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Barbie tossica, allarme di Greenpeace: «Prodotti per bambini pieni di sostanze nocive»

Spiderman e Barbie, le magliette stampate, il bagnoschiuma per bambini. Tutti pieni di sostanze tossiche. Sembra assurdo, ma i prodotti creati specificamente per i bambini sono quelli che contengono i livelli più elevati di alcuni composti pericolosi per la salute.
29 aprile 2005
Cristiana Pulcinelli

Barbie e Ken Un rapporto di Greenpeace Italia presentato venerdì 29 aprile a Roma ha messo in evidenza questo paradosso. L’associazione ambientalista ha commissionato a marzo scorso una ricerca a un laboratorio indipendente olandese (TNO). L’obiettivo era quello di vedere se 12 prodotti acquistati sul mercato italiano contenessero alcune sostanze chimiche che sono ritenute dannose. Tra gli oggetti da analizzare c’erano 2 prodotti per la pulizia della casa, 4 giocattoli, 2 T-shirt sportive, 2 lettori Dvd e 2 prodotti per lavare i neonati. In ognuno di questi oggetti si è andati a cercare la presenza di sostanze che potessero rientrare in uno di questi cinque gruppi dai nomi impossibili: alchifenoli, ritardanti di fiamma bromurati, composti organostannici, ftalati e muschi sintetici. Ognuna di queste sostanze viene utilizzata per uno scopo: gli ftalati ad esempio servono ad ammorbidire la plastica, i ritardanti di fiamma a prevenire la propagazione del fuoco, i muschi intetici sono fragranze che si aggiungono ai detersivi e via dicendo. Ognuna di esse però ha anche effetti potenzialmente dannosi per la salute: qualcuna interferisce con lo sviluppo del sistema nervoso, qualcuna agisce come se fosse un ormone, qualcun’altra provoca danni a reni e fegato.

I rischi connessi a queste sostanze chimiche sono noti. Tuttavia, i produttori della «maglia bielastica Beba Girl» per bambine di 5 anni non si sono curati di evitarne l’impiego, né i produttori del bagnoschiuma «Mustela baby gel», e tantomeno chi ha messo sul mercato i giocattoli «Barbie Fashion Fever» e «Spiderman Flip ‘n zip». Le concentrazione delle sostanze incriminate in questi prodotti, infatti, è risultata dall’indagine di Greenpeace molto più elevata di quello che dovrebbe essere.

Eppure, le alternative esistono, dicono gli esperti, ma costano di più. E l’industria spesso preferisce investire in innovazione tecnologica o in pubblicità piuttosto che in sicurezza: meglio una Barbie con la gamba più snodabile che una Barbie innocua.

Gli ftalati, per la verità, sono banditi a livello europeo nei giocattoli per i bambini fino a 3 anni d’età. «Sappiamo che danneggiano organi come i polmoni, il fegato, l'apparato digerente, ma soprattutto il sistema riproduttivo maschile – ha spiegato Giuseppe Latini, direttore di neonatologia all'ospedale Perrino di Brindisi - Il problema è che queste sostanze, non chimicamente stabili, si rilasciano con il tempo e l'uso, vanno a finire nell'ambiente e negli alimenti e perfino nel latte materno. Li abbiamo trovati nel sangue dell'88,1% dei neonati di Brindisi. Il fatto che sia stato proibito l'uso di ftalati nei giocattoli per i bambini al di sotto dei tre anni non basta. Chi ci dice che i pericoli cessino per i maggiori di tre anni?».

Inoltre, i bambini piccoli non vivono isolati: sono in contatto con adulti e spesso hanno fratelli più grandi. E i loro giochi spesso sono i giochi dei grandi. Nelle parole di Beppe Grillo, intervenuto alla conferenza stampa: «Ho sei figli, di cui due piccoli e il più piccolo ciuccia uomini ragno a tutto spiano... mi preoccupo».

Rimediare a questa situazione si può. Una prima soluzione potrebbe essere l'approvazione della nuova regolamentazione europea sulle sostanze chimiche chiamata Reach (Registration, Evaluation and Authorisation of Chemicals) che garantirebbe un maggiore controllo sulle sostanze chimiche immesse sul mercato e contribuirebbe allo sviluppo di tecnologie a basso impatto ambientale.

Ma di soluzioni se ne possono trovare molte altre, a cominciare da quella proposta da Beppe: «Basterebbe far pagare tasse elevatissime agli imprenditori che fanno porcherie. Smetterebbero. Ma questo è un discorso che dovrebbe fare la politica, non i ragazzi di Greenpeace».

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