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"L'umanità sta esaurendo, deviando e inquinando le risorse di acqua fresca del pianeta così rapidamente e radicalmente che ogni specie sulla Terra - compresa la nostra - corre un pericolo" mortale

"Oro blu.La battaglia contro il furto mondiale dell'acqua"

Maude Barlow e Tony Clarke Ed.Arianna
8 luglio 2004
Jules Boykoff e Kaia Sand
Fonte: CNS Ecologia Politica n. 1-2, gennaio – luglio 2003, Anno XIII, fascicolo 53
ecologiapolitica@quipo.it - www.ecologiapolitica.it


Blue Gold di Maude Marlow e Tony Clarke è un manuale sull'acqua in pericolo. Secondo gli autori
"l'umanità sta esaurendo, deviando e inquinando le risorse di acqua fresca del pianeta così rapidamente e radicalmente che ogni specie sulla Terra - compresa la nostra - corre un pericolo mortale (pag.5). Il libro è una sintesi rigorosa e lungimirante che ci conduce dalla distesa di sorgenti incontaminate, dalle riviste accademiche a quelle commerciali, dai papers di lavoro ai quotidiani, dalle pubblicazioni del Servizio Pubblico Internazionale ai rapporti delle Nazioni unite, dai libri di Sandra Postel e Vandana Shiva alle riviste a larga diffusione come Harper's e National Geografic.Con uno stile semplice, gli autori rispondono all'affermazione della rivista Fortune che "l'acqua promette di essere nel XXI secolo ciò che il petrolio è stato per il XX: la merce preziosa che determinerà la ricchezza delle nazioni." Barlow e Clarke in modo puntuale e persuasivo hanno messo in discussione l'assunto che sta dietro questa presa di posizione, argomentando che l'acqua non dovrebbe essere considerata una merce privata, ma in primo luogo un diritto inalienabile, un bene comune. Blue Gold, le cui origini risalgono ad un opuscolo del Forum internazionale sulla globalizzazione, che ha lo stesso titolo, fa molte cose: studia le relazioni dialettiche interne al consumo di acqua nell'epoca della globalizzazione guidata dalle multinazionali; analizza l'acqua in modo sistematico, astraendo dal terreno capitalistico strutturale, per considerare la resistenza dei suoli rispetto ai problemi del sottosuolo;
fa chiarezza sulle costruzioni mentali retoriche che permettono di separare l'acqua come merce e
dall'acqua come diritto inalienabile.

Il libro è diviso in tre sezioni. Nella prima, “La crisi", Barlow e Clarke pongono l'acqua come
questione teorica centrale. Così riescono a mettere in moto il vortice concettuale necessario a prendere in considerazione le diverse relazioni con l'acqua che, congiuntamente, ne hanno determinato la crisi. Gli autori dimostrano come il consumo eccessivo di acqua, che si accompagna al suo degrado, sta riducendo le nostre riserve di acqua dolce, che è meno della metà dell'1% di tutta l'acqua presente sulla Terra. Barlow e Clarke precisano che il consumo eccessivo di acqua non è dovuto solo alla crescita della
popolazione, ma all'incremento dei consumi pro-capite nei paesi più ricchi. Per esempio, a confronto del Nord America, gli europei e gli asiatici ne usano, a persona, approssimativamente la metà; i sudamericani circa un terzo; e gli africani poco più di un decimo. Barlow e Clarke ammoniscono che mentre la crisi globale dell'acqua "ha un impatto devastante sulla qualità della vita di miliardi di cittadini del mondo, stretti fra dalla duplice realtà della scarsità d'acqua e dell'inquinamento idrico", e scatena anche "una competizione feroce fra le società, le classi sociali e le nazioni". (p.51)

