Conflitti

La guerra in Libano

Le riflessioni di Noam Chomsky e Mouin Rabbani sul conflitto in Libano

Noam Chomsky: Le politiche israeliane appoggiate dagli USA perseguono la
“fine della Palestina”; Il sequestro di soldati israeliani da parte di
Hezbollah “Un atto molto irresponsabile” che potrebbe portare ad un “estremo
disastro”.
Mouin Rabbani: "questo conflitto probabilmente è destinato a continuare la sua escalation, finché non avrà inizio una qualche mediazione".
21 luglio 2006
Noam Chomsky e Mouin Rabbani in conversazione con Amy Goodman e Juan Gonzalez
Tradotto da per PeaceLink
Fonte: Democracy Now! (Network radiofonico e televisivo indipendente)

http://www.democracynow.org/article.pl?sid=06/07/14/146258&mode=thread&tid=25 - 14 luglio 2006

Israele ha intensificato i suoi attacchi sul Libano mentre aerei da guerra hanno lanciato nuovi raid sull’aeroporto di Beirut, sulla rete delle comunicazioni, le strade libanesi e una centrale elettrica. Nel frattempo gli Usa hanno posto il veto alla Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che condannava l’attacco di Israele sulla Striscia di Gaza. Il professor Noam Chomsky del MIT, Massachussetts Institute of Technology, dice che gli Usa e Israele stanno punendo i palestinesi per aver eletto Hamas, e afferma che il sequestro di soldati israeliani da parte di Hezbollah sottopone i libanesi “al terrore e ad un possibile disastro estremo” a causa degli attacchi israeliani. Abbiamo anche raccolto commenti da parte dell’analista sul Medio Oriente Mouin Rabbani a Gerusalemme. Più di 60 civili libanesi sono stati uccisi nell’offensiva che è seguita alla cattura di due soldati israeliani da parte di Hezbollah.

I jet israeliani hanno bombardato la principale autostrada che collega Beirut a Damasco, stringendo il Libano in una morsa con attacchi da terra, per mare e aerei.

L’esercito israeliano ha dichiarato che giovedì i combattenti Hezbollah hanno lanciato più di 100 razzi sul nord di Israele, uccidendo 2 persone, ferendone altre 92 e colpendo Haifa, la terza città di Israele per grandezza. Hezbollah ha negato di aver compiuto lanci su Haifa, ma Israele ha descritto l’incidente come una “importante escalation” della crisi.
L’esercito libanese ha anche risposto all’offensiva con artiglieria antiaerea.

Israele ha minacciato che la parte sud di Beirut potrebbe essere un obiettivo. I jet israeliani hanno fatto un lancio di volantini giovedì, per avvertire la gente di stare lontana dagli uffici Hezbollah. Alcune aree della città sono ora senza elettricità in seguito ad un attacco contro una centrale elettrica. I jet israeliani hanno anche colpito un gruppo palestinese pro-Siria nel Libano orientale. Non è stata riportata nessuna vittima.

L’escalation ha dato il via a richiami internazionali all’autocontrollo. L’Unione Europea e la Russia hanno criticato gli attacchi di Israele in Libano come sproporzionati. Il presidente Bush ha dichiarato che Israele ha il diritto di difendersi ma non dovrebbe indebolire il governo libanese.

Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu terrà un incontro di emergenza venerdì (il 14 luglio, n.d.t.). Il Libano spinge perché l’Onu adotti una risoluzione che richieda un cessate il fuoco.
Gli Usa hanno già posto il veto ad una risoluzione dell’Onu che richieda ad Israele di fermare la sua offensiva militare nella Striscia di Gaza. Otto degli ultimi nove veto sono stati posti dagli Stati Uniti, e sette di essi avevano a che fare con il conflitto israelo-palestinese.

*Noam Chomsky, professore di linguistica e filosofia al Massachussetts Institute of Technology. E’ autore di decine di libri, compreso il suo ultimo "Failed States: The Abuse of Power and the Assault on Democracy" (Stati sbagliati: L’Abuso di Potere e l’Assalto alla Democrazia, n.d.t.). In maggio è stato a Beirut dove ha incontrato tra gli altri, il leader Hezbollah Sayyid Hassan Nasrallah. Abbiamo parlato con lui al telefono dal Massachussetts.

