Un virtuale scambio di voti per far vincere Kerry

Dal 20 settembre in rete un sito per poter votare «radicale» senza mettere a repentaglio il successo democratico
5 settembre 2004
Raffaele Mastrolonardo
Fonte: Il Manifesto

Su una cosa sono tutti d'accordo: chiunque meglio di Bush. Persino gli esponenti della sinistra americana più radicale, quelli che pensano che il partito Democratico sia poco più di una consorteria al servizio delle grandi multinazionali, questa volta sono disposti a turarsi il naso. Anche un critico del sistema al di sopra di ogni sospetto come Noam Chomsky ha proclamato che liberarsi di George W. è la priorità. E Stephen Shalom, professore di scienze politiche presso la William Paterson University, che ha redatto un lungo saggio (disponibile su www.zmag.org) pieno di minuziose argomentazioni per dimostrare che in questo caso, e solo in questo, è giusto ricorrere al voto tattico. Tanto realismo e una lucida e deliberata ricerca del male minore. Obiettivo: evitare che si ripeta quanto accaduto nel 2000 quando una fetta dell'elettorato radicale si radunò intorno a Ralph Nader, contribuendo alla sconfitta di Al Gore in Florida e alla vittoria di Bush. Eppure, anche nel mezzo di un coro così compatto, c'è chi non rinuncia all'idea che sia possibile baciare il rospo John Kerry, senza calpestare i propri principi e lasciare il paese in mano a Bush e alla sua banda. La leva per ottenere questa quadratura del cerchio politico, sperano alcuni tecnofili, sarà la Rete, grazie alla sua capacità di aggregare persone, passioni ed energie. Per l'occasione è stata creata una nuova locuzione, vote-swapping, che si ispira al file-swapping con cui di solito si indicano quei sistemi peer to peer, come Kazaa o Morpheus, che consentono lo scambio di contenuti su Internet. Solo che in questo caso l'oggetto della transazione non sono file mp3 ma voti, o meglio, impegni di voto. La proposta di www.votepair.org, sito progressista che andrà online il prossimo 20 settembre, è di una semplicità disarmante: si tratta di barattare un voto in uno stato sicuro, in cui la vittoria di uno di due candidati non è in dubbio, con il voto in uno dei cosiddetti swing-state, dove il successo arriderà all'uno o all'altro dei contendenti solo per una manciata di voti. In questo modo, ragionano gli ideatori dell'iniziativa, chi ad esempio desideri votare per un candidato di un "terzo partito" (David Cobb dei Greens o l'indipendente Ralph Nader) in Wiscons, dove è previsto un serrato testa a testa, potrà scambiare il suo voto con un elettore del Massachusetts. Nello stato più intellettuale d'America, come è noto, la vittoria democratica è scontata e Kerry riceverà dunque il suo voto dove ne ha più bisogno. Mentre i Verdi americani o Nader avranno il loro sostegno senza rischiare di favorire i repubblicani. Tutto quello che si deve fare per contribuire a questa utopia elettorale in salsa tecnologica è registrarsi sul sito, specificare il proprio collegio elettorale e dichiarare le proprie intenzioni di voto. Come risposta si otterrà la mail di qualcuno disposto a barattare il proprio voto. E il male minore andrà a braccetto degli ideali politici più rigorosi. Nel 2000, fanno notare i responsabili di votepair.org, in alcuni stati il margine di vittoria è stato estremamente esiguo (537 voti in Florida, 365 in New Mexico, 4.144 in Iowa). Se, come è previsto, le elezioni del 2004 saranno altrettanto serrate, «lo scambio di voti può avere il suo impatto». Va comunque ricordato che questa tecnica venne già proposta via Internet in occasione delle elezioni del 2000, ma che allora non ebbe molto successo; questa volta le cose potrebbero andare diversamente. Con questo sistema, giurano i promotori dell'iniziativa, si può contribuire a far vincere Kerry, far perdere Bush e far crescere un terzo partito, con una piattaforma radicale, che rompa il duopolio di democratici e repubblicani e che raccolga intorno a sé un vasto movimento per il cambiamento. Ma non tutti, anche tra coloro che portano avanti l'idea di un partito alternativo, sono d'accordo con lo spirito dell'iniziativa. George Gerz del Libertarian party ad esempio, interpellato dalla rivista Wired, si dice convinto che l'unico modo per far cambiare orientamento ai due maggiori partiti sia provocare loro «un po' di dolore» in termini elettorali, proprio quello che il principio del vote-swapping cerca accuratamente di evitare.

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