Lettera al Sinodo
Un profondo desiderio di comunione e una grande gioia di sapervi tutti riuniti nell'esperienza straordinaria del Sinodo, riempiono il nostro cuore e siamo certi che una speciale benedizione di Dio accompagnerà i vostri lavori.
Gerusalemme, Betlemme, Nazareth, Antiochia, Gerasa, Damasco, Tiro e Sidone, Ninive e Ur per noi non sono solo eco del consueto ascolto della Parola nelle nostre assemblee liturgiche: sono piuttosto luoghi che visitiamo, conosciamo e amiamo essendo meta dei nostri pellegrinaggi che vorremmo sempre più significativi ponti di comunione.
Ma ancor di più, ad ognuna di queste località corrisponde il volto di un pastore e spesso di comunità che ci sono diventate amiche e sorelle.
Siamo consapevoli del peso incalcolabile dei conflitti che strangolano le vostre regioni: da tempo abbiamo scelto di condividere queste vostre sofferenze (Es 3,7–8), senza cedere all'atteggiamento disfattista di chi non intravvede oltre le nubi un futuro più rassicurante.
Per questo vi incoraggiamo a rinnovare in questo Sinodo la vostra capacità di raccogliere le sfide del dialogo interreligioso e quelle sociali e politiche che tanto vi preoccupano.
L'ampiezza della benedizione che Dio ha elargito a partire dalle vostre terre e la vastità della promessa di Dio che apre questa terra promessa a tutta l'umanità, rende voi i primi destinatari e protagonisti di un grande progetto di riconciliazione per fare di tutto il mondo la Terra del Santo. Ma anche noi ci sentiamo chiamati a lavorare per quest'opera di riconciliazione basata sull'uguaglianza della dignità di ogni uomo che si sente figlio di Abramo.
Gli obblighi della Torah – il diritto e la giustizia – devono diventare l'orientamento primo per poter “abitare la terra”. Per questo siamo angosciati nel vedere, dall'Iraq all'Egitto, aumentare sempre più le ingiuste prevaricazioni che invece di rispettare le diverse identità dei popoli, impongono stati di guerra sempre più armata e decennali occupazioni illegali dei territori altrui.
Vogliamo far risuonare anche nelle nostre chiese la voce, gli appelli, le denunce di Papa Benedetto nel suo recente viaggio apostolico, e ci impegniamo a tradurle in coraggiose prese di posizione rispetto alle insopportabili situazioni che soprattutto in Palestina si manifestano come violazione sempre più grave dei diritti umani. Il muro di separazione e l'inarrestabile colonizzazione del territorio ne sono una chiara e inequivocabile manifestazione. A Gaza, in particolare, la punizione collettiva di un intero popolo con l'embargo, è una insopportabile condizione che non può più essere tollerata.
Il battesimo che ci accomuna è il fondamento che ci impegna a condividere le sfide di un dialogo e di una maturazione ecclesiale che sembra a volte paralizzata dall'aumento dell'emigrazione da questa terra e dalla tentazione del fondamentalismo, che riguarda ogni espressione religiosa.
Anche le nostre Chiese hanno bisogno di una nuova evangelizzazione che ci riporti alle radici della nostra fede, alla chiesa degli Atti degli Apostoli.
Partire di nuovo è la chiamata che ci unisce. Saremo capaci di farlo insieme?
Questa è la sfida che ci attende, per cui preghiamo, per cui siamo uniti a voi in modo speciale in questi giorni.
AMO Amici del Medioriente
Associazione Il deserto fiorirà
Pax Christi Italia
Amici di Terra Santa
Per adesioni inviare una mail a
letterasinodopax@gmail.com
In Appendice:
Condividiamo con voi questo stralcio dal racconto Con o senza biglietto di ritorno del filosofo ebreo Emmanuel Levinas. È un’icona sapienziale del cammino che ancora ci attende.
“Ulisse parte. Abramo parte. Un viaggio e un esilio. L’uno con la speranza di ritorno, l’altro verso un’altra terra, una terra straniera che diventerà sua. Uno ritorna, l’altro non cessa di camminare. Uno a casa sua, l’altro altrove. Uno verso l’ambiente famigliare dell’isola natale, l’altro verso l’incognita di un paese di cui non è originario. L’uno e l’altro certamente trasformati dalla strada, la polvere, le prove e gli incontri. Tuttavia, il loro cammino può essere identico? Il primo fa l’esperienza del ritorno alle stesse cose, il secondo l’esperienza di un’alterità infinita che, alla fine, non è tanto quella della meta quanto quella di Dio. Due partenze. Poi, un ritorno e una chiamata.
Non si valuta allo stesso modo quello che si è lasciato, né il cambiamento avuto lungo il cammino, rispetto a un ritorno o rispetto a Dio.
Perché Abramo, più di Ulisse, richiama la figura del pellegrino?
Il viaggio di Ulisse è circolare; egli ritorna a quello che conosce, ed è appagato da questo ritorno. Abramo è libero riguardo ai luoghi: qui o là, quello che importa è Colui che guida. Il cammino di Abramo è desiderio; non ha mai finito di lasciarsi sorprendere dall’inaudito di Dio, e non vuole un luogo dove fissare Dio. Il cammino di Abramo ci insegna che Dio stesso è nomade, giacché non si lascia delimitare da nessuna nostra parola o rappresentazione: non si può dire “eccolo qui” o “eccolo là”. Dio chiama altrove. Abramo è condotto al di là di quello che pensava, di quello che avrebbe potuto prevedere ascoltando la promessa che l’ha messo in cammino.
Poiché Dio stesso è sempre ancora al di là di quanto scopriremo su di Lui in tal luogo o in tale passaggio: Dio è sempre più grande.
Sui passi di Abramo, il cammino ci trasforma veramente se ci lasciamo condurre al di là delle nostre attese – buone o giuste che siano.
Se non cerchiamo di tornare al già conosciuto, né di ripetere quello che fu bello in altre occasioni. Partire è perdere, perdere senza aspettare un contraccambio, senza sapere quello che si troverà o che sarà dato. Osare di essere sconfitto, rischiare di perdersi, per lasciarsi plasmare da Colui che sorprende, piuttosto che preferire la comodità delle certezze, delle tracce segnate dalle boe.
Perdere ciò che si era previsto, lasciare quello che si conosce senza la volontà di tornare indietro. È forse la condizione necessaria per “guadagnare il mondo intero”: guadagnarlo non per sé, ma lasciarselo offrire da Colui che invia.
Lasciarsi inviare, per esplorare la terra intera, per cercarvi, in ogni cosa, in ogni incontro, Colui che ha promesso la sua presenza su tutta la terra. Facendo eco alla promessa che mette in cammino Abramo, il pellegrino, oggi, ascolta l’appello di Gesù “ad andare per il mondo intero” amando questo mondo come lo ama Dio.”
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