Nella seconda parte, "La Politica", gli autori smascherano i "signori dell'acqua", le multinazionali
come Vivendi, Suez, ed Enron che - di concerto con i governi nazionali e locali, che da tempo sono sotto la pressione degli aggiustamenti strutturali - premono per un modello di privatizzazione che incoraggia attualmente il consumo delle scorte d'acqua in via di esaurimento, e cioè di un modello che può portare al “cartello globale dell'acqua”. Più oltre, gli autori mettono sotto accusa l'economia neoliberista e il "Consenso di Washington”, e puntano il dito contro il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale, e l'Organizzazione mondiale del commercio, quali principali vettori della politica neoliberista in materia di acqua; affermano che il sistema della globalizzazione guidata dalle multinazionali – e delle istituzioni che esse creano - ha grandemente aggravato la crisi dell'acqua.
Tutti noi sappiamo che l'acqua e l'olio non si mischiano. Il maggior contributo di Barlow e Clarke è che essi argomentano in modo convincente che neppure l'acqua ed il libero mercato capitalistico possono mischiarsi. Dimostrano come l'acqua è un altro aspetto di quei beni comuni che, in regime neoliberista, scivolano surrettiziamente nel feticismo mercantile. Mentre in altri libri recenti, come Last Oasis di Sandra Postel, e Water di Marq de Villiers, si è riusciti a dimostrare quanto sia impellente la scarsità di acqua, Blue Gold documenta il processo di privatizzazione dell'acqua nella società di capitalismo avanzato. Secondo Blue Gold, “è cruciale per il movimento dell'acqua unire assieme i temi e i soggetti ambientalisti con i temi ed i soggetti della giustizia sociale. Altrimenti, è del tutto possibile che le due stanze si facciano la guerra una con l'alta, in un ambiente politico di scarsità. (p.246).
Posizioni come queste non destano sorpresa in persone come Barlow e Clarke: la prima è da lungo tempo un’attivista contro la globalizzazione delle multinazionali, ed è a capo (come volontaria) del Council of Canadians, la maggiore organizzazione per la giustizia sociale del Canada. Il secondo è a capo del comitato sulle multinazionali del Forum Internazionale sulla Globalizzazione, ed è anche direttore dell'Istituto Polaris del Canada.

Nella terza ed ultima parte di Blue Gold, Barlow e Clarke incoraggiano i lettori a tornare alla lotta e tracciano un piano su come procedere. Traggono ispirazione dai movimenti degli attivisti di base di tutto il mondo: da quello di Cochabamba, in Bolivia, che è riuscito a cacciare la Bechtel Corporation e a riportare l'acqua sotto il controllo locale, fino al movimento dei cittadini che in Wisconsin hanno bloccato la Nestlé, che pompava l'acqua di falda per le sue bottiglie di acqua Perrier. Per organizzare la discussione su ciò che va fatto, gli autori costruiscono una piattaforma etica in dieci punti, che metta in risalto l'idea che l'acqua fa parte dei beni comuni ecologici, che deve essere conservata, protetta, e ricuperata. Dopo aver fissato l’istanza etica, patrocinano forme di resistenza le più ampie possibili contro istituzioni quali il Fondo monetari, la Banca mondiale e il Wto, e delineano piani di azione specifici per i governi locali, le costituzioni e le leggi nazionali, le convenzioni internazionali sull'acqua. Sostenendo che "non di sarà equità per l'acqua, finché sopravvivono le iniquità sociali del nostro mondo", essi spiegano che si può lottare per l'acqua senza lottare per l'acqua. (p.246).

Il capitolo finale, “The Way Forward”, espone una miriade di modi per accerchiare "i guerrieri
dell'acqua", nella consapevolezza che le nostre necessità di acqua richiedono cambiamenti strutturali. Il libro si chiude con ambizione e ottimismo, poiché i suoi autori lanciano un appello per cancellare l'ingiustizia globale. Anche se, a breve termine, si concentrano sul cambiamento dell’agenda mondiale dell’acqua” da portare al prossimo Forum mondiale dell’acqua, che si terrà a Montreal, Canada, nel marzo 2006 (p.250).
Sebbene questo libro non sia un lavoro di ricerca totalmente originale, esso è una sintesi stringente rivolta ad una larga platea. David Harvey ha scritto: "L'eterogenea frammentarietà dei movimenti di base richiede un linguaggio comune e un discorso politico coerente, affinché possano esprimere un movimento capace di avere un impatto universale." Blue Gold fa del suo meglio per fornire questo linguaggio comune, mentre il suo potenziale impatto, una volta che si sia esteso ai movimenti per la giustizia sociale esistenti nel mondo reale, resta da realizzare.

Note: Traduzione da Capitalism Nature Socialism, marzo 2003
David A.McDonald, a cura di, Environmental Justice in South Africa, Ohio University Press
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