Conflitti

Iraq: Bombe sulle moschee

Nella serata di martedì 27 e per tutta la nottata, l'aviazione americana ha sferrato un pesante attacco su Fallujah, città santa degli sciiti. Colpita soprattutto la parte nord occidentale della città, anche se i testimoni raccontano della terra che tremava sotto i piedi ovunque e ininterrottamente per ore. Dalle moschee, immediata la risposta degli imam sciiti: mobilitazione generale per la difesa ad oltranza della città delle cento moschee.
28 aprile 2004
Fonte: Peace reporter

28 aprile 2004 - "Uccidono tutto ciò che si muove. Sparano anche sugli animali. Questa gente è davvero nemica dell'umanità. Facciamo appello alle persone di buona volontà perché facciano di tutto per fermare questo massacro". Con queste parole, l'Imam Abd al-Aziz al-Ani commentava l'assedio e i ripetuti assalti delle truppe statunitensi alla città.

"Sono stato un pazzo - aggiunge Al Nazzal, uno strano abitante di Falluja dall'aria molto occidentale e che parla un fluentissimo inglese - per 47 anni ho creduto alla civiltà europea ed americana". Durante la tregua, racconta ancora Al Nazal, "non ci sono stati bombardamenti pesanti sulla città. Ma gli americani hanno comunque usato le artiglierie. E soprattutto i cecchini. E hanno sparato su qualsiasi cosa. Sulle ambulanze, sulle donne, sui bambini". Al Nazzal mostra una fotografia: una ambulanza Fiat con il parabrezza bucato da fori di proiettile. I fori sono esattamente in corrispondenza della faccia del conducente.
"L’inclinazione del tiro indica che miravano al petto del guidatore. I cecchini - conclude Al Nazzal - stavano sul tetto, e sono addestrati a mirare al petto. Anche un’altra ambulanza aveva un solo, netto foro di proiettile sul parabrezza. E tutto questo non era fuoco disordinato, o una reazione al panico. Erano colpi deliberatamente mirati ad uccidere i guidatori delle ambulanze".

"Durante le quattro ore che abbiamo passato in una piccola clinica - racconta in un diario Rahul Mahajan - abbiamo visto arrivare circa una dozzina di feriti.
Fra questi una giovane donna, diciott’anni, colpita da un proiettile alla testa. Quando è arrivata aveva convulsioni e schiuma alla bocca, i dottori hanno detto che non avrebbe superato la notte.
Poi c’era un ragazzo, anche lui sembrava moribondo, con devastanti emorragie interne. Ho anche visto un uomo con estese ustioni sulla parte superiore del corpo, con ferite che potevano essere dovute a una cluster bomb. Ma non abbiamo avuto modo di verificarlo, in quella situazione pazzesca, in mezzo ai parenti che piangevano, alle grida di “Allah è grande” e alle grida di rabbia contro gli americani".
"Per gli americani - scrive ancora Rahul - “Fallujah” significa quattro mercenari uccisi, e i loro corpi mutilati e umiliati; per gli iracheni, “Fallujah” significa la brutale rappresaglia per quell’attacco: rappresaglia in cui piu di seicento iracheni sono stati uccisi, tra cui, secondo alcune stime, duecento donne e piu di cento bambini". (Nella foto, un campo da calcio trasformato in un cimitero nei giorni scorsi).

Fallujah o Fallouja, o Falluja, in arabo Al Fallujah è una città della provincia di Al Ambar, con una popolazione che prima della guerra era di circa trecentomila persone. Era conosciuta come la città delle moschee, prima dei pesanti bombardamenti di questi giorni. Più di duecento sono i templi musulmani nella città che per gli sciiti è considerata santa come per i cristiani Gerusalemme.

Subito dopo l'invasione Falluja era considerata una delle zone più tranquille dell'intero Iraq, ma la sera del 28 aprile 2003, mentre circa duecento persone festeggiavano per le strade il compleanno dell'ex dittatore Saddam Hussein, i soldati statunitensi hanno aperto il fuoco su quelli che numerosissimi testimoni hanno descritto come "civili inermi". Uccisero quindici iracheni. Gli statunitensi raccontarono di aver risposto al fuoco, ma nessun soldato della coalizione rimase ferito.

In seguito a quell'episodio, Falluja si è trasformata in una vera e propria roccaforte della resistenza armata e non armata irachena. Proprio perché è una città santa, i grandi capi religiosi sciiti, sia quelli più moderati come Al-Sistani che quelli più radicali come Al-Sadr, hanno sempre messo in guardia gli occupanti: se entrerete a Fallujah saranno guai seri.

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