Colombia: la marcia indigena
50.000 Indigeni marceranno sulla “carretra Panamericana” per 100 km in tre giorni, sotto un sole cocente e acquazzoni improvvisi.

Queste persone hanno lasciato le loro riserve e le loro case per andare fino alla città Cali per protestare contro il governo e le sue politiche.
Gli Indigeni si oppongono al TLC (trattato di libero commercio) con gli Stati Uniti, al pacchetto di riforme costituzionali atto a limitari i diritti Sociali di un paese che secondo gli ultimi dati conta 29 milioni di poveri di cui 10 milioni indigenti su una popolazione totale di 40. Contro la situazione di violenza a cui sono sottoposti gli Indigeni di questo paese come tutti gli altri Colombiani.
In questi giorni sono stati tanti i colpi bassi inflitti dal governo ai leader indigeni in tutto il paese. Infatti inizia con questa marcia un lungo periodo di lotte e rivendicazioni per tutto il paese, portato avanti soprattutto dalle comunità indigene. Contemporanea alla “Minga per la vita, la giustizia, l’allegria, l’autonomia e la libertà” (questo il nome dell’iniziativa) si svolgeranno altre marce nelle regioni del Meta e della Guajira.
Leader Wayuu della Guajira hanno ricevuto da poco notifiche di atti processuali per fatti risalenti a 4-5 anni fa. E’ stata chiusa pretestuosamente “radio Nasa” che da anni rappresenta la voce delle comunità indigene Nasa e la loro maniera di informarsi e comunicare. Lo scorso 8 Settembre agenti del DAS(departamento administartivo de securidad) sono entrati negli uffici dell’organizzazione Indigena nella città di Neiva minacciando e intimorendo i leader locali che lavoravano per la minga. Inoltre si registra l’arrivo di un centinaio di paramilitari che si sono sistemati in tre fincas (case di campagna) nei pressi del tragitto che seguirà la marcia del gruppo proveniente dall’ Alto Naya nella regione del Cauca, “erano incappucciati e portavano armi a lungo e corto raggio” così si legge in un comunicato del Cabildo Indigeno dell’alto Naya(il cabildo è un governo autonomo indigeno). 2 di queste 3 case appartengono ad una multinazionale del cartone.
Il presidente Uribe ha anche dichiarato pubblicamente che “sono evidenti gli interessi distinti da quelli delle comunità indigene che si muovono alle spalle di questa mobilitazione” alludendo ad una infiltrazione guerrigliera, esponendo così i manifestanti ad attacchi da parte dei gruppi paramilitari.
In un ultimo tentativo di evitare una mobilitazione così imponente contro il suo governo, Uribe si è incontrato 2 giorni fa con i leader del movimento nella bellissima città coloniale di Popayan, e ha ricevuto una ulteriore risposte negativa allo smantellamento della mobilitazione.
Il presidente ha quindi preso atto della fermezza degli organizzatori e oggi ha cambiato la sua strategia. I grandi mezzi di comunicazione Colombiani, le Tv e l’unico periodico nazionale “El tiempo” hanno presentato, per tutto il giorno, la marcia come una manifestazione contro i gruppi armati che operano nel paese. Ignorando quindi il manifesto della mobilitazione e le decine di comunicati stampa delle varie organizzazioni indigene,nonché le loro lamentele.
Non essendo il presidente riuscito a evitare la mobilitazione vorrebbe ora farla passare come una protesta contro i gruppi armati e non contro le sue politiche. Cosa abbastanza facile in un paese classificato 147 su 166 nella classifica sulla libertà di stampa edita da “reporters sans frontier” nel 2003.
Questo atto irresponsabile espone ancora una volte le donne, e gli uomini che domani marceranno sotto il sole equatoriale ad attacchi sia dei paramilitari che della guerriglia.
La minga ha avuto comunque l’appoggio di moltissime organizzazioni e personalità da tutto il mondo, e vedrà la partecipazione anche di una delegazione Ecuadoriana guidata da Mayor Blanca Chancoso.
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