Conflitti

Iraq: Una Tragedia che si va profondamente aggravando

29 aprile 2004
David McReynolds - trad. Melektro


Amici mi hanno sentito dire che non potevo credere che l'amministrazione Bush
avrebbe veramente lanciato la guerra in Iraq - fino al momento in cui lo "shock
and awe" ha alla fine illuminato il cielo notturno di Baghdad. Il mio
ragionamento non aveva niente a che fare con il fatto che le azioni degli Stati
Uniti avrebbero violato il diritto internazionale (sarebbero, infatti,
criminali) ma piuttosto con la mia convinzione che la guerra sarebbe stato un
atto di stupidità quasi senza eguali.

Sapevamo che i "Vulcan" - quella dubbiosa coalizione di neoconservatori che
drena la propria forza da gruppi quasi uguali di ex Trotzkisti, Ebrei Americani
acutamente pro Israele come per esempio Paul Wolfowitz e Richard Perle (che
farebbero qualunque cosa per Israele tranne che andarci a vivere) e un gruppo
di Cristiani evangelici, spesso privatamente anti-Semiti, guidati da personaggi
della risma di Pat Robertson - erano stati in controllo della Amministrazione
dal momento della nomina di Bush da parte della Corte Suprema nel 2001. Li
abbiamo visti impossessarsi della tragedia dell'11 Settembre come la
giustificazione per tagliare le nostre libertà civili e per mettere la nazione
sul piede di guerra, allo scopo di invadere l'Afghanistan.

Ma l'idea che gli Stati Uniti avrebbero realmente attaccato l'Iraq, e che
l'invasione sarebbe stata sostenuta da Tony Blair, Primo Ministro Inglese, e
che avrebbe pensato che le sue truppe Cristiane in qualche maniera sarebbero
state accolte come liberatrici da una nazione profondamente Islamica.questa era
una follia talmente evidente che continuavo a pensare che un qualche comitato
di astuti banchieri di Wall Street avrebbe richiamato Rumsfeld all'ordine
dandogli un colpetto sulla spalla per dirgli "Ci spiace, Rumfeld - ma in
nessuna maniera tutto questo è giustificabile. Saddam è un uomo disgustoso, ma
là in Iraq non ci sono armi di distruzione di massa, e nessun collegamento al
terrorismo - se scatenata questa guerra sarebbe genuinamente pazzesca".

(Che non si dimentichi l'ondata di massicce dimostrazioni intorno al mondo del
Febbraio 2003 - dimostrazioni su una scala mai vista prima. E gli sforzi
urgenti dei leader politici di quasi ogni nazione - Israele esclusa - per
dissuadere Bush. E le misure straordinarie prese dal Papa per usare la sua
forza morale - inviando persino uno speciale rappresentante Papale ad
incontrare Bush).

L'Iraq di Babilonia e di Baghdad, dell'Eufrate e del Tigri, la culla dalla quale
la civilizzazione Occidentale è scaturita, una nazione che agli inizi del
ventesimo secolo ha sconfitto gli Inglesi - a quel tempo l'Impero più potente
al mondo. Gli Stati Uniti hanno pensato veramente che sarebbero stati accolti
favorevolmente con i fiori? Che sarebbero stati visti come liberatori? Dopo
che, per dieci anni, avevano causato sofferenze enormi alla popolazione civile
dell'Iraq a causa delle sue sanzioni economiche?

Con altri, sono rimasto sorpreso alla relativa facilità della prima fase - la
conquista militare delle forze di Saddam. Avevo presupposto che ci sarebbero
state intensissime battaglie nelle città, che la perdita di vita civile là in
Iraq potesse indurre il mondo a richiedere il ritiro degli Stati Uniti. Ma con
l'Occupazione Statunitense abbiamo visto l'inizio di una "doppia realtà" - "la
realtà dell'Iraq" come è vista dalla Casa Bianca e come viene trasmessa dai
media degli Stati Uniti e "la realtà dell'Iraq" come è vista dalle fonti di
informazione straniere, che ci raggiungono negli USA attraverso la BBC o
attraverso Internet. (per dovere di imparzialità, gran parte della verità era
là sul New York Times, il Washington Post, e su altri giornali - ma non su
quella parte dei media che modella la maggior parte dell'opinione pubblica - il
mondo di "Fox News").

