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Dossier Finmeccanica: "Quanto siete cambiati" - Cronaca di uno spot

La stampa comunista, dopo lunghe e legittime battaglie ideologiche contro
la cultura della guerra, il commercio delle armi e le violazioni dei
diritti umani in Turchia, ha scelto per questioni di convenienza economica
di sostenere una campagna pubblicitaria che "ripulisce" l'immagine del
piu' grande fabbricante italiano di armi.
19 novembre 2000

Titolo: "Liberazione". Sottotitolo: "giornale comunista". 10 maggio 2000,
quarta di copertina, annuncio pubblicitario a tutta pagina. Una ragazza
con un casco da aviatore in mano sorride dalla carlinga di un bombardiere.
Testo: "Quanto siete cambiati. C'e' un grande gruppo italiano che
contribuisce ogni giorno a cambiare anche la tua vita".

4 maggio 2000. Titolo: "Il Manifesto". Sottotitolo: "quotidiano
comunista". Questa volta il protagonista dello spot e' il pilota di un
elicottero militare, che sorride con affetto alla foto del figlio dalla
cabina del suo apparecchio.

Cosa si nasconde dietro queste pagine pubblicitarie ? Chi e' questo
gruppo italiano che sta "cambiando la vita" degli italiani e di altre popolazioni
del mondo? Lo rivela una lettera di protesta inviata al "Manifesto",
pubblicata sul numero del 5 maggio: "Finmeccanica (...) Il monopolista
italiano delle armi, su cui si sono sprecati migliaia di miliardi di spesa
pubblica, e che adesso vuole andare in borsa ad arricchire qualche altro
insider".

Una scelta pubblicitaria, quella dei due quotidiani comunisti, quantomeno
discutibile, anche alla luce delle chiare posizioni antimilitariste
sostenute durante il conflitto contro la Repubblica Federale di
Jugoslavia. Le vittime civili dei conflitti pesano solo sulla coscienza di
chi bombarda o anche su quella di chi costruisce i bombardieri ?

Per capire quali operazioni commerciali si nascondono dietro la sigla
Finmeccanica basta dare un'occhiata all'inserto "Affari e Finanza",
pubblicato assieme a "Repubblica" sul numero del 25 aprile 2000, in cui
vengono elencate alcune societa' legate al gruppo Finmeccanica, tra cui
l'Agusta-Westland, la Alenia e il consorzio Eurofighter.

AGUSTA: "FERMIAMO L'EXPORT DI MORTE".

L'Agusta-Westland e' una azienda che e' in procinto di aggiudicarsi una
mega-commessa del valore di quattro miliardi di dollari per consegnare
alle forze armate della Turchia una fornitura di 145 elicotteri militari
d'attacco "Mangusta". Questa operazione commerciale ha gia' scatenato le
proteste degli attivisti per i diritti umani, contrari alla crescente
militarizzazione della Turchia, una zona gia' abbastanza "calda" dal punto
di vista militare, terzo paese al mondo nella classifica dei piu' forti
importatori di grandi sistemi d'arma, ottavo cliente delle industrie
belliche italiane, un Paese che gode di procedure semplificate per
l'importazione di armi in quanto membro della Nato.

Anche "Liberazione" si e' unita alle denunce contro le violazioni dei
diritti umani in Turchia. Nel numero del 31 marzo 2000, infatti, e' stata
pubblicata una lettera di alcuni volontari che si erano recati in turchia
in occasione del "Newroz", il capodanno curdo. Nella lettera pubblicata da
"Liberazione" venivano denunciate le torture praticate con scariche
elettriche nelle carceri turche anche su bambini dagli otto ai sedici
anni, alcuni dei quali arrestati per aver scritto sul muro della loro
scuola frasi come "basta con la guerra vogliamo la pace".

La sezione italiana dell'organizzazione umanitaria "Amnesty
International" ha lanciato nei giorni scorsi un appello e una raccolta di firme contro la fornitura degli elicotteri Agusta alla Turchia, denunciando anche
attraverso "Il Manifesto" le violenze, i soprusi e le violazioni dei
diritti umani di cui si sono macchiate le forze armate e la polizia turca,
atti gravissimi denunciati di recente anche dal Consiglio d'Europa e dal
Parlamento Europeo.

