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L’industria delle armi alimenta le guerre. Il ruolo di Finmeccanica

E se invece Finmeccanica, nel senso di agglomerato di sapere collettivo, diventasse un centro tecnologico di progettazione e sviluppo utilizzato per obiettivi comuni
8 novembre 2014

guerra è business

SABATO 29 novembre 2014 ore 9,30 - 17

presso il castello dei Comboniani VENEGONO SUPERIORE (VA)

INCONTRO/CONVEGNO

L’industria delle armi alimenta le guerre. Il ruolo di Finmeccanica.

Nell'epoca della "guerra infinita" una delle attività considerate strategiche dallo Stato è il mantenimento di quelle capacità industriali e tecnologiche giudicate essenziali per la sovranità operativa delle forze armate. Con la cessione degli asset civili, Finmeccanica intende fondarsi come holding esclusivamente orientata verso i settori dell'aerospazio e della difesa in linea con un Modello di difesa più aggressivo. Obiettivo del convegno è l'avvio di un dibattito per individuare le criticità di questo modello economico e di difesa per rimodulare le scelte militariste verso una produzione finalizzata ad attività civili.

RELATORI:

DOMENICO MORO – ECONOMISTA ruolo di Finmeccanica all’interno del capitalismo italiano, modifiche degli assetti finanziari e risposte alle crisi economiche e politiche

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RIFLESSIONI dalla fabbrica di Fiorenzo Campagnolo delegato ADL AgustaWestland e Giansandro Bertinotti ADL AleniaAermacchi

 

INTERVENTI di: Rossana De Simone, Ugo Giannangeli, Gregorio Piccin....

In video le posizioni dei rappresentanti dei sindacati confederali

Il dibattito è aperto a tutti gli interventi e servirà a capire i limiti teorici e quelli delle lotte che si sono registrati negli ultimi anni

Prime adesioni: ADL Cobas

Comitato NO-M346 del varesotto - Movimento NO-F35 del novarese http://forumnoguerra.blogspot.it/ - forum.no.guerra@gmail.com

 

“Non è facile comprendere come i rapporti internazionali potrebbero svolgersi e l’ordine internazionale essere mantenuto in totale assenza del potere militare”

(Sir Michael Howard dal Convegno Nazionale sulla Sicurezza Internazionale e la Difesa)

Da più di un decennio la preoccupazione massima dell'Italia e degli altri Stati occidentali sembra essere quella della sicurezza. Per mantenere l'ordine mondiale fondato sulla supremazia politica ed economica, questi paesi hanno bisogno che nella popolazione vi sia l'accettazione dell'idea della guerra, un efficiente apparato militare e una industria della difesa e sicurezza in grado di produrre sistemi d'arma tecnologicamente avanzati.

“I negoziati senza le armi fanno poca impressione, come gli spartiti senza gli strumenti”

(Re Federico II di Prussia da "Le Forze armate nella strategia e nella politica estera della Repubblica")

L'industria della difesa e sicurezza viene considerata un requisito necessario affinché un paese possa dirsi tecnicamente sviluppato e quindi in grado di giocare un ruolo politico e diplomatico a livello internazionale. Con questa idea di potenza i paesi come l'Italia sotto l'egida dell'ONU, della UE o della NATO, continuano a intervenire su larga scala per contrastare e colpire ogni forma di insurrezione ritenuta una minaccia per difendere i propri interessi nazionali. L'allargamento della propria zona di influenza è incentivata dai grandi produttori non solo per sostenere nuovi programmi di armamento, ma per incentivare le esportazioni attraverso un allentamento dei vincoli che impediscono la totale liberalizzazione del commercio di armamenti e tecnologia ad uso militare o duale.

“Non è possibile riconvertire l'industria bellica perché non abbiamo un'industria per fare la guerra”

(Ministro della difesa Roberta Pinotti)

L'applicazione della rivoluzione elettronica ai sistemi militari e a tutti gli apparati di controllo ha segnato una trasformazione interna non solo all'industria bellica, ma anche nella dottrina militare e nella dimensione organizzativa delle Forze Armate. Nei bilanci della difesa si legge che i settori altamente tecnologici ed avanzati contribuiscono in modo diretto al mantenimento di un’identità politica e strategica nazionale coerente col ruolo al quale il Paese non può sottrarsi. Dunque per il ministro della difesa l'applicazione di determinati dispositivi di controllo e sorveglianza o moltiplicatori della forza militare dentro e fuori l'Italia, diventa un esercizio di difesa degli interessi della patria, quelli indicati dal potere economico-politico. Finmeccanica “non è un costo e una spesa improduttiva ma è un investimento da mettere al servizio di tutti" pertanto i miliardi di euro di denaro pubblico erogati ogni anno sarebbero ben spesi. Tuttavia non sono i pacifisti o gli antimilitaristi a definire Finmeccanica “un grande malato” che ha un indebitamento medio di 5 miliardi e un governo feudale: “una specie di conglomerata con eccellenti settori industriali ma anche tanta roba rimediata per fare volume, di scarsa qualità industriale”, ma il nuovo amministratore delegato Mauro Moretti. Come tutti gli altri Moretti una volta arrivato si è portato i suoi fedeli collaboratori “prepensionando” la dirigenza passata e annunciando che si concentrerà su progetti che garantiscano un solido ritorno degli investimenti e lasciando andare il resto. Naturalmente tutto il resto è rappresentato dalla produzione totalmente civile.

E se invece Finmeccanica, nel senso di agglomerato di sapere collettivo, diventasse un centro tecnologico di progettazione e sviluppo utilizzato per obiettivi comuni in grado di fronteggiare il collasso del sistema climatico, l'esaurirsi delle risorse idriche ed energetiche, studio di nuovi materiali o innovazioni di processo per ridurre i pericoli dei danni all’ambiente e i rischi degli incidenti sul lavoro ecc., oltre che aeromobili, veicoli e robot ad uso della protezione civile, non sarebbe meglio?

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