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Il vero costo del Cibo

Gli estimatori del libero mercato ritengono che i consumatori meritano il prezzo più basso, e se i Neozelandesi ne possono offrire uno migliore, buon per loro.
11 ottobre 2004
Nicholas Klassen

Copertina del mensile " Adbusters" La nuova Zelanda dista 7,500 miglia dalla valle di Okanagan, nella British Columbia, in Canada. E allora perché i negozi di alimentari della BC abbondano di mele della Nuova Zelanda quando ne crescono di perfette in Okanagan? Nel 2002, l’export di mele della BC ammontava a 77 milioni di sterline, mentre le importazioni dalla Nuova Zelanda e altrove arrivavano a 111 milioni di sterline. I consumatori della British Columbia necessitano di più mele di quante ne producono, ma non avrebbe più senso mangiarsi le mele prodotte dai loro vicini prima di procurarsele dall'altra parte del Pacifico?
Oltretutto, molti contadini dell’Okanagan che avrebbero potuto fare la differenza sono stati esclusi dall’industria dell’import a basso costo. Con il flusso di mele straniere, coloro i quali non sono rientrati nei criteri per i sussidi governativi al miglioramento dei frutteti e per la rotazione dei raccolti, sono stati costretti a disboscare le proprie terre e a venderle.

Gli estimatori del libero mercato ritengono che i consumatori meritano il prezzo più basso, e se i Neozelandesi ne possono offrire uno migliore, buon per loro. Ma qual è il vero costo della produzione, lavorazione, imballaggio e trasporto relativamente al sistema di distribuzione alimentare paragonato a quello locale? Uno studio dell’Università dell’Iowa del 2001 ha mostrato che attraverso il sistema tradizionale di distribuzione degli alimenti, in quello Stato la distanza media percorsa da una mela è di 1.726 miglia (2777 km). Confrontato con i sistemi regionali e locali dell'Iowa, il sistema tradizionale richiede molto più carburante e causa una dispersione di diossido di carbonio nell’atmosfera da 4 a diciassette volte più alta.

Negli USA, il cibo incide complessivamente per più del 20% sul trasporto di merci, traducendosi in 120 milioni di emissioni di CO2 ogni anno. Ogni giorno, aeroplani, camion a lunga percorrenza, e navi-container girano il pianeta in lungo e in largo per garantire che i palati occidentali siano opportunamente soddisfatti. Con il sistema attuale, è possibile cogliere i fagioli verdi cresciuti in Africa la sera, caricarli sul volo notturno per l’aeroporto di Heathrow, e farli stare sui banchi delle frutterie londinesi il giorno successivo per le 11:00. Ma perfino il governo britannico riconosce quanto ciò sia problematico e ha intenzione di garantire che "l’aviazione tenga conto delle esternalità ambientali delle quali è responsabile". Un buon inizio sarebbe quello di tassare il carburante destinato all'aviazione, la cui detassazione rende il trasporto aereo incredibilmente economico paragonato al suo vero costo. Il Dipartimento dei Trasporti britannico ha commissionato uno studio sul trasporto aereo dal quale emerge che il costo ambientale di ogni decollo di un Boeing 757 è di 5.140 sterline. Quanto tempo dovremo attendere prima che tale costo venga internalizzato? Quanto sarebbero economiche allora le mele neozelandesi? E quanti frutteti dell'Okanagan potrebbero essere salvati?

Il Prezzoburger

Le compagnie assicurative americane e gli amministratori previdenziali dei salariati sanno che l'obesità comporta delle spese. Il costo medio di un intervento restrittivo dello stomaco è di 25.000 dollari e ogni anno dal 10 al 12% di persone risultano idonee all'intervento. Allo stesso tempo, il Dipartimento della Sanità americano ha rilevato che il costo annuale del trattamento dell'obesità è di 120 milioni di dollari.

A questo va aggiunto il costo del trattamento di migliaia di Americani che ogni anno vengono infettati dalla Escherichia coli dagli hamburger, grazie a processi industriali che portano alla produzione di carne con tracce di materiale fecale e agenti patogeni. Non serve che ci sia il concime sulla carne perché si possano avere problemi. Bastano i gas che questo emette per contaminare le acque. Nel 2000, sete persone sono morte nella città di Walkerton, Canada, quando i residui del terreno contaminarono l'acquedotto cittadino con l'Escherichia coli. La crisi che ne seguì costò almeno 64,5 milioni di dollari, più altri 4.000 circa per ogni famiglia. Due anni dopo, il gigante dell'agrobusiness Cargil gettò rifiuti di macellazione nel fiume Loutre del Missouri, contaminando un'estensione di terra di 5 miglia e uccidendo 53.000 pesci. Nel Regno Unito, una relazione dell'Università dell'Essex del 2003 ha calcolato che i contribuenti inglesi spendono fino a 2,3 miliardi di sterline ogni anno per rimediare al danno che l'allevamento indstriale fa all'ambiente e alla salute umana. Quanto costerebbe allora un Big Mac se nel prezzo vi fossero inclusi i suoi veri costi di produzione?

Mucca pazza

Il ministro dell'Agricoltura canadese è stato chiaro: "Vorrei sottolineare da subito che si tratta di una mucca." Ma è bastato un solo test positivo alla BSE nel Maggio 2003 a far collassare l'industria bovina del Canada. Le esportazioni vennero immediatamente bloccate, e alla fine dell'anno, gli analisti dell'industria calcolarono che il costo economivo della positività al test nella misura di 3,3 miliardi di dollari. Poi, proprio prima di Natale, l'industria ha accusato un altro colpo a causa di un singolo caso di BSE negli Stati Uniti. Nel febbraio 2004, i funzionari del Dipartimento dell'Agricoltura in USA comunicarono al Congresso che quell'epidemia aveva avuto un costo di 6 miliardi di dollari, Gli Europei devono aver sorriso guardando le cifre del Nord America. La loro crisi della Mucca Pazza gli è costata più di 100 miliardi di dollari.

I Governi di entrambe le sponde dell'Atlantico hanno doverosamente compensato gli allevatori e i macellatori colpiti dalla crisi. E hanno fatto lo stesso dopo le crisi di afta epizootica di influenza aviaria. Quindi anche se la carne non ha mai toccato la tua bocca, ti tocca pagare.

Note: Traduzione per Peacelink a cura di Agostino Tasca
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