Con la sua raccolta di firme, Amnesty chiede la piena applicazione delle
legge 185/90 sul commercio delle armi, che vieta l'esportazione di armi
italiane verso paesi "repressivi o aggressivi", una legge ripetutamente
aggirata e ignorata dai nostri governanti, a cominciare dall'ex-ministro
per il commercio estero Fassino, che il 17 febbraio scorso comunicava
all'Ansa "la speranza che l'Agusta possa vincere la gara" per la fornitura
di elicotteri alla Turchia.

Il "caso Agusta" era scoppiato gia' nel giugno '99, quando presso i
cancelli dello stabilimento di Varese nove delegati di Fiom, Fim e Cub
hanno distribuito ai lavoratori un volantino dal titolo "Fermiamo l'export
di morte", realizzato da Amnesty International, Pax Christi, Mani Tese e
Assopace. Pochi giorni dopo l'Agusta di Benevento fu invasa da un
centinaio di manifestanti pacifisti, che riuscirono a fermare per un'ora
le linee di produzione, con una denuncia da parte dell'azienda per "blocco
della produzione". Il processo e' tuttora in corso.

L'EUROPA DEGLI EUROFIGHTER

Un'ulteriore beffa con cui il nostro governo ha preteso di aggirare i
limiti imposti dalla legge 185/90 è stata una circolare emanata
nell'ottobre 1998 dal Ministero delle Finanze, che sottrae alle normali
procedure di autorizzazioni il commercio delle armi relative a 13
coproduzioni multinazionali, tra cui i cacciabombardieri Eurofighter, un
progetto europeo a cui l'Italia contribuisce con 16.000 miliardi, che
verranno sottratti al bilancio dello stato negli anni dal 1998 al 2006,
per la produzione di 121 caccia bombardieri.

La cifra stanziata per il progetto Eurofighter relativa all'anno 2000 è
partita da 820 miliardi, raggiungendo un totale di 1020 miliardi grazie ad
un emendamento con cui il Governo ha proposto di stornare 200 miliardi da
destinare al cap. 7177 dello stato di previsione del Ministero della
difesa, relativo appunto al progetto Eurofighter.

Il "maxi-emendamento" è stato approvato dall'aula di Montecitorio
giovedì 16 dicembre con la numerazione 61.11, come risulta alla pagina 124 del
supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 27 dicembre 1999
(n. 227/L), contenente la legge 23 dicembre 1999, n. 488 (finanziaria
2000). A pagina 124 si trova infatti il rifinanziamento, per l'anno 2000,
dell'articolo 50, comma 1, lettera h) della legge 448 del 1998
(prosecuzione interventi legge n. 266 del 1997).

Consultando le pagine Internet all'indirizzo
http://eurofighter-typhoon.com scopriamo che il progetto Eurofighter è
promosso da un consorzio di 4 stati (Italia, Spagna, Germania e Gran
Bretagna), e che tra le industrie coinvolte figurano numerose aziende
italiane, soprattutto dei gruppi Fiat e Finmeccanica.

Gli stati membri del consorzio si sono già spartiti il "bottino", ossia le
zone di mercato, e all'italiana Alenia Aerospazio, controllata dalla
Finmeccanica, toccherà il compito di piazzare gli Eurofighter in Brasile,
Filippine e Sudafrica, sperando che quest'anno in queste zone del mondo
qualche dittatorello decida di rinnovare il suo arsenale.

"PECUNIA NON OLET"

Nonostante il chiaro coinvolgimento della Finmeccanica nella vendita di
armi alla Turchia e nella produzione di cacciabombardieri europei da
utilizzare per "guerre umanitarie" fatte con "bombe intelligenti", i due
quotidiani italiani apparentemente piu' avversi al militarismo e ostili
alle politiche militari della Nato, dopo la pubblicazione di articoli e
lettere contro la repressione militare in Turchia, hanno scelto ugualmente
di ospitare a tutta pagina gli annunci pubblicitari di Finmeccanica.

Come mai? Lo spiega lo stesso Valentino Parlato dalle pagine del
"Manifesto", rispondendo alla lettera di protesta pubblicata il 5 maggio.
Parlato rassicura i lettori del suo quotidiano affermando che "c'e' un
nostro codice interno che ci vieta di accompagnare la propaganda
dell'industria militare". Tuttavia, afferma Parlato, "non siamo nelle
condizioni di sollevare una campagna di opinione a sostegno del nostro
rifiuto di ospitare pubblicita' della Finmeccanica per continuare a
mandare in edicola questo giornale (...) tagliato fuori dai grandi flussi
pubblicitari, che a tutti gli altri giornali apportano il 50% e piu' del
loro fatturato, mentre noi arriviamo a malapena al 15%".

