far compiere un passo avanti ai diritti umani, sociali, economici e politici, cancellati principalmente a seguito della durissima repressione del levantamiento dell’ottobre 2019. Peraltro, lo stesso Arauz ha percorso l’Amazzonia ecuadoriana per incontrare le comunità, segno che qualcosa, rispetto all’estrattivismo propugnato da Correa, potrebbe cambiare.
Arauz, che ha già promesso di non cedere di fronte alle imposizioni del Fondo monetario internazionale assecondate fin dall’inizio da Moreno, e di rafforzare la cooperazione Sud-sud, non si fida di Lasso, che gode comunque del sostegno della destra Usa in qualità di esponente di quel neoliberismo che piace all’oligarchia ecuadoriana che, soprattutto sui social network, ha scatenato una violenta campagna mediatica contro il candidato di Unes, tanto da agitare in anticipo lo spettro della frode secondo lo stesso schema utilizzato in Bolivia per estromettere Evo Morales da Palacio Quemado.
Una vittoria di Arauz rappresenterebbe una prima risposta delle sinistre latinoamericane in un 2021 che sotto il punto di vista elettorale si presenta molto complesso.
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