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Una santità (evidentemente) ci basta

Sua Santità il Dalai Lama non ha potuto incontrare altra Santità. Dovrà accontentarsi di chi così non è... ufficialmente chiamato
7 dicembre 2007

preghiera birmana Si chiama Tenzin Gyatso il XIV Dalai Lama, nobel per la pace. L’Italia l’ha insignito della laurea honoris causa in biologia per il suo impegno nelle discipline neurobiologiche. Dal resto del mondo ha ricevuto le massime onorificenze essendo riconosciuto come il più grande esponente vivente del pacifismo e della nonviolenza. La Cina non la pensa così, anzi lo ritiene uno dei primi nemici del popolo. Data la notoria posizione della Cina in fatto di diritti umani ci sembra coerente. Pene capitali, torture, vessazioni, rapimenti, carceri e censure.

È stata comunque onorata di essere padrona di casa olimpica, notorio simbolo di pace e perciò si dà un gran daffare, compreso lo sfruttamento di piccoli cinesini all’opera. Riterrà così di essere riscattata da tutte le brutte cose che si dicono di lei…Si era parlato di mettere in atto una specie di (sano) boicottaggio, ma a giudicare dall’assalto agli accreditamenti della stampa mondiale per essere lì nel 2008, dubitiamo sulla buona riuscita. Pecunia, yen compreso, non olet… Ciò che invece olezza è l’aria che si sta respirando nel nostro Paese riguardo all’accoglienza di sua santità portatore di pace.

Egli non avrà accoglienza ufficiale dal Governo. Gli riserveranno ufficialità in tal senso solo alla Camera il cui presidente Bertinotti ha messo a disposizione la Sala della Lupa. Non riceverà accoglienza ufficiale (né privata, a differenza dell’anno scorso) neppure da sua santità Benedetto XVI. E pensare che il capo dell’esecutivo dell’amministrazione tibetana, anch’essa in esilio in India, al primi di novembre si dichiarava felice dell’incontro dei due rappresentanti spirituali perché questo sarebbe stato speciale e significativo. Speciale e significativo, ahinoi, risulta dunque il rifiuto che dimostra quanto la Cina (ci) è più vicina che mai… Ha chiesto al Capo della Chiesa e all’Italia di non ricevere il religioso tibetano che altrimenti ci sarebbero state ripercussioni diplomatiche e gli italiani con il papa hanno chinato il capo, obbedendo alle pressioni di Pechino. Intervistiamo Bruno Mellano deputato radicale della Rosa nel Pugno e coordinatore dell’intergruppo parlamentare per il Tibet che si è prodigato non poco a che il Dalai Lama fosse ricevuto degnamente dal Paese.

Ci dice: “Abbiamo sottoscritto una petizione cui hanno aderito 290 deputati affinché potesse parlare nell’aula della Camera come consentito ad altri capi di stato. Ci è stato risposto che questa avrebbe rappresentato l’ufficialità di un dibattito istituzionale, meglio sarebbe stato limitarsi, nell’ambito dell’ufficialità, all’accoglienza onorandolo della sala più importante di Montecitorio. Siamo soddisfatti della soluzione di Bertinotti, si rispetta quanto meno l’ufficialità parlamentare tenuto conto della presenza di molti senatori e presidenti di commissioni. Certo è che l’imbarazzo pesa notevolmente perché l’Italia ha rifiutato un portatore di pace mondiale, sottostando ai voleri della Cina, paese tra i primi a disconoscere i diritti umani. Il presidente Prodi avrebbe dovuto comportarsi come il cancelliere Merkel che ha risposto picche alle pressioni cinesi, così come l’Austria, gli Usa e il Canada. (che hanno supportato si le ripercussioni ndr). Cedendo a queste pressioni, cosa saremo disposti a cedere in futuro?”

Ci rivolgiamo anche a Tenzin Thupten, presidente della comunità tibetana in Italia. Ci risponde: -“Innanzi tutto provo profonda tristezza. Noi sappiamo che moltissimi cittadini italiani sarebbero stati onorati e orgogliosi di ricevere ufficialmente il Dalai Lama, perché in lui identificano il simbolo della spiritualità, il portatore universale di pace e tolleranza, quella pace che viene invocata quotidianamente.”

D. “Perché, secondo lei, il nostro Paese ha preferito scegliere nel senso opposto alle vostre aspettative?”

R. “Probabilmente perché non ha avuto quel coraggio necessario ad andare oltre ai meri rapporti diplomatici e dunque economici. Il cammino di sua santità è fatto da valori indipendenti da qualunque status, religione, potere. Incontrarlo su quel cammino è simbolo di fratellanza e libertà, non appoggiare questo arretra i valori e non prende cura del loro destino futuro. L’indice del valore politico è subordinato all’indice del valore umano

D. “Un altro uomo fu simbolo di pace e libertà, un uomo che ha saputo dimostrare come e quanto la nonviolenza superi qualunque strategia bellica. Per lei aver rifiutato il Dalai Lama è come se fosse stato rifiutato Ghandi?”

R . “Si, entrambi dividono lo stesso cammino, anche se in tempi differenti, ma la loro spiritualità è uguale: profonda condivisione nell’essere sempre dalla parte di chi soffre, portare avanti l’amore e la compassione”

D. “Per quanto riguarda il rifiuto del pontefice?”

R. “L’incontro con il papa avrebbe avuto rilevanza non indifferente in quanto Benedetto XVI è uno dei più importanti capi religiosi al mondo, il rispetto del Dalai Lama per tutti i leader religiosi è immenso e la chiesa cattolica parla da sempre a favore della libertà religiosa e dei diritti umani…”

Che profumo avrà l’odor di santità?

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