Perù: ballottaggio tra Humala e Fujimori
Esattamente uguale a cinque anni fa. Oggi, come allora, il primo turno delle presidenziali peruviane segnò il successo di Ollanta Humala, che poi fu sconfitto al ballottaggio dall'aprista Alan García. In quella occasione il candidato paladino dell'etnocacerismo ottenne poco più del 27%, stavolta si è fermato al 29,3% dei consensi. Al ballottaggio del 5 Giugno la sfidante sarà invece Keiko Fujimori, figlia di Alberto, il cui regime militare protrattosi tra il 1990 e il 2000 ha messo in ginocchio il paese.
Sarebbe auspicabile una sconfitta della giovane e rampante figlia di Fujimori e del suo partito Fuerza 2011, che sulle orme del padre ha già promesso la mano dura ed è nota per la sua politica conservatrice e filo-neoliberista. Il nome di Fujimori in Perù non può che essere collocato accanto alla voce violazione dei diritti umani, vedi il tristemente noto massacro dei guerriglieri tupamaros dell'Mrta all'ambasciata giapponese e i tanti casi di repressione indiscriminata contro indigeni, campesinos, sindacalisti e studenti, fatti passare dal regime come fiancheggiatori di Sendero Luminoso nella guerra dichiarata dallo Stato ai senderisti. Eppure il fenomeno Ollanta, che molta stampa ha frettolosamente definito di "sinistra", non convince del tutto. Questa collocazione politica, attribuitagli sia nel 2006 sia in questa competizione elettorale per l'appoggio del Venezuela di Chávez (e che ne ha determinato il suo inserimento di diritto nella lista dei cattivi) va presa con le molle. Humala, oggi a capo della formazione politica Gana Perú, balzò agli onori della cronaca nel 2000, quando tentò di rovesciare, senza successo, Alberto Fujimori. Arrestato e poi amnistiato aderì al cosiddetto etnocacerismo, una sorta di ideologia con elementi della tradizione india connessi ad aspetti più legati alle teorie militari sulla scia del generale Caceres, uno dei protagonisti della guerra per lo sbocco all'Oceano Pacifico che durò dal 1879 ed il 1883 e che negò l'accesso al mare alla Bolivia. La sua opposizione al Trattato di Libero Commercio con gli Stati Uniti, poi firmato dal presidente uscente Alan García, gli ha fatto conquistare consensi, anche perché il Tlc ha aperto le porte alla privatizzazione delle risorse naturali peruviane con la conseguente mobilitazione indigena per il ritiro di un pacchetto di decreti raggruppati sotto il nome di "Decreto Legislativo 1090″ ed una violenta repressione delle proteste. Humala, che pure ha cercato di presentarsi in maniera equilibrata all'elettorato ed ha affermato di ispirarsi al brasiliano Lula, forse memore delle dichiarazioni incendiarie che cinque anni prima gli erano costate la presidenza, presenta però alcuni lati poco chiari. In un'intervista del dicembre 2009 rilasciata da Roberto Espinosa (consulente legato ai movimenti indigeni) al Mininotiziario America Latina dal Basso curato dalla Fondazione Neno Zanchetta (vedi http://www.kanankil.it/) si parla di Humala come appartenente al "cosiddetto <
Frattanto la corsa al 5 Giugno è già cominciata. Si riparte dalle accuse di Keiko Fujimori a Humala, ritenuto un burattino nelle mani di Chávez, anche se stavolta il presidente bolivariano ha quasi del tutto evitato intromissioni nella campagna elettorale peruviana come invece era avvenuto cinque anni prima.
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