Gattopardismo italico in Mesopotamia
L'ENI stia tranquilla. I suoi interessi iracheni non saranno intaccati dal ritiro tanto millantato in queste settimane. Un ritiro, tanto sbandierato quanto in realtà poca cosa.
Fino all'anno scorso il contingente militare italiano in Iraq consisteva di 3300 soldati. Negli ultimi mesi il numero è consistentemente dimunuito e nelle prossime settimane si ridurrà solo a 1600. Il nuovo governo Prodi ha annunciato che il millantato ritiro porterà ad una profonda modificazione della missione, che diverrebbe soprattutto civile, senza ulteriori indicazioni. Ora è stato calcolato da strateghi ed analisti militari che una qualsivoglia missione di natura civile, stante l'attuale situazione dell'occupazione irachena, dovrebbe prevedere una scortaarmata di almeno 800-1000 soldati.
A conti fatti quindi, considerando l'attuale programma di riduzione, il ritiro italiano dall'Iraq sarebbe di poche centinaia di soldati e nulla più. Va ad aggiungersi che nulla sappiamo in più sulla natura civile della futura missione. Gli unici elementi che abbiamo attualmente sull'impegno civile italiano in Iraq è quello dell'ENI per i pozzi petroliferi nei dintorni di Nassiryia(che sono stati anche alla base della scelta della base del contingente italiano come ampiamente documentato).
A questo va ad aggiungersi la constatazione che di fatto(come ormai anche i media main stream allineati alla propaganda bellica ammettono candidamente) la ricostruzione, tante volte annunciata, dell'Iraq non è mai cominciata.
Oggi abbiamo una missione militare accompagnata da interessi economici di una delle più importanti imprese energetiche nazionali. Dopo il cambio civile avremo ingegneri ENI accompagnati da un contingente militare. La missione attuale è militare perché l'ENI accompagna l'esercito italiano. Domani la missione sarà civile perché sarà l'esercito ad accompagnare l'ENI.
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