È possibile che quelli che attorniano Bush abbiano creduto alle proprie fonti di
notizie. Si dice che Aprile va ad essere il mese più crudele - per molte
famiglie Americane ed Irachene questo è stato un mese insolitamente crudele e
sanguinante. Aprile ha chiaramente colto di sorpresa il Pentagono. Anche
Rumsfeld ha ammesso che non si aspettava che le cose potessero essere tanto
difficili un anno dopo "la vittoria".

Ascoltando stasera David Burns, del New York Times, mentre riportava da Baghdad,
risultava chiaro che c'è stato un crollo dell'Occupazione. Come precisato da
Burns (e lui non è un reporter alterato dall'ideologia - solo un giornalista
che fa il suo lavoro), viaggiare è adesso estremamente difficile e pericoloso
in Iraq, la maggior parte delle strade sono chiuse, non ci sono voli aerei
commerciali e perfino a Baghdad le cose non sono sicure. Ha ammesso che era
quasi impossibile sapere che cosa stava accadendo "sul terreno" in qualunque
città dell'Iraq fuori da Baghdad.

Gli Americani in Iraq raramente si avventurano al di fuori della "zona verde" a
Bagdad, che è sicura tanto quanto può permettere la tecnologia moderna. Paul
Bremer risiede nei palazzi e negli edifici che Saddam aveva costruito, cammina
a grandi passi per gli uffici imperiali in stivali da combattimento, dando
ordini che sono difettosi (come quello riguardante la dissoluzione
dell'esercito Iracheno - che ha immediatamente portato alla disoccupazione
decine di migliaia di soldati!).

Questo mese le udienze a Washington DC, e il 'fiume' di libri che sono stati
pubblicati, hanno definito la realtà per quella che è ossia che non ci sono mai
state armi di distruzione di massa in Iraq, che non c'è mai stato alcun
collegamento con Al Queda, che non c'è neppure mai stato un qualunque piano per
l'Iraq del "Post - invasione" e - il più devastante di tutti - che Bush e i
"Vulcan" hanno usato l'11 Settembre come la base per la loro pianificazione di
guerra, deviando persino fondi dall'Afghanistan e dalla caccia a Osama Bin
Laden per complottare la guerra in Iraq.

E così eccoci qui, un anno dopo l'invasione. Quelli di noi che si sono opposti
all'invasione sono ora le Cassandre, come lo eravamo negli anni 60 quando
mettemmo in guardia contro l'allargarsi della partecipazione degli Stati Uniti
nella guerra in Indocina.

Siamo nel mezzo di un disastro - uno di quelli a cui gli Stati Uniti non sono in
grado di mettere mano o di riportare nella giusta direzione. Quali possibilità
sono a nostra disposizione, a quella degli Iracheni o della comunità delle
nazioni? Posso persino chiedere quali possibilità potrebbero essere a
disposizione della leadership degli Stati Uniti nel caso che tornasse con i
piedi per terra con la stessa facilità con la quale un anno fa ha perduto ogni
contatto con la realtà.

In primo luogo, la possibilità principale che è nelle mani della Amministrazione
- l'unica rotta possibile - dovrebbe essere quella di affidare l'intera
questione alle Nazioni Unite, sottintendendo con questo che tutte le forze
degli Stati Uniti e della Gran Bretagna verrebbero ritirate entro 90 giorni,
che forze di pace delle Nazioni Unite, a cui contribuirebbero principalmente i
paesi Islamici, Arabi e quelli neutrali (che potrebbero includere l'Egitto,
l'Indonesia, il Pakistan, la Finlandia, la Svezia, ecc.) verrebbero dispiegate
per un periodo non superiore di sei mesi, per permettere l'organizzazione di
elezioni nazionali, e che tali forze dell'ONU comincerebbero immediatamente ad
aprire il dialogo con tutti i partiti in Iraq - con l'esclusione del corrente
consiglio governante, nominato dagli Stati Uniti.

