Un sogno d'acciaio

A Dream of Iron

Il regista Kelvin Kyung Ku Park guarda alla crescita dell’industria del ferro attraverso un filtro spirituale, catturando con la sua telecamera immagini straordinarie. Emerge l'idea di un'in­du­stria­liz­za­zio­ne della Corea che se­gna­ il de­fi­ni­ti­vo tra­mon­to di quel­l'e­tà di co­mu­nio­ne con la na­tu­ra per giungere alla pro­stra­zio­ne di fron­te al Dio dell'acciaieria
10 marzo 2015

A Dream of Iron, Kelvin Kyung Kun Park Un'immagine del film


Alcune persone cercano Dio in una spiritualità astratta, mentre altri lo trovano nel mondo. Dopo aver perso il suo amante per motivi religiosi, il regista Kelvin Kyung Kun Park decide di trovare il suo dio personale che possa dimostrare che esiste un sublime “domestico”. Park vive a Ulsan e cerca il suo dio tra le compagnie metallurgiche della città, i cui operai siderurgici sono per lui come monaci buddisti, con i loro rituali di servizio a un potere superiore. Park guarda così alla crescita dell’industria del ferro attraverso un filtro spirituale, catturando con la sua telecamera immagini straordinarie: vasche gigantesche di metallo liquido, gru colossali, fasce di metallo grandi quanto le navi container nel cantiere Hyundai. Combinando ambienti industriali di grandi dimensioni e la piccolezza dell’uomo, il film è un sogno di ferro, una storia d’amore non corrisposto e una ricerca spirituale, tutto in uno.

Fonte: http://www.artribune.com/dettaglio/evento/42964/film-screening/

 

Recensione di Alessandro Giovannini

L'in­du­stria­liz­za­zio­ne della città por­tua­le di Ulsan ha por­ta­to la Corea verso la mo­der­ni­tà, ma ha anche se­gna­to il de­fi­ni­ti­vo tra­mon­to di quel­l'e­tà di co­mu­nio­ne con la na­tu­ra e ado­ra­zio­ne degli dei (rap­pre­sen­ta­ti come ba­le­ne nei pit­to­gram­mi ru­pe­stri della zona) alla pro­stra­zio­ne di fron­te al Dio della mac­chi­na (al Dio de­na­ro?).

Immagine del film Dream of Iron

Stran­a espe­rien­za quel­la di A Dream of Iron. Ap­pun­ta­men­to al buio, ov­ve­ro film scel­to com­ple­ta­men­te a caso e al­l'o­scu­ro di trama, re­gi­sta ec­ce­te­ra. A sor­pre­sa, uno dei film più spe­ri­men­ta­li del fe­sti­val (non per nien­te il re­gi­sta è un vi­deoar­ti­sta), una do­cu-fic­tion che ri­cor­da quel­la, non al­tret­tan­to riu­sci­ta, di L'ul­ti­ma volta che vidi Macao. Anche que­sto film pre­sen­ta qual­che pro­ble­ma nel con­ci­lia­re le sue due anime, ma an­dia­mo con or­di­ne: la parte do­cu­men­ta­ri­sti­ca, pre­pon­de­ran­te, ri­guar­da la co­stru­zio­ne nei primi anni '70 di un enor­me can­tie­re na­va­le nella città por­tua­le di Ulsan, di­ve­nu­to sim­bo­lo del­l'in­du­stria­liz­za­zio­ne della Corea mo­der­na. Dalla sua fon­da­zio­ne si pas­sa­no ad esa­mi­na­re le lotte ope­ra­ie per gli au­men­ti di sa­la­rio e la con­di­zio­ne at­tua­le di chi vi la­vo­ra, in­sod­di­sfat­ti forse più di prima per­chè ad una mag­gio­re ric­chez­za si è af­fian­ca­ta una pau­ro­sa ca­ren­za di rap­por­ti umani che ri­cor­da la mo­der­niz­za­zio­ne nip­po­ni­ca. La parte di fic­tion è in­ve­ce rap­pre­sen­ta­ta da una voce nar­ran­te che im­per­so­na un uomo la cui com­pa­gna ha de­ci­so di tron­ca­re la loro re­la­zio­ne per farsi mo­na­ca, il che offre al re­gi­sta l'oc­ca­sio­ne di af­fian­ca­re le im­ma­gi­ni della fab­bri­ca a quel­le degli an­ti­chi ri­tua­li del fol­klo­re co­rea­no, in una op­po­si­zio­ne un po' stan­tìa che vede la mo­der­ni­tà cat­ti­va ed alie­nan­te a con­fron­to di un pas­sa­to idil­lia­co.

