Animali seviziati per vestire l’Europa
Mi è arrivato al computer, attraverso la grande associazione animalista P.E.T.A., un video. Non vi darò l’indirizzo telematico del sito e non vi darò una descrizione dettagliata di quanto si può osservare su questa pellicola girata in Cina. Io stesso, che ne ho viste di cotte e di crude, ho dovuto premere lo “stop” un paio di volte per arrivarci in fondo. Si tratta di un video girato dal CFTWI (Care For The Wild International) in collaborazione con lo Swiss Animal Protection, impegnati in una campagna contro le pellicce.
Sia chiaro che gli animali da pelliccia non se la cavano bene in nessuna parte del mondo, ma se dovessi rinascere volpe o procione sono certo farei mille scongiuri per essere lontano mille e miglia da quel paese che va fiero della sua saggezza popolare e dovrebbe invece vergognarsi, di fronte al mondo, per le violenze costanti sui diritti umani ed animali, per le torture inferte agli uni e agli altri senza alcuna pruderie: questo immenso paese è la Cina.
Milioni di volpi, cani, orsetti lavatori e altre specie animali, allevate per la pelliccia, soffrono le pene dell’inferno fino alla estrema violenza di una morte che avviene in modo sommario, tanto che gli operatori procedono, nell’estrema indifferenza, a scuoiare animali vivi. Ho scritto che vi risparmio i dettagli di quanto si vede nel filmato e sarò di parola, ma un’idea ve la devo dare. Gli animali che hanno fortuna muoiono prima che l’operatore metta mano al coltello, mentre quelli più disgraziati sono ancora vivi per diversi minuti (fino a dieci si è calcolato) dopo che la pelle è stata tagliata via dal corpo. In Cina non esiste alcuna legge sul benessere animale, per cui queste pratiche non sono considerate illegali, anzi spesso sono incoraggiate tutte le torture, anche le più atroci, che evitino di danneggiare in qualsiasi modo la pelliccia.
La Cina è il maggiore esportatore mondiale di inserti di pelle e l’Unione Europea è il maggiore consumatore mondiale di pellicce. Nonostante divieti e legislazioni più severe, atte a contrastare almeno l’importazione dalla Cina di inserti di pelliccia derivati dal cane e dal gatto,mancano in molti paesi leggi severe sulla etichettatura, senza le quali non vi è alcuna possibilità di arginare completamente questi fenomeni. In Gran Bretagna, come in parte di Austria e Germania non si possono più allevare animali da pelliccia, in Svizzera sono state abolite le gabbie, in Svezia occorrono severissime condizioni e un po’ tutta Europa è orientata per il futuro ad ulteriori restrizioni, ma la vera restrizione la impongono i consumatori, purtroppo blanditi e plagiati da sfilate a la page, pubblicità ingannevoli che fanno loro credere nella pelliccia quale status symbol senza il quale non si può vivere adeguatamente in società.
L’Italia, nonostante il clima mite, è tra i paesi che subiscono maggiormente il fascino della pelliccia, un mercato che sacrifica ogni anno oltre 15 milioni di animali, nei modi più orrendi. Ricordatevi che ci vogliono 20 volpi, 30 gatti, 35 procioni, 200 ermellini e 50 visoni per fare quella cassa da morto che chi frequenta i foyer dei teatri e i salotti “bene” ostenta ad amici e conoscenti. Una motivazione per imporre dazi sul tessile ai cinesi l’abbiamo. Chiamate l’ambasciatore di quel paese, fategli vedere quel video e ditegli semplicemente che la smettano. Farà finta di non capire, ma quando gli direte che fino ad allora in Italia non entrerà più neanche un paio di mutande sono certo che spalancherà gli occhi a mandorla. Ma c’è qualcuno che ha le palle per farlo?
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