Tuttavia, questo non succederà. La questione non è semplicemente che le Nazioni
Unite potrebbero non volere sobbarcarsi un compito tanto difficile - infatti
potrebbero completamente non essere in grado di portarlo a termine. Il fatto è
piuttosto che gli Stati Uniti non considereranno per un solo istante di "girare
la coda e scappare via". E perché dovrebbero? Bush potrebbe ancora vincere la
rielezione come presidente di guerra. John Kerry non sta esercitando pressione
per il ritiro. Coloro che governano questo paese non hanno figli e figlie che
sono in servizio in Iraq - anzi per la maggior parte i "Vulcan" sono composti
di chi ha fatto di tutto per evitare il servizio militare durante il periodo
del Vietnam (o, come nel caso di Bush, di uomini che erano AWOL). Coloro che
sono morti questo Aprile e moriranno a Maggio, Giugno, Luglio, Agosto e nei
tristi mesi dell'autunno e dell'inverno di quest'anno, sono giovani della
classe lavoratrice, in molti casi provenienti dalle comunità di colore. Una
manciata di loro ha già cominciato a resistere, a disertare, a fare domanda per
la condizione di Obiettori di Coscienza, ma questi sono ancora soltanto un
piccolo gruppo (benché meritino il nostro appoggio totale). Nella guerra del
Vietnam la resistenza dei militari non cominciò ad assumere una seria
dimensione se non abbastanza in ritardo.

Ironicamente, se gli Stati Uniti desiderassero negoziare la loro via d'uscita
dall'Iraq, non avrebbero nessuno con cui negoziare, rendendo qualunque
potenziale ritiro doppiamente imbarazzante. Il "Consiglio Governante", messo a
punto dagli Stati Uniti, non è nella posizione di negoziare per la gente
dell'Iraq.

In India, nel 1947, quando la Gran Bretagna si ritirò ebbe di fronte il Partito
del Congresso con cui negoziare una onorabile partenza. I Francesi, sia in
Indocina che in Algeria, avevano forze organizzate di opposizione con le quali
poter negoziare la conclusione della lotta. Gli Stati Uniti, rifiutarono
tristemente la possibilità di negoziare la loro uscita dal Vietnam ma avrebbero
potuto farlo in qualunque momento. (Ci sono altri due rilevanti rifiuti di
negoziato quando le trattative erano possibili - i Russi hanno distrutto la
Cecenia ma ancora non possono controllarla, mentre Israele ha rifiutato le
trattative che avrebbe potuto avere con l'OLP).

Che cosa abbiamo è una guerra che a breve termine è senza via d'uscita. Molti,
specialmente nella comunità liberale, sosterranno che se è stato sbagliato
andare in Iraq, "adesso non possiamo semplicemente lasciate tutto". Il loro
sentire non può essere ignorato sconsideratamente. C'è un pericolo di guerra
civile - anche se al momento l'Occupazione Statunitense sembra piuttosto avere
avvicinato maggiormente fra loro le diverse fazioni religiose che sono attive
nella resistenza. C'è il pericolo che un rigido governo islamico vada al
potere, uno di quelli che strapperebbe le donne delle libertà di cui hanno
goduto sotto Saddam e che gli Stati Uniti si dicono impegnati a garantire.
(Ironico che per quanto il regime di Saddam sia stato brutale, per le donne
esisteva una ben maggiore libertà di quella concessa dal presente regime
dell'Arabia Saudita, l'alleato più vicino a Bush nel mondo Arabo).

Nessuno nel movimento per la giustizia e la pace dovrebbe farsi illusioni circa
il genere di fondamentalismo islamico che l'invasione degli Stati Uniti ha
contribuito a dare nuova vita - e che potrebbe facilmente vincere la prima
elezione "libera" dell'Iraq. La tragedia è che per quanto questi problemi siano
seri, gli Stati Uniti non possono risolverli. Il nostro governo ha compiuto una
grande malvagità nella sua aggressione e se il diritto internazionale avesse
forza, non staremmo discutendo su che cosa gli USA dovrebbero fare, ma
piuttosto su che cosa il mondo dovrebbe fare per mettere a punto processi per i
crimini di guerra per i leader degli Stati Uniti e della Gran Bretagna,
responsabili di avere aperto i cancelli di questo particolare inferno, e per
decidere le riparazioni che queste due nazioni devono pagare all'Iraq.

