Mentre la guerra si privatizza, la sicurezza interna ai paesi che partecipano a qualsiasi titolo a conflitti esterni, si militarizzaDal soldato-operaio del primo conflitto mondiale all'«operatore» di un esercito che tende ad assomigliare a un'impresa delocalizzata. Un'anticipazione dalla rivista «Conflitti globali»
Paradossalmente la legge che ha istituito l’esercito professionale rende più vincolante il dettato costituzionale per cui “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
Premiata Nihon Hidankyo, un’associazione fondata dai sopravvissuti ai bombardamenti atomici in Giappone, gli Hibakusha. Rappresenta da decenni la voce di coloro che hanno vissuto in prima persona l’orrore della guerra atomica. Un invito a promuovere un mondo libero dal terrore nucleare.
Il silenzio rischia di essere interpretato come un segno di debolezza o, peggio, di complicità tacita. Il nostro Paese non può permettersi di essere complice del fallimento della missione UNIFIL. Se qualcuno deve lasciare la Blue Line, non sono certo i caschi blu: devono essere le forze israeliane.
A Parigi, nel marzo 2024, 20 gruppi ebraici provenienti da 14 Paesi europei si sono incontrati per la prima volta durante un convegno internazionale in solidarietà alla Palestina. Da lì è iniziato un percorso comune, sotto l’ombrello di European Jewish for Palestine (Ejp).
L'esercito israeliano ha invaso il Libano e minaccia i caschi blu dell'ONU intimando di andarsene. Fra caschi blu ci sono anche i militari italiani che hanno rifiutato di ritirarsi. Ma sono rimasti soli: neppure la Meloni esprime solidarietà ai caschi blu in pericolo. E il presidente Mattarella?
Una mappa basata su informazioni pubbliche disponibili online e organizzate graficamente da PeaceLink in una pagina interattiva che consente di ampliare le conoscenze e di fare ricerche.
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