Perché il Pci non attaccò Federico Umberto D'Amato e il suo Ufficio Affari Riservati?
Nel libro di Giacomo Pacini “La spia intoccabile”, edito da Einaudi, a pagina 67 si legge che era un dato di fatto che la stampa di sinistra, nei confronti dell’UAR (Ufficio Affari Riservati) di Federico Umberto D'Amato, abbia spesso avuto una sorta di timore reverenziale nel condurre campagne ostili. La stampa di sinistra evitò quasi sistematicamente l’approfondimento del suo eventuale ruolo nelle vicende vedevano coinvolta l'UAR preferendo indirizzarsi contro i servizi segreti militari. Vi fu una sorta di doppia valutazione: i servizi segreti militari darebbero stati "deviati" a differenza di quelli civili storicamente guidati da Federico Umberto D'Amato.
Sempre a pagina 67 del libro di Pacini si legge di un documento rinvenuto tra le carte uruguaiane di Gelli. Di particolare interesse è il paragrafo intitolato “D’Amato - Collaborazione Pci”. Nel documento c’è scritto dei contatti fra dirigenti del Pci e Federico Umberto D’Amato. In queste carte di Gelli si legge che “i rapporti sono tenuti esclusivamente con l’On. Giancarlo Pajetta”. Nel documento si parla di “grossi favori” che il Pci avrebbe in tal modo ottenuto da Federico Umberto D’Amato, come la possibilità di poter vedere alcuni fascicoli riservati dei servizi segreti, e di ottenere che altri sparissero e fossero "insabbiati". Per cui tale personaggio, in grado di offrire tali favori e collaborazioni riservate, è rimasto in un permanente cono d’ombra, al riparo degli attacchi della stampa di sinistra. Attacchi che non sono mancati invece per i servizi segreti militari ma che non hanno dato pari risalto all’intelligence civile e al coinvolgimento dell’Ufficio Affari Riservati (UAR) diretto da Federico Umberto D’Amato. “D’AMATO NON SI TOCCA”, si legge nel documento sui rapporti D’Amato-PCI rinvento nelle carte di Gelli. E questa sarebbe stata la direttiva non solo di Pajetta ma di Amendola, altro importante dirigente del Pci.
Federico Umberto D'Amato, iscritto alla P2 di Gelli, è stato individuato post mortem dalla magistratura come organizzatore della strage di Bologna insieme al "Maestro Venerabile".
Sono pagine che fanno comprendere le modalità "ricattatorie" attraverso le quali Federico Umberto D'Amato si approcciava agli esponenti del Pci. Tra la documentazione di D'Amato spuntò una bozza di una lettera che egli aveva spedito al giornalista Andrea Barbato, dopo che questi lo aveva pubblicamente attaccato durante una sua rubrica giornaliera in merito ad un’intervista che D’Amato stesso aveva rilasciato al Corriere della Sera in merito al fatto che egli avesse fatto capire allusivamente di essere a conoscenza di verità scomode. Barbato chiese perciò a D’Amato di evitare mezze frasi, e qualora ne fosse a conoscenza, di raccontare questi presunti scheletri nell’armadio della classe dirigente che aveva governato l’Italia dal 1948 in poi. D’Amato ripose con un’astiosa lettera, il cui tono assumeva un connotato sempre più esplicito e con l'utilizzo di un’ampia serie di allusioni, sostenendo in sintesi che tutti hanno scheletri nell’armadio. Egli non replicava a nessuna delle accuse avanzategli da Barbato: cercò di rigettare la palla nel campo avverso invitando il giornalista a prendere atto che anche nella sua parte comunista, c’erano storie poco edificanti e mai venute fuori e che l’UAR l’aveva sempre ben conosciuto.
A pagina 71 del libro di Pacini si legge che persino Tina Anselmi, presidente della Commissione P2, elogiò Federico Umberto D'Amato e sostenne che negli apparati di sicurezza ci sarebbero voluti più uomini della sua capacità e della sua intelligenza. E, si badi bene, Federico Umberto D'Amato era iscritto alla P2.
Tutto questo è stato registrato al minuto 1:30.00 della puntata del 18 dicembre 1989 di La Notte della Repubblica reperibile online su Raiplay.
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