Latina

Democrazia e stato di diritto restano sotto l’attacco dell’odio bolsonarista

Il Brasile che verrà

La nomina dei ministri ha rappresentato un primo atto di rottura rispetto al passato, ma solo agendo in sintonia con i movimenti sociali nascerà davvero un nuovo Brasile.
5 gennaio 2023
David Lifodi

L'insediamento di Lula

Il 1° gennaio scorso Lula si è insediato ufficialmente alla presidenza del Brasile in un clima di forte tensione.

Quella che solitamente è ritenuta una semplice formalità, la cerimonia di insediamento, si è trasformata in una sorta di percorso di guerra per Lula che, da quando ha vinto il ballottaggio con Bolsonaro, ha visto sorgere, in tutto il paese, una serie di pericolosi focolai di rivolta promossi dall’estrema destra per non riconoscere l’esito democratico delle urne.

Democrazia e stato di diritto sono sotto l’attacco dell’odio bolsonarista. Gran parte di coloro che, in questi mesi di transizione dal Messia Nero a Lula, hanno incendiato autobus, organizzato blocchi stradali e alimentato un clima di odio, soprattutto sui social network, allo scopo di mettere in stato d’assedio il nuovo governo e creare le condizioni per una destabilizzazione permanente, finora l’hanno fatta franca. Il paese vive quotidianamente la sensazione di un golpismo strisciante che rifiuta il ritorno alla democrazia ed alla smilitarizzazione del paese dopo le macerie lasciate dal bolsonarismo.

Tra gli ultimi frutti avvelenati del suo predecessore, Lula troverà anche l’indulto ai poliziotti condannati per un massacro di detenuti avvenuto il 2 ottobre 1992 in cui vennero uccisi 111 carcerati. L’indulto è stato firmato da Bolsonaro negli ultimissimi giorni del suo mandato, nonostante l’evidente incostituzionalità. Il massacro di Carandiru, avvenuto a San Paolo, è stato giustificato da Jair Bolsonaro e dal figlio Eduardo perché la sommossa era stata provocata dai più pericolosi criminali del paese, ma in realtà fin dalle prime ore successive al fatto, emerse con chiarezza che molti detenuti non erano stati uccisi dagli agenti per legittima difesa, bensì tramite esecuzioni extragiudiziali, dei veri e propri casi di giustizia fai da te.

Il tentativo dei bolsonaristi è evidente: mantenere alto il clima di odio nel paese. Solo pochi giorni prima dell’insediamento di Lula, ad una deputata bolsonarista, Carla Zambelli, è stato tolto il porto d’armi dopo che, il 29 ottobre scorso, aveva puntato la pistola contro un militante petista che l’aveva insultata. Già indagata per essere stata tra le promotrici delle violente proteste di piazza seguite alla vittoria di Lula, Zambelli ha sostenuto, fin dall’inizio, la necessità di promuovere un colpo di stato per mantenere Bolsonaro al potere, sposando le sue principali provocazioni, a partire dal diritto, per ogni singolo cittadino, all’autodifesa armata. Dai 350.000 possessori di armi da fuoco nel 2018, oggi in Brasile sono in oltre un milione ad essere armati.

Non a caso il recente tentativo di assassinare Lula provocando la detonazione di un camion cisterna durante la cerimonia di investitura, sventato a fine anno e conclusosi con l’arresto dell’imprenditore George Washington de Oliveira Sousa, dimostra che il virus bolsonarista è tutt’altro che sconfitto. Lo stesso Bolsonaro e il suo vice, Hamilton Mourão, non hanno partecipato, infatti, alla cerimonia di consegna della fascia presidenziale a Lula in occasione del suo insediamento.

In questo scenario, non certo facile, Lula cercherà di governare un paese sempre più polarizzato. Tra le sue prime decisioni quella di affidare il ministero dell’Uguaglianza razziale, soppresso da Bolsonaro, ad Anielle Franco, sorella di Marielle, l’esponente politica del Psol assassinata dai paramilitari nel marzo 2018.

Si tratta di una decisione altamente simbolica. Proveniente dalla favela di Maré (Rio de Janeiro) come la sorella, Anielle, giornalista, scrittrice, docente ed ex atleta, proseguirà la battaglia di Marielle per i diritti umani, le donne, gli omosessuali e i favelados, condotta in qualità di consigliera municipale fin quando non è stata assassinata.

Altrettanto significativa la nomina di Nisia Trindade Lima alla salute. Ricercatrice e studiosa, per oltre 30 anni, alla Fondazione Oswaldo Cruz, di cui è divenuta presidente, nel 2017, la donna si è adoperata per far arrivare in Brasile i vaccini anti-Covid-19, il cui dilagare nel paese è responsabilità del governo bolsonarista, apertamente schierato su posizioni negazioniste. Fermamente convinta del valore sociale della scienza, dell’innovazione tecnologica e scientifica, Nisia Trindade Lima ha lavorato inoltre per identificare le varianti del Covid-19.

Un altro passo di aperta rottura con il bolsonarismo riguarda il titolare del ministero dei Diritti umani, Sílvio Almeida, avvocato nero già noto all’opinione pubblica per le sue battaglie antirazziste e Cida Gonçalves, ministra delle Donne conosciuta per l’impegno contro la violenza di genere.

Sarà ministro delle Finanze un altro fedelissimo di Lula, Fernando Haddad, già all’Istruzione sempre con Lula e Dilma Rousseff (oltre ad essere il candidato del centrosinistra sconfitto da Bolsonaro nelle precedenti presidenziali) mentre alla Giustizia andrà Flávio Dino, anch’esso vicino al presidente e già governatore del Maranhão. In un settore delicatissimo come le Forze Armate, José Múcio, del Partido Trabalhista Brasileiro.

La nomina dei ministri assume un valore rilevante soprattutto se il governo lulista deciderà di occuparsi realmente di agroecologia, sovranità alimentare, diritto alla terra e riforma agraria. Soltanto agendo in sintonia con i movimenti sociali e le organizzazioni popolari nascerà davvero un nuovo Brasile.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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