Storia di un permesso.
Nei mesi scorsi la Segreteria Nazionale dello SCI ha aperto le candidature per alcune delle posizioni nello staff. Ci sembrava una buona idea proporre una collaborazione a Ragip, un volontario che da diversi mesi sta lavorando con noi all’interno del progetto “la Città dell’Utopia”. Presi dall’entusiasmo, non avevamo considerato gli aspetti pratico-burocratici della questione.
Ragip è turco e per poter rimanere in Italia a lavorare deve ottenere un permesso di soggiorno.
Ragip è arrivato in Italia ad ottobre e in questi mesi di lavoro congiunto sono stati molti gli stimoli e le opportunità di uno scambio proficuo. Le sue precedenti esperienze in altre organizzazioni, la sua formazione, il suo modo di lavorare, la forte affinità all’interno del gruppo, questi e altri i motivi che ci hanno spinto a chiedere a Ragip di rimanere a lavorare con noi.
Quanto tempo ci sarebbe voluto? Eravamo a gennaio e dovevamo aspettare due mesi per presentare la domanda in vista del decreto flussi che sapevamo sarebbe uscito a marzo.*
Inoltre avremmo dovuto aspettare almeno un mese per sapere se la domanda sarebbe stata accettata. E in caso di risposta affermativa diversi mesi per poter avere tutti i documenti e far tornare Ragip in Italia. Facendo i conti non avrebbe potuto lavorare con noi prima dell’estate, e questo sarebbe stato poco sostenibile per il lavoro della Segreteria Nazionale.
E Ragip: “la nazionalità è una colpa? perché è così importante dove sono nato per lavorare in un altro paese? perché il passaporto è più importante di capacità, abilità o intelligenza?”
Non volevamo arrenderci ma al problema dei tempi se ne è aggiunto un altro. Lo SCI poteva offrire a Ragip un contratto a progetto, ma questa tipologia di contratto non è prevista in modo esplicito nel decreto flussi. E più volte ci è stato ribadito “è più facile che ottenga il permesso come colf che con un contratto a progetto”**.
Tutto questo mi ha riportato a vivere le stesse sensazioni di impotenza e indignazione che pochi mesi prima con Ragip avevamo vissuto quando, al suo arrivo a Roma, siamo andati al Commissariato di polizia per richiedere il permesso di soggiorno per il progetto di volontariato europeo.
Dopo ore di fila un poliziotto ci elenca tutti i documenti necessari e ci fa presente l’intera procedura, fra cui l’identificazione tramite le impronte digitali. Ragip mi guarda con gli occhi sgranati, per lui è inconcepibile, ma è anche inevitabile per avere il permesso di soggiorno. E allora le sue mani diventano sempre più nere, prima i polpastrelli, poi le falangi ed infine l’intero palmo e poi spunta un ridicolo fazzoletto di carta che rende il tutto quasi paradossale, e Ragip con un italiano ancora stentato mi dice: “Le mie mani poterebbero essere mai pulite un'altra volta?”
Il suo primo permesso di soggiorno per volontariato dopo più di 5 mesi non è ancora arrivato, mentre per quanto riguarda il lavoro, alla fine del progetto di volontariato Ragip tornerà a lavorare in Turchia.
**Il decreto flussi stabilisce di domande che posso essere accettate ogni anno, questi posti sono ripartiti per tipologie di contratto. Tra queste una grossa parte è destinata a contratti per collaboratori domestici o badanti.
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