Latina

Preoccupa l'arrivo ad Asunción del funzionario statunitense Cason

Paraguay: l'ombra degli Usa sulle presidenziali del 20 Aprile

I movimenti sociali promettono azioni di resistenza
15 marzo 2008
David Lifodi

Secondo una strategia vecchia, ma ben oliata e altrettanto consolidata, gli Stati Uniti decidono ancora una volta di entrare a gamba tesa nel bel mezzo della campagna elettorale per le presidenziali in corso in un paese sudamericano. In Paraguay si vota il prossimo 20 Aprile, e la maggior parte dei sondaggi danno per vincente Monsignor Fernando Lugo, vescovo di San Pedro immediatamente attaccato dalle alte gerarchie ecclesiastiche per la sua candidatura in difesa di campesinos e indios con l'appoggio dei movimenti sociali, nonostante fin dal novembre 2005 avesse correttamente chiesto al Vaticano la sospensione dall'esercizio sacerdotale per presentarsi alle elezioni. Per evitare che tra un mese anche il piccolo Paraguay lasci ancor più isolata la Colombia (ormai rimasta tra i pochissimi stati fedelmente alleati della Casa Bianca) e gli Stati Uniti vedano la loro influenza in Sudamerica ulteriormente ridotta, a Washington hanno fatto le cose in grande: non si spiega in altro modo il frettoloso arrivo di James Cason ad Asunción direttamente dall'Avana, dove l'ambasciatore statunitense giorno dopo giorno si ingegna ad architettare piani per la destabilizzazione di Cuba.
L'arrivo di Cason in Paraguay non è casuale: il suo scopo è quello di appoggiare il Partido Colorado nella sua decisione di impugnare la candidatura di Lugo per estrometterlo dalla corsa elettorale. Il Partido Colorado ha visto come uno dei suoi massimi esponenti il dittatore Stroessner, che ha imposto una lunghissima dittatura al Paraguay terminata solo nel 1989 e in cui è stata perseguitata anche la famiglia di Monsignor Lugo, mentre adesso ha come suo alfiere il presidente uscente Nicanor Duarte, fiducioso di un aiuto proveniente dagli Stati Uniti per impedire che la sinistra sociale riesca a mettere un'altra bandierina nel Cono Sur. I motivi che hanno spinto gli Stati Uniti ad intervenire così prepotentemente però non sono legati solamente a questioni di politica interna. La Casa Bianca intende appoggiare l'intenzione dell’Usaid (l'Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale) di creare un'area economica definita strategica per tutta la regione, ma che in realtà (nonostante le smentite di rito) consisterebbe nella nascita di una zona franca intorno a Ciudad del Este, nei pressi della Tripla Frontiera. Il progetto ha già un nome piuttosto significativo, "Paraguay vende", e se da un lato porterebbe realmente degli indubbi benefici alla crescita degli affari dell'economia per la stessa Ciudad del Este, dall'altro rischierebbe però di trasformare larga parte della città in una sorta di enorme maquiladora a cielo aperto sull'esempio delle città di confine tra Stati Uniti e Messico, che ha in Tijuana e Ciudad Juarez gli esempi più drammatici. Il piano "Paraguay Vende" permetterebbe agli Stati Uniti di controllare il traffico commerciale dell'intera zona e inoltre consentirebbe di frenare l'influente presenza delle principali potenze economiche della regione quali Brasile, Argentina e Venezuela. Infine, la presenza statunitense nell'area servirebbe per tenere sotto controllo le presunte cellule del terrorismo islamico che Washington ritiene si nascondano nelle vicinanze della Tripla Frontiera.
Nonostante il movimento di Lugo "Tekojoja" (uguaglianza in lingua guaranì) e tutta la Concertación abbiano già annunciato azioni di resistenza nel caso in cui il Partido Colorado tenti di estromettere il monsignore dalle presidenziali, non sarà facile per il paese liberarsi della presenza di Cason, il cui scopo, al pari del suo collega Goldberg (ambasciatore a La Paz) in Bolivia, è quello di destabilizzare il paese.
Nel frattempo il Tsje (Tribunal Superior de Justicia Electoral) ha denunciato irregolarità in ben 57 candidature: il vicepresidente Juan Manuel Morales ha scoperto un giro di candidature doppie o triple da partiti che cercano esclusivamente di piazzare i loro uomini o far attribuire loro incarichi in seguito alle prossime elezioni.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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