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Italia e Spagna annacquano Kyoto

Bruxelles, rottura tra i 15 sulla ratifica del protocollo sui gas serra. Avanza una versione light

3 marzo 2004
Alberto D'Argenzio


L'Italia guida il fronte di chi vuole decaffeinare il protocollo di Kyoto, e purtroppo l'idea fa proseliti, subito conquista Spagna e Finlandia, e si insinua tra i 25. In sostanza avanza la volontà di creare un Kyoto light, meno rapidamente di quanto vorrebbe Roma, ma avanza. Ieri i ministri dell'ambiente dell'Unione europea hanno dato vita a una discussione serrata, accesa, durata la bellezza di un pomeriggio e conclusa con tutti che cantano vittoria, ma come sempre in questi casi si tratta di un pareggio, un risultato che non fa altro che addensare nubi sul protocollo. Roma, con lei Madrid e Helsinki per la via light; gli altri, Gran Bretagna e Germania, e la Commissione per il Kyoto originale. Se ne discuterà ancora. Altiero Matteoli anticipa la conferenza stampa della presidenza irlandese e afferma di aver vinto le sue due battaglie: da un lato legare l'attuazione di Kyoto alla ratifica della Russia e dall'altro inserire gli obiettivi di Lisbona (fare dell'Europa il sistema economico più competitivo del mondo) nella valutazione degli impegni di riduzione delle emissioni gassose. «La mancata ratifica della Russia ci obbliga a ripensare il protocollo - afferma il ministro - non siamo così determinati nel dire che l'Europa può andare avanti da sola». In sostanza Roma sostiene che finchè Mosca non firma, bisogna rivedere gli impegni presi per limitare le emissioni gassose (meno 8% nel 2012 rispetto ai dati del 1990). Il tutto per evitare che il sistema Europa si trovi a dover competere con la zavorra dei limiti ambientali. Se la Russia non firma, Kyoto non è effettivamente valido (è necessario che aderiscano 55 paesi che producono il 55% delle emissioni globali) ma è anche vero che l'Ue si è presa l'impegno di andare avanti comunque anche da sola. In sostanza il governo Berlusconi invia all'amico Putin un messaggio di disimpegno, mentre Washington preme con forza su Mosca perché non firmi.
Guarda caso l'Italia e la Spagna sono i paesi che meno hanno fatto per limitare le emissioni e pertanto con la firma del protocollo devono comprare quote di emissioni altrui, assai care.
Nell'altra battaglia Roma vuole che siano anche i ministri dell'energia e dell'industria a decidere sugli obiettivi imposti dal protocollo. Un'idea ripresa anche dalla Commissaria all'energia e ai trasporti Loyola de Palacio che preferisce parlare, per la seconda fase di Kyoto (cioè per il periodo post 2012) di una vaga «strategia» di limitazione delle emissioni gassose piuttosto che di «obiettivi», di percentuali di limitazioni chiare, come si fa attualmente. La teoria della de Palacio assomiglia alle tesi di Bush sull'energia.
È la Commissaria all'ambiente Margot Wallström a rispondere: «Gli stati membri hanno i propri problemi e le proprie difficoltà ma il testo non dice che Kyoto dipende dall'approvazione della Russia.(..) E l'Europa non è sola, 120 paesi hanno ratificato Kyoto e molti stanno già lavorando per tener fede ai propri impegni, come Canadá, Nuova Zelanda, Cina o Brasile».
Dietro alle risposte secche e alle acclamazioni si nasconde però un risultato ambiguo. L'Italia è riuscita a inserire un paio di clausole nel documento di ieri, che i 25 firmeranno nel Consiglio europeo del 25 e 26 marzo, in cui si parla di «importanza del rapido processo di ratifica del protocollo», un modo alla lontana per legare Kyoto all'approvazione di Mosca. Dall'altro è ormai cosa fatta che d'ora in avanti saranno anche i ministri dell'industria e dell'energia a partecipare alla discussione sul protocollo, dei padrini poco affidabili per l'ambiente.

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