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Il presidente di PeaceLink risponde al Capo di Stato maggiore amm. Guarnieri

Nucleare, dalla Marina volevamo impegni precisi

L'Italia non ha unita' a propulsione atomica, ma chi garantisce per le altre nazioni?
Fonte: Corriere del Giorno - 01 novembre 2000

Sul rischio di contaminazione radioattiva dovuto al transito di unita' navali a propulsione nucleare si e' pronunciata la massima autorita' militare della Marina Italiana.

Infatti al Corriere del Giorno (si veda l'articolo del 31/10/2000 intitolato "La Marina frena sul rischio nucleare") l'ammiraglio Umberto Guarnieri, Capo di Stato maggiore della Marina Militare, ha dichiarato: "I piani di emergenza esistono perche' non si poteva non farli, ma i rischi sono bassissimi ed in caso di incidente riguarderebbero solo il personale di bordo. L'unico provvedimento utile, in una simile ipotesi, sarebbe quello di trasportare al largo l'unita' interessata".

Non per spirito di polemica ma solo per amore della verita', e con il massimo rispetto per la carica istituzionale che ricopre l'ammiraglio, siamo costretti a smentire.

La dichiarazione dell'ammiraglio Guarnieri non risponde infatti a verita' ed e' smentita dallo stesso piano di emergenza nucleare che la Marina Militare ha elaborato con la Prefettura di Taranto. Nel piano di emergenza nucleare si legge infatti:

"Interventi di secondo livello: accertata la presenza di livelli significativi di radioattivita' al di fuori della zona di esclusione prevista attorno al punto di ormeggio, si attueranno i seguenti interventi:
1) eventuale allontanamento dalla zona potenzialmente pericolosa della popolazione residente e di passaggio;
2) istituzione di posti di controllo sanitario, di decontaminazione e di assistenza sanitaria;
3) misurazione della contaminazione;
4) regolazione del traffico;
5) richiesta del Task Group.
Interventi di terzo livello: qualora, in relazione all'estensione della zona contaminata, si renda impossibile il rientro nei luoghi di provenienza della popolazione sfollata entro 24 ore, saranno attuati i seguenti interventi:
1) adozione dei provvedimenti di profilassi alimentare;
2) sistemazione degli sfollati presso alberghi ed edifici scolastici;
3) distribuzione di viveri, acqua e vestiario; 4) raccolta dei materiali contaminati."

La popolazione contaminata - si legge chiaramente - verrebbe quindi sfollata: perche' l'ammiraglio tace su questo punto e parla solo di conseguenze per l'equipaggio? Il piano di emergenza nucleare prende in considerazione la possibile contaminazione radioattiva dei bambini e vi si legge testualmente: "Le dosi alla tiroide dei bambini (che sono i piu' sensibili a questo tipo di danno) superano, entro 2 ore dall'inizio del rilascio, il relativo livello di riferimento per distanze (variabili con la potenza) comprese tra 300 m ed 1 km; per tempi lunghi, detto livello risulta superato fino a distanze (variabili con la potenza) comprese tra 5 km e 20 km".

Come si puo' notare l'ammiraglio non dice il vero quando afferma che "in caso di incidente i rischi riguarderebbero solo il personale di bordo" in quanto il piano di emergenza nucleare prende in precisa considerazione il danno alla tiroide dei bambini (ossia il cancro) con una contaminazione fino a 20 chilometri dal punto dell'incidente.

"L'unico provvedimento utile, in una simile ipotesi, sarebbe quello di trasportare al largo l'unita' interessata", dice l'ammiraglio, ma non e' vero. Infatti altri provvedimenti utili, anzi indispensabili, andrebbero presi, come ad esempio la distribuzione di preparati a base di iodio (del tipo "Lugol Forte") per proteggere la tiroide del bambini, ma attualmente le strutture sanitarie sono impreparate e non hanno i mezzi per distribuire il Lugol Forte in tempo utile a migliaia di bambini, come ha dettagliatamente dimostrato un'indagine di PeaceLink per la verifica dell'adeguatezza del piano di emergenza nucleare, pubblicata recentemente dai giornali.

Sappiamo bene (e lo abbiamo detto piu' volte) che la Marina Militare italiana non ha propulsori nucleari ed e' per questo che la nostra azione non e' "contro la Marina Militare italiana", come qualcuno potrebbe pensare, ma e' per la salvaguardia della popolazione dai rischi nucleari provenienti da unita' navali straniere.

