"Riaprite l’inchiesta e riesumate la salma"
Francesco Miccoli padre di Lorenzo, il giovane di vent’anni morto nel ’95 nel reparto di Ematologia, non si rassegna. Ieri si è presentato con la moglie alla Procura di Pesaro ed ha presentato una nuova denuncia-querela accompagnata da un’ulteriore approfondita perizia sulle cause del decesso del figlio. Nuovi elementi, nuovi sospetti, soprattutto una rinnovata richiesta di far luce su quella morte, che ritiene avvolta ancora da mistero e anomalie. Miccoli ha chiesto al magistrato di riaprire l’inchiesta e di effettuare ulteriori accertamenti, disponendo la riesumazione della salma del figlio, cui era stata diagnosticata una leucemia acuta linfoblastica.
Nella nuova denuncia, Miccoli, che da anni sta proseguendo la sua battaglia personale svendendo tutti i beni di famiglia pur di sostenere le spese legali, ripercorre le vicende: dalla prima inchiesta, alle due successive archiviazioni. Ora, alla luce dei nuovi scenari prospettati, ha consegnato al magistrato una nuova perizia, firmata dal professor Roberto Gagliano Candela, titolare della cattedra di Tossicologia forense dell’università di Bari, nella quale lo stesso esperto solleva la necessità di riesumare la salma di Lorenzo, riesumazione finora mai disposta «al fine di poter estrapolare indispensabili elementi probatori di carattere scientifico circa la natura colposa-dolosa del decesso». Secondo lo studioso, ancor oggi, a distanza di nove anni dalla morte, è possibile avere «riscontri positivi e utili alle indagini».
Ma quale elementi nuovi sono stati presentati in Procura da permettere la riapertura del caso? Secondo il denunciante esisterebbero carenze negli accertamenti precedenti, carenze nella documentazione clinica, elementi che in precedenza non erano stati considerati nella loro reale importanza, riscontri medici sottovalutati. E da questo quadro deriverebbe la possibilità di una causa diversa di morte, rispetto a quella dichiarata, ipotizzando gravi responsabilità. In particolar modo le ultime perizie effettuate, sia quella presentata ieri sia quella in mano al giudice che segue la parallela causa civile, non escludono una epatite virale acuta tale da causare lo “spappolamento” del fegato riscontrato post-mortem. Ipotizzando proprio la presenza di un’epatite B anche nel’95, due anni prima della vicenda che ha poi provocato nove morti e un procedimento penale a carico del professor Lucarelli. Nella nuova denuncia, Miccoli cita entrambe le perizie ma anche gli atti della precedente indagine in cui le cause del decesso del figlio non erano «determinabili con certezza» e i periti formulavano due ipotesi «non alternative ma fors’anche sinergiche: quella formacotossica e quella infettiva». Ebbene, come sostiene l’attuale denuncia, «l’ipotesi infettiva sarebbe stata quanto mai d’obbligo scientificamente ritenerla contratta in reparto». Una tesi che viene perseguita alla luce della recente sentenza sulla vicenda epatite. Non solo, nell’attuale denuncia Miccoli ribadisce che i consulenti della causa civile sostengono la «presenza di carenze notevoli, sia formali che sostanziali», in modo particolare sulla registrazione nel diario clinico di tutti i dati delle trasfusioni, ventilando ipotesi di connessioni tra la morte del figlio e quelle avvenute nel ’97 per epatite fulminante. Spetterà ora al magistrato valutarne la fondatezza.
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