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Il movimento della scienza popolare

Il governo dell'India ha dichiarato il 2004 «Anno della conoscenza scientifica»; obiettivo ufficiale la partecipazione dei cittadini allo sforzo di costruire un'India moderna, anzi shining, splendente, un aggettivo depistante amato dai ministri del partito governativo Bjp.
23 marzo 2004
Marinella Correggia

Il governo dell'India ha dichiarato il 2004 «Anno della conoscenza scientifica»; obiettivo ufficiale la partecipazione dei cittadini allo sforzo di costruire un'India moderna, anzi shining, splendente, un aggettivo depistante amato dai ministri del partito governativo Bjp. La realtà è ben altra: scienza e tecnologia (e modernità) sono molto distanti dalla maggioranza della popolazione. Per questo ha ancora molto da fare il People's Science Movement (Psm), iniziato negli anni 50 come opera di divulgazione scientifica in varie lingue indiane, e divenuto negli anni 60 un movimento di massa, soprattutto nello stato meridionale e socialmente illuminato del Kerala. IlKerala Shastra Sahitya Parishad (Kssp) coinvolge decine di migliaia di volontari nella disseminazione della scienza e della tecnologia, ritenuta indispensabile per la giustizia sociale e la qualità della vita. Decenni fa il Kssp inventò lo slogan «scienza per la rivoluzione sociale» e si diede anche il compito di mobilitare il pubblico sui temi sociali. Lo si vide bene a Bhopal dopo la tragedia del 1984, uno dei più tragici esempi di come la tecnologia possa annientare l'essere umano se usata a fin di solo profitto: fu creata la Jan Vigyan Samiti, una rete di scienziati e attivisti a sostegno delle vittime dal punto di vista medico, scientifico, legale, e per il monitoraggio delle conseguenze ambientali, mentre gli enti pubblici si dimostravano a dir poco impreparati.
Nel 1985, su impulso del Kssp, diversi gruppi per la scienza popolare organizzarono incontri scientifici e culturali in 500 centri di 14 stati, con un raduno finale a Bhopal. Il messaggio era: la scienza per la pace, l'umanità, il secolarismo e l'autosviluppo. Qualche anno dopo, nel 1988, in Kerala nasce l'All-India People's Science Network., o Rete panindiana per la scienza popolare, il braccio organizzativo del Psm. Che da allora è cresciuto molto e ora è forte di 40 organizzazioni sparse in 22 stati, con un bacino di 18.000 villaggi. Interessante la base di volontari (tutti davvero volontari: cioè non pagati): la rete ha messo insieme studenti, insegnanti, scienziati, scrittori, operai, agricoltori, attivisti politici e pensatori.
Il ruolo del Psm è illustrato da un recente servizio della rivista indiana Frontline. Attivisti ed esperti del movimento hanno partecipato ai dibattiti nazionali in tema di disarmo nucleare, diritti di proprietà intellettuale, politiche sanitarie e farmaceutiche (riuscendo a far ritirare certe medicine pericolose dal mercato), politiche ambientali ed energetiche, riforma nel settore delle telecomunicazioni, politiche di decentramento ai panchayat , i consigli di villaggio. I gruppi per la scienza popolare si sentono investiti di ulteriori responsabilità, ora che «nei processi di globalizzazione, lo stato abdica sempre più ai propri compiti nel campo della salute, del lavoro, dell'istruzione e del welfare».
Il Psm ha sviluppato e sviluppa progetti pilota in campo agricolo, educativo, finanziario, sanitario, comunitario. Ecco i volontari delle branche locali del Psm sviluppare e divulgare nei loro villaggi sistemi di produzione energetica dai rifiuti o dal sole, progetti di alimentazione sana, irrigazione sostenibile. Il Tamil Nadu Science Forum, che fa parte del circuito, ha chiesto e ottenuto la gestione di ampie cisterne abbandonate nello stato, per poterle recuperare e restituire all'uso rurale.
Un collegato ambito di azione è lo «sviluppo tecnologico», con lo studio delle «tecnologie centrate sulle persone», a bassa intensità di capitale ed elevata intensità di risorse umane, in grado di valorizzare un maggior numero di lavoratori, tecnici e meno. Dai simputer (computer semplici, software a portata di villaggio) alla biomassa per l'edilizia, dai mulini a vento ai telai manuali migliorati, dalle piccole presse per l'olio agli inputs agricoli non chimici. Di rilievo anche la promozione delle alternative locali ai prodotti di multinazionali, accusate di distruggere l'ambiente e la salute. «Quit India», l'invito che Gandhi rivolse agli inglesi, è ora indirizzato a Coca Cola, Monsanto & C.

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