Parla Leila Mazboudi, della Tv di Hezbollah
Leila Mazboudi, caporedattrice della televisione di Hezbollah, Al Manar, è a Roma per partecipare al convegno Medlink (14-16 dicembre), organizzato da Arci, Fiom-Cgil, Un ponte Per... Con lei abbiamo parlato dei drammatici avvenimenti libanesi.
A cinque giorni dalla data per l'elezione del nuovo presidente, un altro attentato. A chi giova?Il generale Francois el Hajj era vicino al generale Aoun, del blocco del cambiamento e della riforma, e amico del generale Michel Suleiman, il candidato alla presidenza del Libano, nonché suo probabile successore come capo dell'esercito. Da un anno la maggioranza rifiuta ogni proposta avanzata dal blocco dell'opposizione, c'è un consenso sulla candidatura del presidente, ma non sulla formazione del nuovo governo. Questo assassinio è dunque prima di tutto un colpo contro Suleiman e un colpo all'unità dell'opposizione che chiede un governo di unità nazionale. Se il 17 non si troverà un accordo nell'ultima sessione ordinaria del Parlamento, bisognerà attendere quella straordinaria, prevista per marzo, rimarremo nell'incertezza. Da noi c'è sempre un attentato al momento giusto. Un'altra ipotesi chiama in causa al Quaeda, perché Hajj ha guidato le operazioni militari contro le milizie integraliste di Fatah al-Islam nel campo profughi palestinese di Nahr el-Bared.Quello che però non quadra è che, su 18 attentati compiuti in Libano dal 2005, per la prima volta una personalità militare viene colpita in una zona ad alta sorveglianza militare. Possibile che una forza esterna al paese disponga di una simile potenza di fuoco e di così tanti mezzi logistici e riesca a farla franca nonostante la presenza di tanti servizi segreti e della Finul? Siamo più portati a pensare che si tratti di forze perniciose che vogliono la destabilizzazione del Libano, magari un'alleanza Usa-Israele. Questa volta, neanche la maggioranza ha gettato la croce sulla Siria senza riserve, perché vengono colpiti gli interessi dell'opposizione.
Al Quaeda ha rivendicato gli attentati in Algeria e si candida come difensore dell'orgoglio arabo-islamico contro l'Occidente. Qual è la posizione di Hezbollah?Hezbollah sostiene le azioni militari di resistenza contro l'occupante, contro obiettivi militari in Iraq, in Afghanistan, in Palestina, ma considera un'aberrazione qualunque attentato contro i civili. E poi chi sono questi gruppi per accusare altre forze islamiche di apostasia? Ci sono forti sospetti che siano infiltrati dai servizi segreti Usa, soprattutto in Afghanistan. L'islam di Hezbollah sostiene la diversità culturale e politica. Al Manar sostiene la resistenza di tutti gli oppressi del mondo, siamo terzomondisti e altermondialisti. La «mezzaluna sciita» agitata da Bush è uno spauracchio che non corrisponde alla realtà. In gioco, per noi, non ci sono questioni etniche - sciiti contro sunniti, cristiani contro musulmani e via dicendo - ma la necessità di impedire la presa esterna sulle nostre ricchezze e sulla nostra regione. Gli Usa hanno appena venduto ai paesi del Golfo persico armi per 10 miliardi di dollari facendo leva sulla paura dell'Iran e del suo presunto uso del nucleare militare. Anche a dispetto dei rapporti degli stessi servizi segreti secondo i quali l'Iran ha smesso il programma di ricerca nucleare. Fomentare la paura serve a Bush per accrescere l'industria bellica con l'aumento del prezzo del petrolio.
Quale spazio c'è per le donne in Hezbollah?Abbiamo proposto un cambiamento dello statuto interno, che conteneva norme tradizionaliste, che proibivano la partecipazione femminile ad alcuni settori della vita politica. Prima non era stato possibile farlo perché la priorità era necessariamente quella della lotta contro l'occupazione militare. In Afghanistan l'avanzata dell'islam ha rinchiuso e soffocato le donne, in altri paesi come l'Iran, che conosco bene, oggi non è così. In Libano oggi abbiamo ottime relazioni con le donne del Partito comunista, e obiettivi comuni: fare gli interessi delle classi popolari, e soprattutto preservare la resistenza nella sua forma logistica, militare e organizzativa. Hezbollah non è una milizia, ma un movimento di resistenza popolare che ha permesso al paese di difendersi e smetterà di esistere quando cesserà l'aggressione israeliana. Un proverbio dice: la forza del Libano è nella sua debolezza. Noi diciamo: la forza del Libano, è nella sua forza.
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