*Mouin Rabbani, esperto analista sul Medio Oriente con il Gruppo Internazionale di Crisi e un redattore del Middle East report. Lo abbiamo raggiunto al telefono a Gerusalemme.

Trascrizione della conversazione:

AMY GOODMAN: Raggiungiamo al telefono in questo momento Noam Chomsky, professore di linguistica e filosofia al Massachussetts Institute of Technology, autore di decine di libri. E’ autore di decine di libri, compreso il suo ultimo "Failed States: The Abuse of Power and the Assault on Democracy" (Stati sbagliati: l’Abuso di Potere e l’Assalto alla Democrazia, n.d.t.). In maggio è stato a Beirut dove ha incontrato tra gli altri, il leader Hezbollah Sayyid Hassan Nasrallah. Benvenuto a Democracy Now!

NOAM CHOMSKY: Salve, Amy.

AMY GOODMAN: E' bello averla con noi. Bene, potrebbe parlare di ciò che sta succedendo ora, sia in Libano che a Gaza?

NOAM CHOMSKY: Beh, naturalmente non ho informazioni dall’interno, a parte le informazioni di cui disponete anche voi e gli ascoltatori. Ciò che sta succedendo a Gaza, o meglio la fase attuale di ciò che sta succedendo, dato che c’è molto di più, è cominciato con l’elezione di Hamas, alla fine di gennaio. Israele e gli Stati Uniti all’unisono hanno annunciato che avrebbero punito il popolo palestinese per aver votato nel modo sbagliato in una libera elezione. E la punizione è stata molto severa.

Allo stesso tempo, succede in parte a Gaza, e in modo quasi nascosto ma ancora più estremo nella West Bank, dove Olmert ha annunciato il suo programma di annessione, che è chiamato eufemisticamente “convergenza” ed è spesso descritto qui come “ritiro”, ma in effetti è una formalizzazione del programma di annessione delle terre di valore, della maggior parte delle risorse, compresa l’acqua, della West Bank e di frammentazione e imprigionamento del resto, dato che ha anche annunciato che Israele avrebbe occupato la Valle del Giordano. Bene, questo procede senza estrema violenza o comunque non molto viene detto su questo.

Gaza stessa, quest’ultima fase, è cominciata il 24 giugno. E’ stato quando Israele ha sequestrato due civili di Gaza, un dottore e suo fratello. Non sappiamo i loro nomi. Voi non sapete i nomi delle vittime. Sono stati portati in Israele presumibilmente, e nessuno conosce le loro sorti. Il giorno successivo, qualcosa è successo, di cui invece sappiamo molto. Uomini armati a Gaza, probabilmente della Jihad Islamica, hanno sequestrato un soldato israeliano e l’hanno portato oltre confine. E’ il Corporal (grado paragonabile a sergente, n.d.t.) Gilad Shalit.
Questo sequestro è ben noto, mentre il primo sequestro no. Poi è seguita l’escalation degli attacchi israeliani a Gaza, su cui non occorre parlare oltre, i media hanno riportato i fatti in maniera adeguata.

La fase successiva è stata il sequestro da parte di Hezbollah di due soldati israeliani, secondo loro al confine. La ragione ufficiale per questa azione è che Hezbollah punterebbe alla restituzione di prigionieri. Ce ne sono un certo numero, nessuno sa quanti. Ufficialmente, ci sono tre prigionieri libanesi in Israele. A quanto pare ci sono circa 200 persone scomparse. Chi sa dove sono?

Ma la vera ragione, penso che ci sia accordo generale da parte degli analisti, è che, e leggo dal Financial Times, che ho qui davanti: “Il momento e l’ampiezza di questo attacco suggerisce che fosse in parte pensato per ridurre la pressione sui palestinesi forzando Israele a combattere su due fronti simultaneamente”. David Hearst, che conosce bene l’area, lo descrive, credo questa mattina, come un esempio di solidarietà con un popolo sofferente, l’impulso decisivo.

E’ un atto molto, molto irresponsabile. Sottopone i Libanesi a un possibile disastro gravissimo e certamente al terrore.
Se può raggiungere un qualche risultato, sia sulla faccenda secondaria di liberare i prigionieri o in quella primaria di qualche forma di solidarietà con il popolo di Gaza, lo spero, ma non direi che le probabilità sono molto alte.

