“Per quanto tempo ancora?”, chiedono gli attivisti pro Assange riunitisi a Roma e a Genova
A Roma, un enorme striscione tenuto da sei attivisti chiedeva al flusso interrotto di macchine che attraversava il punto nevralgico capitolino: “Carcere duro alla libertà di informazione? Free Assange!”. Contemporaneamente, circa ottanta partecipanti in piazza ascoltavano i discorsi di Marianella Diaz e di Paolo Capezzali (per FREE ASSANGE Italia), dell’ex senatore Vincenzo Vita (garante, Articolo 21), dell’ex Senatore Nicola Morra, dell’ex Senatrice Barbara Lezzi, dell’ex Deputato Marco Rizzo (presidente, Partito Comunista) e dei giornalisti Franco Fracassi e Fulvio Grimaldi. Tantissimi, poi, gli interventi spontanei dal pubblico.
Il rigore del trattamento riservato a Julian Assange nella prigione di Belmarsh, poi, rischia di far deteriorare le sue condizioni di salute, fisiche e mentali? Ne è convinta la responsabile per le campagne di Reporters Sans Frontières, Rebecca Vincent, la quale, accompagnata dal segretario generale di RSF Christophe Deloire, lo scorso 4 aprile ha provato a fare visita in carcere ad Assange per verificare, appunto, le sue condizioni. Sarebbe stata la prima visita a Julian da parte di una ONG da quando egli è incarcerato. Ma malgrado il fatto che i due rappresentanti di RSF avessero ottenuto tutti i permessi immaginabili, giunti a Belmarsh è stato impedito loro di entrare. Il motivo? “Hanno scoperto all’ultimo momento – ha raccontato poi Deloire – che sono... un giornalista!”
“L’accanimento giudiziario dei governi statunitense e britannico nei confronti di Julian, per aver rivelato i loro crimini di guerra,” ha spiegato poi Diaz nel suo discorso di apertura a Roma in piazza della Repubblica, “oltre ad essere crudele, è chiaramente voluto. Serve come ammonimento, come avvertimento mafioso; si colpisce uno per educare tutti gli altri, per dire ai giornalisti in tutto il mondo di desistere dall’indagare sugli altri crimini di guerra e sugli altri atti di corruzione di questi due paesi anglosassoni”.
Anche nel capoluogo della Liguria, gli attivisti hanno allestito, sul pavimento, una “cella di isolamento” tre metri per due con, dentro, un prigioniero politico vestito di tuta arancione e che portava la maschera di Julian Assange. Su un cartone piazzato dietro il prigioniero si poteva leggere “Julian Assange, in galera dal 11/4/2019 per aver rivelato i crimini di guerra della NATO” mentre su cartoncini messi sul pavimento, dentro la cella, si leggeva: “Per quanto tempo ancora?”
Già. Per quanto tempo ancora?
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