Ma comunque il diritto internazionale è debole - come Bush e Blair hanno
dimostrato attraverso le loro azioni di un anno fa. La comunità internazionale
potrebbe sperare che Bush conceda che le sue azioni sono state un enorme
calcolo errato, e che quindi affidasse la questione alle Nazioni Unite, ma non
lo farà. La perdita di quel bacino di petrolio, la perdita dei fondi monetari a
disposizione di multinazionali private e che si originano dai fondi pubblici
destinati alla "ricostruzione" di un Iraq che abbiamo distrutto, e
l'umiliazione di ammettere l'errore compiuto - tutto questo è troppo da
chiedere.

Dobbiamo guardare in faccia la realtà. Per ogni giorno che l'Occupazione
continua, così farà la violenza e come la violenza continua, diverrà
legittimata agli occhi della gente dell'Iraq. La resistenza può non
rappresentare una maggioranza degli Iracheni, ma neppure la resistenza Francese
rappresentò veramente la maggioranza in Francia. Tuttavia era una resistenza
reale ed onorata. Con ogni giorno che passa, questo è esattamente cosa gli
Stati Uniti stanno generando in Iraq - una resistenza che è moralmente
legittimata.
Capisco coloro che ritengono che sarebbe irresponsabile "girarsi e correre via".
Ma pensare che gli Stati Uniti possano adesso sistemare le cose è come pensare
che un violentatore sia la persona ideale per rimanere e fornire la vittima
della necessaria terapia. È possibile che la nostra pressione, unita alla
realtà militare in Iraq, indurrà l'amministrazione a seguire una linea di
condotta drasticamente differente. E in caso affermativo, tutto ciò sarebbe
molto positivo. Se conclude le azioni militari, se annuncia piani per il
ritiro, se comincia trattative direttamente con i leader religiosi Sciiti e
Sunniti, il tutto sarebbe positivo.

Ma che cosa dobbiamo richiedere è il ritiro. Il ritiro incondizionato. A coloro
che dicono che non stiamo sostenendo le nostre truppe, rispondiamo che stiamo
dando loro molto più sostegno di ciò che fanno Bush e Cheney, che li hanno per
primi mandati là. A coloro che dicono che la nostra richiesta contribuirebbe a
indebolire l'influenza Americana, noi rispondiamo che questo speriamo sia
proprio il caso - gli Stati Uniti devono imparare l'umiltà, come l'hanno
imparata brevemente dopo la guerra in Indocina (una guerra che non si concluse
fino a che non furono uccisi oltre tre milioni di Vietnamiti).

Le azioni del governo degli Stati Uniti sono state non soltanto insensate ed
arroganti, ma si qualificano anche come malvagie, poiché le guerre di
aggressione sono, attraverso la definizione data dal diritto internazionale,
una malvagità. Non si può sostenere che scatenare una guerra tale sia stato
sbagliato ma che avendola scatenata è ora doveroso "persistere nella rotta
seguita" - ma quale rotta stiamo seguendo? E quale scopo sta servendo? Quando
sentiamo Bush ora parlare delle malvagità di Saddam, come tempo fa ha parlato
con tale certezza dei pericoli delle armi di distruzione di massa, quelli di
noi dotati di memoria non si mettono a giocare con le malvagità del brutale
dittatore, ma vogliono piuttosto sapere perché Rumsfeld e gli altri hanno
scelto di fare del business con Saddam anche dopo che lui aveva fatto uso dei
gas velenosi. Ma quand'è che questi uomini hanno imparato la moralità? E chi
può credere che possano insegnare al mondo - o agli uomini e alle donne
dell'Iraq - la moralità, o la democrazia? Queste sono parole e concetti
profondamente macchiati dalla amministrazione Bush.

A casa le truppe.

Adesso.

Note: Tradotto da Melektro - djm@melektro.com - a cura di Peacelink

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