JUAN GONZALEZ: Noam Chomsky, qua la stampa ha concentrato la maggior parte dell’attenzione su Iran e Siria visti come gli architetti della maggior parte di quello che sta succedendo ora riguardo l’escalation di lotta in Libano. I suoi pensieri su queste analisi che sembrano non considerare l’attuale movimento di resistenza, e stanno tentando di ridurre questo ancora una volta per guardare all’Iran?

NOAM CHOMSKY: Bene, il fatto è che noi non abbiamo informazione su questo, e io dubito molto che la gente che scrive abbia qualsiasi informazione.
E, francamente, dubito che i servizi di intelligence Usa abbiano qualche informazione. E’ certamente plausibile. Voglio dire, non c’è dubbio che ci siano connessioni, probabilmente forti connessioni, tra Hezbollah, Siria e Iran, ma riguardo a se quelle connessioni fossero strumentali per motivare queste ultime azioni, io non penso che abbiamo la più pallida idea. Si può immaginare qualsiasi cosa si voglia. E’ una possibilità. In effetti è anche una probabilità. Ma d’altra parte c’è ogni ragione di credere che Hezbollah abbia le sue motivazioni, forse quelle cui Hearst e il Financial Times e gli altri stanno alludendo. Anche questo sembra plausibile. Molto più plausibile infatti.

AMY GOODMAN: C’era anche qualche articolo ieri che diceva che Hezbollah potrebbe provare a mandare in Iran i soldati israeliani che ha catturato.

JUAN GONZALEZ: Bene, Israele in effetti afferma di avere prove concrete che questo è ciò che sta per accadere. Questo è il motivo per cui sta tentando di bloccare la via del mare e bombardare l’aeroporto.

NOAM CHOMSKY: Loro fanno queste affermazioni. Questo è vero. Ma, ripeto, non abbiamo nessuna prova. Affermazioni da parte di uno stato che sta portando avanti attacchi militari, non contano molto, in termini di credibilità. Se hanno prove, sarebbe interessante vederle. E infatti, potrebbe accadere.
Anche se accade, non proverebbe molto. Se Hezbollah, in qualsiasi luogo tengano i prigionieri, i soldati, se Hezbollah decide che non può tenerli in Libano a causa della portata degli attacchi israeliani, potrebbero mandarli in qualche altro posto. Sono scettico che la Siria o l’Iran li accetterebbero a questo punto, o anche che li potrebbero far arrivare là, ma potrebbero volerlo.

AMY GOODMAN: Noam Chomsky, dobbiamo fermarci ora. Quando riprendiamo, le chiederemo un commento sulle dichiarazioni fatte dall’ambasciatore di Israele alle Nazioni Unite sul Libano. Si unirà alla nostra conversazione anche Mouin Rabbani, che ci parla da Gerusalemme, analista sul Medio Oriente, parte del Gruppo Internazionale di Crisi.
Poi Ron Suskind si unirà a noi, autore di "The One Percent Doctrine: Deep Inside America's Pursuit of its Enemies Since 9/11" (La dottrine dell’Uno Per Cento: una analisi approfondita dell’inseguimento da parte dell’America dei suoi nemici a partire dall’11 settembre, n.d.t.). Restate con noi.

AMY GOODMAN: Nostro ospite al telefono è Noam Chomsky, professore di linguistica al Massachussetts Institute of Technology. Il suo ultimo libro "Failed States: The Abuse of Power and the Assault on Democracy" (Stati sbagliati: l’Abuso di Potere e l’Assalto alla Democrazia, n.d.t.). Volevo chiederti del commento dell’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite. Ha difeso le azioni di Israele come una reazione giustificata. Ecco quanto scrive Dan Gillerman:

Dan Gillerman: Mentre sediamo qui in questi giorni difficili, invito voi e i miei colleghi a porvi questa domanda: cosa fareste se i vostri paesi si trovassero sotto tali attacchi, se i vostri vicini si infiltrassero nei vostri confini per rapire la vostra gente, e se centinaia di razzi venissero lanciati contro le vostre città e paesi? Ve ne stareste lì fermi a subire o fareste esattamente quello che sta facendo Israele in questo stesso istante?

AMY GOODMAN: Queste erano le parole di Dan Gillerman, l’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite. Noam Chomsky: la sua reazione?

NOAM CHOMSKY: Si riferiva al Libano più che a Gaza.

AMY GOODMAN: Infatti.