Dice l'ammiraglio che "i rischi sono bassissimi", e ce lo auguriamo con tutto il cuore, noi ancora prima che lui, e tuttavia non bastano le parole per fugare i dubbi, occorrono i fatti e i fatti dicono che nessuna compagnia di assicurazione stipula un contratto per risarcire un cittadino in caso di incidente nucleare. Se diciamo il falso chiediamo di essere smentiti.

Come pure i fatti dicono che 12 sottomarini nucleari britannici su 16 sono stati ritirati per manutenzione e per verificare se esistono crepe nei propulsori nucleari.

Grave e' l'inquietudine per un incidente recente avvenuto al largo della Sicilia di cui e' stato protagonista proprio uno di quei sottomarini nucleari inglesi.

Ci riferiamo all'incidente avvenuto al sottomarino inglese a propulsione nucleare Tireless il 12 maggio scorso di cui solo ora emergono dettagli che ne confermano la notevole gravita'. Innanzitutto dopo il segreto iniziale che ha accompagnato il Tireless nel suo viaggio dal luogo dell'avaria (al largo della Sicilia) fino alla base di Gibilterra e la sua successiva permanenza, si e' venuti a sapere che: - il sottomarino aveva rilasciato dell'acqua dal circuito di raffreddamento (e quindi radioattiva) in mare aperto; - la crepa nel circuito di raffreddamento non era di 2mm, ma di vari centimetri; - la posizione della crepa non riguarda solo la tubatura secondaria che porta al pressurizzatore, ma coinvolge anche la tubatura principale del circuito di raffreddamento; - il difetto non era occasionale, ma strutturale, e quindi riguardava tutti i reattori montati a bordo di due classi di sottomarini inglesi (Trafalgar e Swiftsure), in seguito richiamati per riparazioni.

"Nuclear sub was hours from meltdown
HMS Tireless: How a 'minor defect' could have caused disaster"
ha scritto Richard Norton-Taylor il 28 ottobre scorso sul giornale The Guardian, rivelando che il propulsore atomico poteva arrivare entro poche ore alla fusione del nocciolo e quindi al disastro nucleare.

Il governo francese ha ufficialmente protestato con il governo britannico per aver taciuto per vari mesi, quello italiano non ci risulta.

Possiamo ancora dire in coscienza che "i rischi sono bassissimi"? L'ammiraglio Guarnieri puo' garantire sull'affidabilita' dei sommergibili italiani privi di propulsione nucleare, non su quella dei sottomarini nucleari inglesi, di cui fortunatamente la Marina Militare italiana non porta alcuna responsabilita' e di cui potremmo tuttavia portare noi cittadini di Taranto un funesto ricordo per varie generazioni, dati i rischi radioattivi.

Cio' che attendevamo dal Capo di Stato Maggiore della Marina non erano dichiarazioni talmente rassicuranti da risultare non vere e facilmente confutabili, ma precisi impegni: ossia che nella nuova base navale di Taranto (che sara' pienamente operativa nel 2003) il transito di unita' nucleari non aumenti. Se infatti ci fosse un transito nucleare ogni 6 mesi anziche' un transito nucleare ogni 6 anni, il rischio aumenterebbe statisticamente di 12 volte. E, come bene ha detto l'assessore alla Sanita' di Taranto, il dott. Giuseppe Merico, ci auguriamo che il transito nucleare (e il consegnente rischio) si diradi e, possibilmente, scenda a zero. Ci rivolgiamo al Capo di Stato Maggiore della Marina, con rispetto e desiderio di verita', perche' dia le statistiche del transito nucleare in passato e le previsioni di transito futuro: la sicurezza o il rischio deriva da quei numeri.

Va dato atto del senso di responsabilita' delle interrogazioni parlamentari sul rischio nucleare dell'onorevole Angelici, dei senatori Curto e Specchia. Finalmente se ne parla onestamente superando gli steccati politici e li invitiamo ad andare avanti nell'opera di richiesta di trasparenza e di informazione avviata.

Nel novembre del 1987 i risultati del referendum sul nucleare a Taranto sono stati i seguenti: 80,9% contrari, 19,1% favorevoli. La nostra azione deve essere a tutela della volonta' e sovranita' popolare espressa a Taranto (e in Italia) da quell'ottanta percento di votanti che hanno scelto di dire no al rischio Chernobyl, e a tutte le centrali nucleari (di terra o di mare) anche se "i rischi sono bassissimi".

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