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Il 26 dicembre a Roma si è tenuto il convegno:"Donne migranti nella globalizzazione:badanti,colf e tate". Ecco una riflessione.

Donne migranti nella globalizzazione

7 gennaio 2005
Marta Marsili
Fonte: Il paese delle donne - www.womenews.net

La Commissione delle Elette del Comune di Roma, su proposta della consigliera aggiunta Irma Tobias Perez ha promosso il convegno “Donne migranti nella globalizzazione: badanti, colf e tate” (il 26 novembre, alla Casa internazionale delle donne di Roma).

Scopo dell’incontro era stimolare una discussione sulle diverse realtà vissute da queste donne, sulle loro aspettative e sulle relazioni che si instaurano con altre donne che vivono condizioni materiali anche molto diverse.
I dati sull’occupazione delle donne migranti in Italia parlano chiaro: più del 70% di loro trova lavoro nell’area dei mestieri di cura. Ma cosa significa lavoro di cura e cosa comporta per la donna che lo svolge? Si tratta molto spesso di un impegno che va al di là del semplice impegno lavorativo per trasformarsi in un investimento affettivo costante rivolto all’altro da assistere, a prescindere da un legame di parentela.

È un lavoro che finisce per non avere orari né limiti; il fatto stesso di condividere un tempo e uno spazio prolungato con la persona da assistere toglie a queste donne la possibilità di pensarsi soggetti altri, e dà spazio a quel sistema di femminilizzazione della sopravvivenza che porta a risultati spesso molto deludenti, fino a sconfinare in nuove forme di limitazioni della libertà. Perché il rischio di nuove schiavitù è dietro l’angolo e in molti casi (magari involontariamente) è operato con il silenzio assenso delle stesse donne che vestono i panni delle datrici di lavoro. La normativa in materia di occupazione, inoltre, non fa che aggiungere complicazioni, perché trasforma il diritto umano di soggiorno in un paese straniero in qualcosa di subordinato al possesso di un contratto d lavoro che ne sancisca il valore, costringendo molti stranieri ad accettare situazioni inique quando non addirittura lesive dei propri diritti.

Quali soluzioni per affermare i diritti delle “donne globali”? Come ricostruire e rispettare quel tessuto di differenze che altro non sono se non il segno tangibile della vitalità di genere? Una possibile soluzione sta nella messa in rete e nel coordinamento costante tra le diverse associazioni di donne, native e migranti, che oggi si occupano di salvaguardare i diritti acquisiti e di promuovere il rispetto dei nuovi.

Ma ci vuole anche il coinvolgimento delle istituzioni territoriali per garantire alle migranti la possibilità di ricostruire la propria vita, attraverso un riconoscimento della professionalità di origine e di quella acquisita, ed è questo è uno degli scopi del “registro cittadino delle assistenti familiari” che l’Assessorato alle Politiche sociali del Comune di Roma ha da tempo attivato in nome della tutela della lavoratrice e del soggetto che richiede il lavoro di cura.

Tutto ciò senza però dimenticare il livello della politica che ha caratterizzato tutto il corso delle lotte delle donne e che ha permesso nel tempo l’acquisizione di molti diritti fondamentali: spazio dunque al rafforzamento della rappresentanza politica delle donne straniere nelle istituzioni a tutti i livelli, e al legame imprescindibile tra il tema dei diritti e quello della pace, per evitare che simili momenti possano finire per essere solo un elenco di interessanti procedure.

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