Conflitti

Perché le truppe italiane devono lasciare l'Iraq. Subito

Ritiro incondizionato

29 aprile 2004
Lidia Menapace
Fonte: Liberazione - 29 aprile 2004

Come già dicemmo a Parigi al Social forum europeo noi donne - per prime -"Riportiamoli subito tutti a casa! ". Poi fu tutta la delegazione italiana a chiedere, unanime, il ritiro delle truppe italiane dall'Iraq. La richiesta è, se possibile, ancor più pressante e incondizionata. Infatti noi siamo lì in modo illegale, senza nessun possibile rimedio e correggere un errore o una colpa è razionale giusto utile e persino onorevole. Il contrario è barbarie o ignoranza o tutte e due.
Perché ritiro incondizionato? Appunto perché la presenza è illegale. Per me il ritiro varrebbe persino se ci fosse stato il consenso dell'Onu dato che la nostra costituzione comunque ce lo vieta. Ma voglio attenermi a un ragionare pacato e mediato al massimo del tollerabile.

Inoltre perché la "condizione" posta da alcuni leaders politici, cioè che le truppe di invasione se ne vadano quando arrivano le Nazioni Unite con una forza di interposizione può essere invocata da un cittadino poco informato, da una cittadina di buon cuore, ma è infondata e loro lo debbono sapere: infatti le Nazioni unite non intervengono con azione di interposizione se non su richiesta del popolo invaso o dilaniato da fazioni in lotta. Ma avendo l'amministrazione Bush opportunamente provveduto a mettere in galera tutti i componenti del governo di Saddam e tenendoli come reclusi non vi è con chi trattare; inoltre non si può nemmeno trattare la resa sempre per la stessa ragione. E voglio ricordare che prima di passarli al tribunale di Norimberga perché rispondessero dei loro crimini gli Alleati vincitori della seconda guerra mondiale trattarono con i generali nazisti successori di Hitler che si era suicidato nel suo bunker. Dunque non ci raccontino frottole: l'Onu non può arrivare in Iraq. Anche perché, se mandassero una forza (anche armata) di interposizione, essa dovrebbe essere costituita da forze di nessun paese confinante, e nessun paese occupante: come dire che Usa, Gran Bretagna, Spagna, Italia, Polonia eccetera, dovrebbero comunque ritirarsi per consentire che succedano eventualmente i paesi neutrali europei (Svizzera Svezia Finlandia Austria Malta) e quelli che non hanno preso parte alla Coalizione (Francia, Germania eccetera). Non per caso (e basta guardare la Cnn che mercoledì ha trasmesso una conferenza stampa del ministro della guerra Usa) gli Stati uniti puntano non sull'Onu, ma sulla Nato e la Nato risponde che certo farà il suo "lavoro". Oppure: sempre l'amministrazione Bush dichiara che invierà altre truppe americane se i generali lo chiederanno: non vi potrebbe essere più evidente esautoramento del governatore civile americano a Baghdad di questo. Che cosa si aspetta ancora?

Inoltre bisogna assolutamente che venga riconosciuto il diritto iracheno alla resistenza, il che non vuole affatto dire condividerne o approvarne metodi e fini, ma solo il diritto che ci sia. Altrimenti qualsiasi donna irachena che nasconda un ferito, ospiti un ricercato, qualsiasi persona (anche bambina) prenda parte a una manifestazione di protesta, gridi contro gli occupanti, distribuisca stampa clandestina, occupi edifici governativi, esegua attentati a cose, faccia sabotaggio o boicottaggio può essere considerata "terrorista", così come noi partigiani/e eravamo chiamati "banditi" (Achtung, banditen! ) dai nazi che non volevano riconoscere il nostro statuto di resistenti all'invasione. Il che significava che verso di noi poteva essere usato il codice militare di guerra e potevamo essere ammazzati a vista.

La resistenza irachena per quel che se ne vede a me politicamente non piace, ma non posso certo essere complice di chi rimettendo in vigore anche per le truppe italiane il codice militare di guerra può usare la pena di morte contro i resistenti. So che tutte le dittature sono esecrabili e l'Europa ha poco da far lezione ad altri su questo terreno, e che le dittature religiose sono anche peggiori delle laiche, almeno per le donne. So ancora che per poter sottoporre a regolare processo quelli che si sono macchiati di crimini orrendi bisogna distinguere e non giudicare tutti i resistenti come belve: so che cosa vuol dire essere sospettata di qualsiasi cosa per aver fatto la resistenza: anche noi siamo stati guardati come delinquenti e le donne puttane, non ho nessuna voglia di ripetere a carico di altre e altri lo stesso errore di giudizio e colpa di discriminazione.

Voglio dire anche due parole sulla "guerra civile". Pretesto messo avanti per varie ragioni, come prolungare l'occupazione perché gli iracheni "non sono maturi" per la democrazia e chissà che farebbero dopo la partenza degli occupanti. Un popolo che vede partire gli occupanti è solo contento, capitò anche a noi e poi ci sforzammo da varie parti per evitare vendette private e politiche e in vari luoghi ci siamo anche riusciti. A me peraltro capitò - avendo scritto un articolo nel quale sostenevo che Hiroshima ci metteva al livello del nazismo - di non ottenere il permesso di pubblicazione dal governatore americano della mia città, nel fatidico agosto dell'atomica. Nel trapasso sarà utile anche in Iraq che osservatori internazionali giudici e così via vigilino contro le vendette: ma per ora la "guerra civile" è la lotta contro i collaborazionisti: anche noi non vedevamo con favore gli aderenti alla Repubblica sociale collaborare con i nazi. Ma distinguevamo le responsabilità tremende di Valerio Borghese e di Luisa Ferida o delle bande di torturatori e assassini dai poveracci che non sapevano dove andare o non capivano la situazione: con quelli più volte si trattarono scambi di prigionieri o consegna di armi munizioni e vettovaglie, anche salvacondotti per il futuro, quando si accorsero che perdevano.

Insomma, prima che con l'invio di truppe Nato la guerra divampi per davvero senza possibilità di rimedio o freno, decidiamo. E i politici che credono di lavare il sangue che hanno sulla coscienza come fosse uno schizzo di salsa di pomodoro sulla camicia si fermino un momento a riflettere: è mai possibile che siano tanto obnubilati dai loro giochini da non vedere la tremenda grandezza di ciò che accade? E' lecito essere tanto ottusi, privi di criteri di valutazione, opachi moralmente? Bisogna che al più presto chi non ce la fa a resistere a una tale viltà prenda le distanze, dica chiaramente che si divide, divide le sue responsabilità da questo atroce ballo degli equivoci.

Anche per il successo elettorale serve chiarezza e un pochino di coraggio, via!

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