Latina

L'obiettivo è la revisione del Trattato di Itaipù siglato tra Paraguay e Brasile nel 1973

Paraguay: parte la campagna per la sovranità energetica del paese

L'iniziativa è lanciata congiuntamente dal Frente Social y Popular paraguayano e appoggiata in Brasile dal Movimento do Atingidos por Barragens (Mab)
9 dicembre 2008
David Lifodi
Fonte: www.mabnacional.org.br - 11 dicembre 2008

Collocato a metà tra Atlantico e Pacifico, il piccolo Paraguay continua a rappresentare una vera e propria preda sia per gli interessi statunitensi (vedi la strategica base militare di Mariscal Estigarribia) sia per quelli dei suoi vicini, e solo in teoria alleati, latinoamericani. Dalla guerra svoltasi nella seconda metà dell'800 in cui Uruguay, Argentina e Brasile si impossessarono di gran parte del loro territorio (a cavallo tra il 1865 e il 1870) ad oggi, i paraguayani più di una volta hanno visto calpestata la propria sovranità. Stavolta però le cose potrebbero cambiare grazie alla "Campagna per la sovranità del Paraguay sulle proprie risorse idroelettriche", lanciata congiuntamente dal Frente Social y Popular (Fsp) paraguayano e appoggiata in Brasile dal Movimento do Atingidos por Barragens (Mab), da anni impegnato a denunciare il pericoloso impatto ambientale su natura ed esseri umani delle grandi dighe, la cui costruzione ha preso piede in Brasile soprattutto con il Programma de Aceleracão do Crecimento (Pac) lanciato dal governo Lula e dalla volontà del Planalto di implementare l'Iirsa, l'enorme piano di grandi opere che coinvolge quasi tutto il continente.
Lo scopo principale della "Campagna per la sovranità del Paraguay sulle proprie risorse idroelettriche" riguarda la revisione del Trattato di Itaipù, firmato a Brasilia il 26 Aprile 1973 dagli allora dittatori dei due paesi, il brasiliano Medici e il paraguayano Stroessner. Da allora sono trascorsi 35 anni, ma nonostante entrambi i paesi abbiano ritrovato la via democratica, il trattato non è stato mai più ridiscusso: da parte brasiliana per gli evidenti vantaggi che il paese continua a trarne, da parte paraguayana per la democrazia formale che è seguita alla morte di Stroessner nel 1989, con governi corrotti e poco presentabili sempre legati al Partido Colorado.
Il trattato prevedeva che a ciascun paese (Brasile e Paraguay) spettasse il 50% dell'energia generata dalla centrale idroelettrica di Itaipù, che si trova in territorio paraguayano. La firma dell'accordo presupponeva che all'epoca il Paraguay consumasse una moderata quantità di energia che permettesse al paese di poterne cedere la metà al suo ingombrante vicino, ricevendo in cambio il pagamento in denaro per la parte di energia ceduta. Questo criterio intendeva privilegiare il Brasile e costringere il Paraguay alla (s)vendita di una sua parte di energia ad un prezzo decisamente basso, troppo basso, e del tutto fuori mercato, utile solo ad arricchire i centri di potere che si sono susseguiti ad Asunción fino alla vittoria di Fernando Lugo lo scorso Aprile. L'ex monsignore ha fatto della revisione del Trattato di Itaipù uno dei suoi cavalli di battaglia in campagna elettorale, sottolineando sia il diritto del suo paese di poter disporre liberamente della propria energia, sia il principio di dover vendere l'energia prodotta ad un prezzo giusto. Queste due principali rivendicazioni da parte paraguayana sono rimaste finora lettera morta, anche a causa della clausola stipulata tra i due paesi nel 1966 e inserita nel Trattato di Itaipù al momento della ratifica nel 1973, che prevedeva per il Brasile il "diritto di preferenza" sull’energia prodotta, ma non consumata, dal Paraguay.
Nonostante il governo Lula in seguito all'elezione di Lugo abbia approvato la nascita di una commissione mista con funzionari di entrambi i paesi volta a rivedere i punti più controversi del trattato, ancora non sono emersi risultati concreti, soprattutto per l'ingombrante presenza delle grandi imprese di energia brasiliane che hanno un certo potere ed altrettanta influenza sul Parlamento e sul governo petista. Il maggior paradosso del trattato riguarda il fatto che il piccolo e più povero Paraguay, secondo le percentuali di indicatori economici e sociali derivanti dalle ricerche indipendenti della "Campagna per la sovranità del Paraguay sulle proprie risorse idroelettriche", aiuta un paese come il Brasile che è il gigante del continente. La sovranità di Asunción dovrebbe inoltre essere garantita dagli accordi contenuti nei trattati stipulati nel contesto di Mercosur e Unasur, a cui entrambi gli stati aderiscono, mentre finora il rapporto Brasile-Paraguay è basato su una sorta di relazione bilaterale forzata, in base alla quale il Paraguay vede calpestata la sua sovranità energetica cedendo la propria energia al Brasile a perdere.
La revisione del Trattato di Itaipù, oltre a rappresentare la fine di un accordo di stampo neocoloniale ereditato dalle dittature di entrambi gli stati, potrebbe rappresentare una significativa opportunità, in termini di integrazione energetica, per tutti i paesi del Cono Sur. Sono gli stessi tecnici brasiliani ad affermare che la vendita di energia ad un prezzo equo per il Paraguay ad Argentina, Cile e Uruguay potrebbe consentire a tutti di trarne vantaggio sottraendo una significativa quota di mercato alle grandi imprese di energia elettrica e instaurando una sorta di scambio "virtuoso" sull’esempio della cessione di petrolio del Venezuela ai paesi sudamericani più poveri che ne fanno richiesta ad un prezzo accessibile.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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