NOAM CHOMSKY: Sì. Beh, ha ragione a dire che sono stati lanciati centinaia di razzi, e naturalmente questo deve cessare. Ma non ha citato, per lo meno in questo commento, che i razzi sono stati lanciati dopo i pesanti attacchi israeliani contro il Libano, che hanno ucciso, secondo le ultime notizie, forse 60 persone circa e hanno distrutto molte infrastrutture. Come sempre, i fatti hanno la precedenza, e si deve decidere quale è stato l’evento scatenante. Dal mio punto di vista, il fatto scatenante in questo caso, anzi i fatti, sono quelli che ho citato: la costante e intensa repressione, un gran numero di sequestri, numerose atrocità a Gaza, la continua occupazione della West Bank, che, in effetti, se continua, è un vero assassinio di una nazione, la fine della Palestina, poi il sequestro il 24 giugno di due civili a Gaza, e poi la reazione al sequestro del Corporal Shalit.
E c’è una differenza, tra l’altro, tra il sequestro di civili e quello di soldati. Anche la legge umanitaria internazionale fa una distinzione.

AMY GOODMAN: Ci può dire in che senso fa un distinguo?

NOAM CHOMSKY: Se c’è un conflitto in corso, a parte la guerra vera e propria, non in un conflitto militare in corso, il sequestro, cioè se dei soldati vengono catturati, devono essere trattati umanamente. Ma non è un crimine al livello di catturare dei civili e portarli oltre il confine nel tuo paese. Quello è un crimine grave. Ed è proprio quello di cui non si è parlato. E infatti, ricordatevelo, voglio dire, non devo essere io a ricordare che ci sono costanti attacchi a Gaza, che è praticamente una prigione, una enorme prigione, sotto costante attacco tutto il tempo: stritolamento economico, attacco militare, assassinii, e così via. A confronto di ciò, il sequestro di un soldato, qualsiasi cosa si pensi in proposito, non è al primo posto nella scala delle atrocità.

Juan Gonzalez: Si unisce alla conversazione telefonica anche Mouin Rabbani, analista sul Medio Oriente esperto, parte del Gruppo di Crisi internazionale e redattore del Middle East Report. Si unisce alla conversazione parlando da Gerusalemme. Benvenuto a Democracy Now!

MOUIN RABBANI: Salve.

JUAN GONZALEZ: Potrebbe dirci il suo punto di vista su quest’ultima escalation del conflitto e sulla possibilità che Israele sia nuovamente coinvolto in una guerra in Libano?

MOUIN RABBANI: Beh, è difficile a dirsi. Io non ho potuto sentire i commenti del Professor Chomsky. Ho potuto sentire solo una parola ogni tanto. Ma penso che Israele praticamente ora stia, se vuoi, provando a riscrivere le regole del gioco e fissare nuovi termini per i suoi avversari, dicendo in effetti che nessun attacco di qualsiasi genere contro le forze israeliane o altrimenti sarà permesso, e qualsiasi attacco del genere provocherà una dura risposta che metterà a rischio tutta l’infrastruttura civile dell’intero paese o territorio da cui quell’attacco sia venuto.
A giudicare da ciò che abbiamo visto finora, Israele gode più o meno di un tacito o esplicito autorizzazione internazionale. E penso che le possibilità che questo conflitto possa estendersi ulteriormente fino a coinvolgere l’intera regione, forse la Siria, sia a questo punto piuttosto reale.

AMY GOODMAN: Ci può parlare della risoluzione dell’Onu, il voto nella bozza di risoluzione, 10 a 1, su Gaza, con gli Usa che hanno votato no e con Inghilterra, Danimarca, Perù e Slovacchia astenuti?

MOUIN RABBANI: Beh, penso che sarebe stata una novità se quella risoluzione fosse passata. Io penso, vedi, che negli ultimi dieci anni, se non di più, è un fatto che le Nazioni Unite siano un’organizzazione incapace di svolgere alcuno dei suoi compiti o responsabilità verso il mantenimento o il ripristino della pace e della sicurezza in Medio Oriente, principalmente per via del potere di veto degli Stati Uniti al Consiglio di Sicurezza. E penso che si sia anche raggiunto un punto per cui anche una retorica condanna dell’azione israeliana, così come abbiamo visto a Gaza nelle ultime settimane, anche una condanna retorica senza conseguenze pratiche è diventata del tutto impensabile, ripeto, principalmente a causa del diritto di veto degli Usa nel Consiglio di Sicurezza.