In sintesi: dobbiamo prendere quello che capita perche' siamo tagliati
fuori dal giro e quel poco di pubblicita' che facciamo non ci basta
neanche per pagare il ragazzo del bar. Una affermazione quanto mai
discutibile, soprattutto se fatta dalle pagine di un quotidiano che non
piu' di qualche mese fa e' riuscito a mobilitare i suoi lettori
raccogliendo sottoscrizioni per vari miliardi, un quotidiano perfettamente
in grado di sollevare un'ottima "campagna di opinione" per garantire la
propria sopravvivenza.

A cose fatte, purtroppo, nessuno potra' dire se i lettori del "Manifesto", capaci di donazioni miliardarie, sarebbero stati disposti a sostenere
l'integrita' del loro quotidiano di riferimento rimpiazzando con altre
sottoscrizioni quella manciata di milioni con cui i mercanti di armi hanno
comprato le pagine del "quotidiano comunista".

La cosa davvero grave non e' che due quotidiani di sinistra facciano
pubblicita' all'industria italiana delle armi, ma che il panorama
dell'informazione nel nostro paese sia talmente appiattito da consentire a
tutti di poter dire tutto su qualsiasi cosa, purche' si disponga della
liquidita' sufficiente a comprare le pagine (e l'anima) del giornale su
cui si ha voglia di diffondere il proprio messaggio pubblicitario, meglio
ancora se questo giornale appartiene ad un settore culturale o politico
tradizionalmente avverso al proprio tipo di attivita' industriale e ai
propri "prodotti".

Con le loro "strategie di immagine" i grandi gruppi economici hanno
imparato a sfruttare tutti i punti deboli di un settore, quello della
stampa periodica, ormai talmente in crisi da non permettere a nessuno di
essere troppo schizzinoso con la provenienza degli introiti pubblicitari.
La logica della sussistenza economica a tutti i costi, in grado di
garantire la sopravvivenza sul breve periodo, e' tuttavia un "cancro
informativo" che rischia di provocare sui tempi lunghi la morte di un
periodico per svuotamento dei contenuti e la perdita di credibilita', di
identita' e di autorevolezza di una testata. Un altro successo per i
"poteri forti" che gradiscono poco le voci fuori dal coro e i canali di
informazione non omologati.

Quali sono allora gli "spazi di liberta'" ancora a disposizione
dell'informazione, o meglio della controinformazione che non ha intenzione
di scendere a patti con la propria coscienza e con i "poteri forti" del
mercato ? Uno di questi e' indubbiamente la Rete, intendendo come "Rete"
non un insieme di computer, ma la rete di persone, di associazioni e di
volontari che costruiscono giorno dopo giorno degli spazi alternativi di
informazione sull'internet, portando la coscienza civile piu' in la' di
quanto possono fare i grandi mezzi di informazione, ormai intrappolati tra
la logica del profitto e quella dell'audience, a tutto vantaggio dei
grandi gruppi editoriali.

Al "Manifesto" e a "Liberazione", tuttavia, va riconosciuto il merito di
aver pubblicato sulle loro pagine un grande avvertimento per tutti gli
italiani: "C'e' un grande Gruppo italiano che contribuisce ogni giorno a
cambiare anche la tua vita". Un impero finanziario che il 22 maggio verra'
privatizzato e finanziato da milioni di italiani che compreranno azioni
Finmeccanica, rassicurati da un sorriso femminile lanciato dalla carlinga
di un bombardiere, un sorriso che nasconde le lacrime e il sangue che gli
elicotteri Finmeccanica potrebbero spargere in Turchia e in altri paesi
del mondo. Oggi [10 maggio, Ndr] anche "Repubblica" e "La Stampa" hanno
pubblicato gli annunci pubblicitari a tutta pagina di Finmeccanica,
accompagnati da articoli in cui si commentano le ottime condizioni
finanziarie del gruppo. Persino la Conferenza Episcopale Italiana ha dato
la sua benedizione dalle pagine di "Avvenire", con l'articolo
"Finmeccanica, conti OK."

"C'e' un grande Gruppo italiano che contribuisce ogni giorno a cambiare
anche la tua vita". Ricordiamocelo e stiamo attenti. Non fidiamoci piu' di
nessuno, neanche dei nostri quotidiani di fiducia. Basta imparare a
leggere dietro le righe dei quotidiani e dietro gli annunci pubblicitari
per fare in modo che la nostra vita e quella delle popolazioni civili che
subiscono gli effetti delle nostre armi cambi DAVVERO in meglio.

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