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Recensione al libro di Felicia Langer (Zambon editore 2018)

Con i miei occhi

Una testimonianza della repressione di Israele contro i palestinesi (1967-1973)
9 gennaio 2019
David Lifodi

Con i miei occhi

Con i miei occhi vuol essere un contributo alla pace, alla riconciliazione e all'instaurazione di rapporti giusti e umani tra arabi ed ebrei, tra palestinesi e israeliani: racconta ciò di cui è stata testimone Felicia Langer, la sola donna di origini ebraiche impegnata a difendere i diritti del popolo senza terra per eccellenza.

Come evidenziato nel sottotitolo, Felicia Langer descrive nel dettaglio la repressione dello Stato di Israele nei confronti dei palestinesi dal 1967 al 1973. La prima edizione fu pubblicata nel 1976, ma adesso Zambon Editore ha deciso di ripubblicarla in un periodo in cui le relazioni diplomatiche e gli sforzi per giungere ad una soluzione condivisa sembrano essere ben lontani. Attualmente si vive in un limbo: da un lato non è certo cambiata l'attitudine quasi soltanto repressiva da parte di Israele, che non ha alcun interesse affinché cambi qualcosa, dall'altro la disperazione e la frustrazione dei palestinesi è quella di allora. Se non fosse per la precisazione riportata nel sottotitolo, che si riferisce agli anni 1967-1973, le testimonianze di Felicia Langer potrebbero benissimo essere scambiate per una cronaca di ordinari casi di apartheid che si ripercuotono ogni giorno sulla vita dei palestinesi.

Tuttavia, la visione del libro, autopubblicato per la prima volta in Israele nel 1974 nel "disinteresse interessato" delle istituzioni di allora, non si limita soltanto a fornire il punto di vista dell'oppresso, ma compie un'operazione più ardita, quella di analizzare e mettere in discussione l'intera società israeliana dal punto di vista dell'etica e della morale. L'autrice, nata nel 1930 in Polonia e scomparsa pochi mesi fa, il 21 giugno 2018, a Tubinga, fa intravedere in più di una circostanza le discriminazioni a cui è andata incontro in quanto donna ebrea impegnata a difendere i palestinesi accusati di reati politici e appartenente al Partito comunista israeliano.

"La denuncia di Felicia Langer", scrive amaramente l'avvocato Ugo Giannangeli nella prefazione, "non ha sortito alcun effetto", ribadendo la disumanizzazione dell'occupante, ma in realtà, allora come adesso, si tratta di un documento di enorme rilevanza per far conoscere una realtà da molti ignorata. A farlo capire bastano due brevi testimonianze di questa tenace avvocata ebrea, riparata in Urss nel 1939 per sfuggire alla persecuzione nazista e giunta in Israele nel 1950, ignara del destino che la attendeva, quello di essere spettatrice di deportazioni, arresti e torture.

La prima riguarda il ricevimento dello sceicco Musa al-Bukhari nel suo studio di Giaffa Street, nel centro di Gerusalemme. È il primo caso di cui l'avvocata Felicia si occupa. Per ottenere il fascicolo istruttorio del ragazzo, che si trova al commissariato di Betlemme, Langer si scontra con l'odio del commissario, poco intenzionato a concederglielo. "Non gli creda. Sono tutti bugiardi. Li ucciderei tutti", le dice. Più volte, nel corso di tutta la sua carriera giuridica, Felicia Langer si scontrerà con affermazioni del genere. Raramente la donna vincerà delle cause, ma assiste i prigionieri politici con una tenacia che farà dire ad uno di loro, Suleiman Al-Najab: "Cara Felicia! Quante migliaia di persone impegnate nella lotta per la libertà e la vita ti sono debitrici della propria sopravvivenza e libertà? Io sono uno di loro". La seconda riguarda il caso dell'obiettore di coscienza ebreo-cristiano Giorah Neuman, condannato nel 1973 ad otto mesi di carcere per aver rifiutato di prestare il servizio militare fedele ai suoi principi, secondo i quali l'esercito israeliano si era trasformato in una forza militare di occupazione.

Sfogliando le pagine del libro e leggendo le testimonianze di Felicia Langer sembra di essere di fronte ad una sorta di Plan Condor mediorientale, tanti sono i casi di oppressione e negazione dei diritti minimi dei palestinesi, ai quali la donna ha cercato di elargire speranza, ricevendone spesso da loro una dose maggiore. Ancora nel 2016 Felicia Langer si augurava che Israele cambiasse la propria politica, riconoscendo ai palestinesi il diritto all'indipendenza, come già auspicava nel 1974, quando il volume fu pubblicato per la prima volta: "Qui ho descritto i fatti di cui sono stata testimone nell'esercizio della mia missione di avvocato. Spero che il libro possa contribuire all'apertura di una nuova pagina nelle relazioni arabo-israeliane sulla base della giustizia per tutti i popoli".

Con i miei occhi rappresenta un manifesto politico, ma anche una rivendicazione di emancipazione, come fa capire la stessa Felicia quando, in cerca del primo impiego da avvocata, comprese subito che la sua militanza politica e le sue attività le avrebbero precluso non solo molti clienti, ma anche la collaborazione con studi legali i cui avvocati non intendevano lavorare con lei per gli stessi motivi. Fu così che Felicia Langer aprì un proprio studio al cui esterno appese l'insegna "Avvocato" in arabo e in ebraico e restò in attesa del primo cliente.

Ancora oggi, i militanti palestinesi e tutti coloro che credono nel rispetto dei diritti umani e nei valori della pace e della fratellanza tra i popoli le dicono grazie.

Con i miei occhi. Una testimonianza della repressione di Israele contro i palestinesi (1967-1973)

di Felicia Langer

Introduzione di Ugo Giannangeli

Zambon Editore 2018

pagg. 384

€ 18

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
Il testo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la fonte e l'autore.

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