AMY GOODMAN: Mouin, cosa pensa che accadrà ora, sia a Gaza che in Libano?

MOUIN RABBANI: Bene, io penso che probabilmente sarà ancora peggio. Voglio dire, in Libano sembra che sia un caso in cui Hezbollah ha un obiettivo ristretto, quello di costringere Israele allo scambio dei prigionieri, mentre Israele ha il programma più ampio di cercare di costringere al disarmo Hezbollah e almeno allontanarli di diverse decine di chilomentri dal confine israelo-libanese. Sai, i punti di vista israeliani e Hezbollah su questo sono completamente incompatibili, e ciò significa che questo conflitto probabilmente è destinato a continuare la sua escalation, finché non avrà inizio una qualche mediazione.

A Gaza è un po’ diverso. Penso che là Hamas abbia un programma ampio, nel quale la realizzazione di uno scambio di prigionieri con Israele è soltanto uno degli obiettivi, e, direi, anche un obiettivo secondario. Penso che l’obiettivo principale di Hamas sia di costringere Israele ad accettare una interruzione delle ostilità da entrambe le parti, israeliana-palestinese, e penso che ancora più importante per loro sia assicurarsi il diritto di governare. E credo, almeno per quanto riguarda la parte israelo-palestinese della questione, che l’obiettivo principale di Hamas sia stato di mandare un messaggio molto chiaro non solo ad Israele ma a tutti i loro avversari, sia che si tratti di israeliani, palestinesi o stranieri, per ricordare al mondo che l’integrazione politica e le politiche democratiche per loro sono un esperimento, che hanno alternative, e se non gli viene permesso di mettere in atto il loro mandato democratico, non esiteranno, se necessario, a utilizzare queste alternative.

AMY GOODMAN: Infine, Noam Chomsky, proprio ora i leader mondiali dell’industria si sono riuniti a San Pietroburgo per l’incontro del G8. Che ruolo hanno gli Stati Uniti?

NOAM CHOMSKY: Nel G8?

AMY GOODMAN: No. Quale ruolo, dato che si sono appena riuniti, in questo, certamente la questione del Libano, di Gaza, del Medio Oriente sarà al centro della discussione. Ma in che modo gli Usa sono importanti in questo?

NOAM CHOMSKY: Penso che probabilmente sarà come per la risoluzione dell’Onu che hai citato, mi spiace, non ho potuto sentire cosa Mouin Rabbani ha detto. Ma la risoluzione dell’Onu era, con il veto, un fatto standard. Che risale a decenni addietro. Gli Stati Uniti virtualmente da soli hanno potuto bloccare la possibilità di soluzioni diplomatiche, di censura dei crimini e delle atrocità di Israele. Quando Israele ha invaso il Libano nel 1982, le Nazioni Unite hanno immediatamente posto il veto a diverse risoluzioni, che richiamavano ad una fine delle ostilità e così via, e che era una invasione atroce. E questo continua in ogni amministrazione. Quindi presumo che continuerà anche agli incontri del G8.

Gli Stati Uniti guardano virtualmente ad Israele come ad una loro appendice militarizzata, e la proteggono dalle critiche o da azioni e la appoggiano passivamente, infatti appoggiano apertamente la sua espansione, i suoi attacchi contro i palestinesi, il suo progressivo avanzamento in ciò che rimane del territorio palestinese, e agiscono per, beh, mettere in atto un commento che Moshe Dayan fece all’inizio degli anni ’70 quando era responsabile per i territori occupati. Disse ai colleghi del suo gabinetto che noi dovremmo dire ai palestinesi che non abbiamo soluzione per voi, che vivrete come cani, e chiunque se ne andrà se ne andrà, e vedremo dove questo ci porta. Questa in pratica è la politica. E presumo che gli Stati Uniti continueranno a portare avanti quella politica in un modo o nell’altro.

AMY GOODMAN: Noam Chomsky, voglio ringraziarla per essere stato con noi. E anche Mouin Rabbani, che ci ha parlato da Gerusalemme. Grazie ad entrambi.

Note: Tradotto da Paola Merciai per www.peacelink.it
Il testo e' liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la
fonte (Associazione PeaceLink) e l'autore (Paola Merciai).
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