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Sete di denaro in Europa beve solo chi paga

Strasburgo discute di privatizzazione dell'acqua

10 marzo 2004
Ivan Bonfanti 

Ci sarebbe da pensare a un filmetto demodé, riedizione di seconda classe di quelle trame dal sapore orwelliano dove il mondo va a rotoli ed è tutta colpa di qualche cattivone che brama il potere assoluto e non gli basta mai. Una multinazionale che si impossessa di tutte le fonti idriche del pianeta, l'acqua che smette di sgorgare dai rubinetti per finire in seducenti e costose bottigliette da due boccate, masse disperate di poveri a caccia di un sorso, cataclismi e caresite. Tipico, se non fosse che non c'è un accidenti da ridere visto che il noir sta andando già in onda nelle pregiate sale del Parlamento e della Commissione Europea. E il gran finale - sono i tempi che cambiano - rischia di sancire la vittoria della Spectra lievemente frizzante.

Privatizzare le risorse idriche; dopo la luce elettrica, la telefonia, il gas, buona parte del sistema sanitario. Dopo palazzi, parchi e monumenti la Comunità Europea sta seriamente pensando di approvare una direttiva che "suggerisce" di consegnare nelle tasche di qualche colosso finanziario privato la cosa pubblica più preziosa, l'acqua. Dicevamo dei tempi che cambiano. Piuttosto in fretta, dal momento che il primo atto potrebbe chiudersi già domani. Nel pomeriggio l'emiciclo discuterà e metterà al voto il cosiddetto Rapporto Miller - "Strategia per il Mercato Interno: priorità per il triennio 2003-2006" - un documento di indirizzo economico redatto dal parlamentare laburista britannico Bill Miller. Un testo che nonostante l'opposizione dichiarata di buona parte della sinistra europea potrebbe passare grazie al sostegno dei popolari. Con buona pace persino del suo autore, che ieri ha accusato la Commissione di aver stravolto l'originale annunciando che voterà contro il rapporto che porta il suo nome.

Tuttavia Miller o meno, se domani il documento venisse approvato i governi potrebbero semplicemente limitarsi a "recepire la direttiva". E a quel punto qualunque Paese dell'Unione potrebbe svegliarsi con una multinazionale ai rubinetti, altre bollette per rivoltarsi nel letto e un bel po' di sete in più.

Certo, non succederà tutto domani. Ma il silenzio con cui i rappresentanti dei cittadini dell'Ue stanno dibattendo se liquidare uno dei muri portanti del concetto stesso di welfare state lascia perplessi se si pensa al pomposo bla bla che gli stessi governanti europei spendevano all'Onu nel 1980 in occasione dell'impegno della "Decade for Drinkable Water and Sanitation", la promessa di garantire accesso all'acqua potabile per tutti gli esseri umani entro il 2000.

Panzane, che ieri a Strasburgo sono state ricordate senza ironia dai rappresentanti del Comitato Internazionale per il Contratto Mondiale dell'acqua, accorsi nella cittadina francese per una conferenza stampa e un'audizione contro il progetto in cui la parola più leggera è stata "catastrofe". «Non solo per l'Europa - ha ricordato il segretario del Comitato, Riccardo Petrella - qui stiamo parlando di un rischio mondiale dal momento che la vera potenza idrica del pianeta è l'Ue, la comunità dove prosperano ben nove delle prime dieci multinazionali dell'acqua con grandi interessi all'estero, pensiamo solo al quasi monopolio di Danone in Cina». «Mi stupisce di come si possa solo pensare a mettere in discussione l'acqua come un bene comune» l'ha incalzaro Danielle Mitterand che ha rilanciato l'idea del Contratto mondiale dell'acqua individuando anche un canale di finanziamento immediato: «Riduciamo appena appena le spese militari e spunterebbero i soldi per portare l'acqua anche nelle regioni più remote». Perché è proprio nelle aree depresse e violentate del pianeta, ricorda il missionario comboniano Alex Zanotelli, che la privatizzazione delle risorse idriche provocherebbe i disastri maggiori. «In quell'Africa che io chiamo il continente crocifisso è già in atto una violenta guerra del liberismo contro gli esseri umani, i poveri e i diseredati contro i quali questo parlamento - ammonisce padre Alex - sta prendendosi una responsabilità enorme: perché se si approverà la privatizzazione vorrà dire un vero e proprio genocidio con milioni di morte di sete, come se non bastassero quelli che già ci sono».

Per sostenere la manifestazione sono accorsi in parecchi anche dall'Italia; rappresentanti di un associazionismo deciso a fare del diritto all'acqua una battaglia centrale. C'è Ciro Pesacane del Forum ambientalista, Marco Bersani di Attac Italia, c'è il sindaco di Roma (città che ha lanciato a dicembre il Contratto mondiale) Walter Veltroni e gli eurodeputati del Gue con gli italiani (Di Lello, Morgantini, Manisco e altri del gruppo socialista in prima fila). Tutti favorevoli alla proposta di Petrella, che insieme a Francis Wurtz e al portoghese Soares non solo criticano il documento perché «non si oppone in maniera chiara e netta alla possibile privatizzazione dell'acqua, ma propongono di istituire una rete europea per la gestione dell'acqua come bene pubblico». «Se si riconosce che è un bene pubblico - hanno chiosato di fronte a un gruppetto di europarlamentari - non si potrà certo privatizzare l'acqua, a meno che i rappresentati dei popoli d'Europa non abbiano deciso di stracciare il contratto sociale che li lega ai cittadini per Costituzione». «Tra l'altro - si chiede qualcuno in sala - una volta privatizzata l'acqua che resterebbe di pubblico?» Ci mancherebbe solo l'aria. Ma un leggero principio di soffocamento si avvertiva già ieri all'uscita dall'emiciclo.

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