Latina

La repressione, finora, non è riuscita a bloccare il Jujeñazo.

Argentina: la riforma incostituzionale di Gerardo Morales

Nella provincia di Jujuy, dallo scorso giugno, le comunità indigene e non solo sono in lotta contro la riforma della Costituzione locale che prevede la svendita del litio alle multinazionali.
2 agosto 2023
David Lifodi

La riforma incostituzionale di Gerardo Morales

Dallo scorso mese di giugno, nella provincia argentina di Jujuy, è in corso un durissimo conflitto sociale portato avanti dalle comunità indigene, e non solo, contro il governatore Gerardo Morales, noto per aver scatenato una vera e propria campagna mediatico-giudiziaria contro la lottatrice sociale Milagro Sala.

È stato infatti Morales ad aver promosso una riforma della Costituzione locale che dovrebbe prevedere, secondo lui, la svendita del litio alle multinazionali. Da qui è sorta una protesta che il governatore di questa provincia, che si trova nel nord dell’Argentina, ha cercato di criminalizzare in ogni modo. L’estrazione del litio costringerebbe i popoli indigeni originari a dover abbandonare i propri territori.

Un dettagliato articolo pubblicato sul quotidiano il manifesto spiega che, in Argentina “la Costituzione nazionale stabilisce che le risorse naturali appartengono alle province e non allo Stato centrale. Facendo uso e abuso di questa regola, Morales ha messo da parte l’ancestralità dei popoli originari nel territorio argentino, avallata persino da leggi internazionali, affermando esplicitamente di voler rendere la vita più facile alle multinazionali che cercano il litio”.

La repressione ordinata da Morales è stata violenta, ma, ancora più grave, è stato l’utilizzo strumentale del conflitto da parte di Morales, che spera di guadagnarsi l’accesso alla Casa Rosada utilizzando la mando dura allo scopo di contribuire alla vittoria del partito di destra Propuesta Republicana e divenire così il vicepresidente di Horacio Rodríguez Larreta in occasione delle prossime presidenziali di ottobre.

La ribellione di Jujuy, iniziata dai docenti e poi deflagrata definitivamente con la rivolta indigena, rischia però di non trovare alcun sostegno a livello istituzionale: anche l’attuale presidente Fernández e il suo governo, che pure hanno condannato l’utilizzo della violenza contro i manifestanti, si sono guardati beni dal mettere in discussione l’estrazione del litio.

Tuttavia il cosiddetto Jujeñazo è riuscito quantomeno a modificare la sonnolenta agenda politica delle istituzioni argentine, preoccupate da una crescente crisi economica e dal pressing interessato del Fondo monetario internazionale, ma soprattutto a far pressione su Gerardo Morales, il governatore che si considera “onnipotente” e i cui atteggiamenti potrebbero accendere la miccia di una rivolta popolare come quella che, in Argentina, non si vede dal 2001, all’epoca del corralito.

Le organizzazioni popolari jujeñas denunciano Morales poiché ha proibito i blocchi stradali e il diritto alla libera circolazione delle persone per blindare l’estrazione del litio, le cui riserve mondiali si trovano, principalmente, proprio tra Argentina, Bolivia e Cile, dove sono pronte ad entrare in azioni multinazionali cinesi, giapponesi, australiane, canadesi, francesi, inglesi e sudcoreane. Inoltre, denunciano i movimenti sociali, gran parte dei deputati è stato convocato da Morales per votare la riforma costituzionale senza nemmeno conoscere il testo, in particolare gli esponenti dell’Unión Cívica Radical e del Partido Justicialista. Peraltro, occorre ricordare che l’Unión Cívica Radical, insieme a Propuesta Republicana, aveva contribuito a far eleggere alla presidenza del paese, dal 2015 al 2019, l’ultraliberista Mauricio Macri.

Quello che è successo dopo la modifica della Costituzione assomiglia molto al “metodo Videla” risalente agli anni della dittatura militare. Il riferimento non è solo alla repressione contro le organizzazioni sociali che sono scese in piazza contro il mercato del litio, ma anche ad una vera e propria “macchina del fango” orchestrata contro la parlamentare indigena Milagro Sala. Morales gioca su due fronti, ma con un unico obiettivo, quello di annichilire le proteste popolari sia tramite la persecuzione giudiziaria contro la leader sociale sia tramite la svendita della provincia di cui è governatore alle multinazionali.

Grazie all’approvazione delle modifiche di 66 dei 212 articoli della Costituzione provinciale, avvenuta nel mezzo di una situazione già tesa a causa dello sciopero promosso dagli insegnanti e dai lavoratori del settore pubblico, Morales ha dichiarato il litio “risorsa strategica”.

A Jujuy è stata creata la società Jemse, che fa parte di un consorzio con multinazionali giapponesi ed australiane ed è interessata allo sfruttamento della salina di Olaroz-Cauchari e del Salar del Hombre Muerto. Morales punta a destinare verso queste imprese gran parte del bilancio pubblico, in modo tale che le multinazionali minerarie siano tra le prime a poterne beneficiare, accettando anche possibili conseguenze nefaste sulle fonti d’acqua.

Probabilmente l’Argentina diventerà un paese tra i maggiori esportatori di litio al mondo, certo, ma a scapito della sua stessa popolazione, in particolare delle comunità indigene, ed esclusivamente a favore delle transnazionali.

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