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La parola può non piacere, ma è precisa e inesorabile:ecocidio. Vuol dire uccisione dell'ambiente, addita qualcosa di tremendamente attuale e tuttavia viene da lontano

"Ecocidio"

Franz J. Broswimmer, Carocci ed.
14 marzo 2004
Giorgio De Simone
Fonte: Quotidiano l'Avvenire 17.12.03

La parola può non piacere, ma è precisa e inesorabile:ecocidio. Vuol dire uccisione dell'ambiente, addita qualcosa di tremendamente attuale e tuttavia viene da lontano. Da quanto lontano, ce lo dice un libro-documento, ricco d'informazione e di fatti, dal ricercatore inglese Franz J. Broswimmer, Ecocidio (Carocci, pagine 218, euro 18,60).
L'uomo, ha sempre inquinato, devastato, incendiato e ucciso. Nella preistoria doveva cacciare per vivere, ma preferiva sterminare e bufali, gnu, mammut nonché cammelli, tapiri, bradipi, castori, cadevano sotto la sua ascia in quantità sproporzionata al bisogno. Si uccideva in vari modi anche per il gusto di farlo e questo ci dice come non sia stato il caso a cancellare dalla faccia della terra, animali favolosi come l'ippopotamo nano, il koala gigante, il geniornis simile all'emù e il vombato australiano dal grande marsupio.
Con la scoperta dell'agricoltura e via via con i primi insediamenti e la nascita di un'organizzazione sociale, le cose non migliorarono perché non migliorò l'uomo. L'antichità abbonda di delitti contro la natura e di errori ecologici. Il declino della magnifica Atene e con Atene, della Grecia classica, è legato alla deforestazione praticata su largo raggio per estendere i pascoli, da un lato e sostenere guerre come quella del Peloponneso contro Sparta (431-404 a.C.) dall'altro.
Non era alto il grado di coscienza ambientale dei contemporanei di Socrate, ma peggio fecero i Romani, artefici di conquiste tecnologiche tanto più ammirate quanto più dannose per l'ambiente e autori delle più grandi stragi di animali della storia per non far mai mancare alle folle lo spettacolo degli imprescindibili circenses.
Il degrado ambientale, l'erosione del suolo, le deforestazioni selvagge sono tra le cause del tracollo dell'Impero romano perché favorirono le invasioni dall'esterno. Ma da un'altra parte del mondo anche le civiltà dei Maya affrettò e di molto, la propria fine per non aver saputo proteggere l'ambiente dai tentacoli di un'economia che richiedeva gradi sempre più alti di benessere materiale e, per ottenerlo, né più né meno delle nazioni ricche di oggi, si appoggiava alla crescita indiscriminata dei consumi.
Venendo a noi, è l'uomo «dominato dal desiderio di far soldi» (Max Weber) a estenuare questa povera Terra. Broswimmer non risparmia parole dure al capitalismo e alla sua etica «spudoratamente materialistica» che non contempla alcuna biodiversità (fondamentale per la trasmissione della vita) e tutto sacrifica alla fiducia suprema in un progresso infinito che è poi il cieco perpetuarsi di sé. Il commercio delle pellicce è prosperato per più di tre secoli nell'America del Nord portando malattie e lotte senza fine. E la guerra dichiarata a lontre e ermellini, la caccia ai cetacei di tutti i mari, le stragi del bisonte americano condotte in parallelo a quella degli Indiani che cosa sono state se non la prova ininterrotta dei pessimi rapporti tra l'uomo e la vita altrui?
Quando, a metà del XIX secolo, la rivoluzione industriale stabilì che si doveva idolatrare la macchina e rinnegare la Terra, l'ecocidio non ebbe più ostacoli. Comparvero strade, ferrovie, stabilimenti, ciminiere mentre, intorno alle fabbriche, l'ambiente si trasformava in un deserto. Fu dovunque un correre e un costruire frenetici e di quella frenesia è figlio il secolo che ha covato nel proprio ventre due guerre mondiali seguite da una guerra fredda capace del «più grande disastro ambientale degli ultimi diecimila anni» se è vero come è vero, se è documentato come è documentato che, in conseguenza dei collaudi di armi eseguiti da Stati Uniti, Unione Sovietica e Cina, vaste aree dell'Eurasia e del Nord America sono diventate del tutto inadatte a ospitare la vita e tali rimarranno per centinaia di migliaia di anni. D'altronde quel «deserto del Pentagono» che tra California, Nevada e Utah si presenta con il proprio panorama lunare o, se si preferisce, con un «paesaggio alla Bosch», non è un'invenzione. E da noi non s'è appena avuta la rivolta di un'intera regione, la Basilicata, contro una discarica nucleare che il governo avrebbe preteso d'insediare a Scanzano Jonico?
È stato il famoso economista J.K. Galbraith a definire le spese militari a livello mondiale, «una forma sociale altamente condizionata di follia». La superficie del pianeta è occupata da foreste che in soli trent'anni si sono dimezzate, la fauna ittica è ridotta del 25 per cento e la fascia dell'ozono da tempo ha cominciato a svanire.
A indebolire la speranza è la stessa debolezza dell'uomo contemporaneo la sua immoralità divenuta «strutturale», la sua inettitudine a disegnarsi un futuro eticamente degno.

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