E' un pec­ca­to, per­chè la com­po­nen­te do­cu­men­ta­ri­sti­ca offre squar­ci sug­ge­sti­vi , che ri­cor­da­no le vi­sio­ni pseu­do-fan­ta­scien­ti­fi­che di Apo­ca­lis­se nel de­ser­to di Wer­ner Her­zog: pa­no­ra­mi­che aeree su ster­mi­na­ti sche­le­tri di navi, la­mi­na­ti, pi­sto­ni, for­na­ci, gru e mac­chi­na­ri ci­clo­pi­ci, una sin­fo­nia vi­si­va un po' sur­rea­li­sta alla Le Bal­let Mé­ca­ni­que, ma an­go­scio­sa come un film cy­ber­punk di Shi­nya Tsu­ka­mo­to. Il ritmo è però spez­za­to da ri­pre­se su­bac­quee di ba­le­ne o di ri­tua­li mo­na­ca­li: come ha po­tu­to Park non ac­cor­ger­si dei ro­vi­no­si cali di ritmo che que­sta scel­ta ha com­por­ta­to?

Articoli correlati

  • Sulla decarbonizzazione del ciclo siderurgico
    Ecologia
    Il caso dell'acciaieria della città inglese di Scunthorpe

    Sulla decarbonizzazione del ciclo siderurgico

    A Taranto sembra prevalere la tattica di rinviare il passaggio all’acciaio “verde” ad un lontano futuro, magari responsabilità di altri affidando alla vigente autorizzazione integrata ambientale dello stabilimento ILVA il proseguimento di un’attività siderurgica svantaggiosa, inquinante e funesta.
    12 settembre 2025 - Roberto Giua
  • Richiesta di riattivazione ed estensione dell’Osservatorio Ambientale del Comune di Taranto
    Taranto Sociale
    Al Sindaco di Taranto Piero Bitetti

    Richiesta di riattivazione ed estensione dell’Osservatorio Ambientale del Comune di Taranto

    L’Osservatorio era nato con l’obiettivo di rendere pubblici e facilmente accessibili tutti i dati, le relazioni, i documenti e i provvedimenti inerenti le questioni ambientali e sanitarie di competenza o nella disponibilità del Comune di Taranto.
    Alessandro Marescotti
  • Lottiamo assieme contro il Carbon Mortality Cost
    Ecologia
    Assemblea dei movimenti per la giustizia ambientale e sociale verso la Cop30 di Belém

    Lottiamo assieme contro il Carbon Mortality Cost

    Questa è la relazione letta a nome di PeaceLink all'incontro "Le armi o la vita" che si svolto a Roma. Al centro della relazione c'è il Carbon Mortality Cost della produzione siderurgica.
    8 settembre 2025 - Alessandro Marescotti
  • Guida all'AIA 2025 per lo stabilimento siderurgico ILVA di Taranto
    Ecologia
    Glossario dell'Autorizzazione Integrata Ambientale

    Guida all'AIA 2025 per lo stabilimento siderurgico ILVA di Taranto

    Si riporta il Parere Istruttorio Conclusivo con le 472 prescrizioni, il Piano di Monitoraggio e Controllo, il Decreto Ministeriale AIA e la proposta di Valutazione di Impatto Sanitario presentata da Acciaierie d'Italia. L’Autorizzazione Integrata Ambientale vale 12 anni a partire dal 12 luglio 2025.
    7 settembre 2025 - Alessandro Marescotti
PeaceLink C.P. 2009 - 74100 Taranto (Italy) - CCP 13403746 - Sito realizzato con PhPeace 2.8.19 - Informativa sulla Privacy - Informativa sui cookies - Diritto di replica - Posta elettronica certificata (PEC)