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Guerra e acqua

Gli acquaioli di Bassora

Da due decenni, prima per la guerra con l'Iran poi per l'embargo, gli impianti di potabilizzazione sono a dir poco inadeguati.
13 maggio 2004
Marinella Correggia
Fonte: www.ilmanifesto.it
30.04.04


In Iraq, esperimento di liberismo totale, è quasi ovvio che l'acqua da bere sia venduta da privati a caro prezzo. Veramente, fin dai primi giorni dopo la guerra del 2003, la gente dei quartieri di Baghdad a più elevata presenza religiosa ringraziava gli imam che erano gli unici a far circolare gratis alcune autobotti, mentre i rubinetti erano a secco per la mancanza di energia elettrica (necessaria a far funzionare le pompe) e altri guasti di guerra. A Bassora poi, anche quando non sono a secco, i rubinetti danno acqua imbevibile: troppo salata. Così le famiglie si servono presso gli «acquaioli» e gestori di impianti a osmosi inversa; ma la gente si lamenta della cattiva qualità. E soprattutto del prezzo: per venti litri occorre quasi mezzo dollaro, tantissimo per una città (e un paese) in condizione di disoccupazione pressoché totale. (Giorni fa, l'organizzazione britannica Christian Aid - che opera in Iraq attraverso partner locali - ha compiuto una ricerca da cui emerge che la povertà nel paese è di gran lunga aumentata con gli americani).
Come spiega un rapporto apparso sul sito di informazioni del Coordinamento Onu per gli aiuti umanitari (www.irinnews.org), a Bassora l'acqua è sempre stata molto salata, ma negli ultimi anni la situazione è peggiorata a causa del drenaggio delle paludi a monte della città e della diga di Ataturk in Turchia: così lontana, eppure in grado di ridurre la portata dell'Eufrate e contribuire a far salire la salinità nella regione dello Shat-el-arab. Adesso è come acqua di mare, anche quando viene depurata e filtrata. Abdel Sattar Akef, capo dell'amministrazione delle acque a Bassora, spiega che lo standard internazionale è un indice di sali totalmente disciolti di 200 o 300, «ma nell'acqua che esce da tutti i rubinetti della città è a 600 o 800". Da due decenni, prima per la guerra con l'Iran poi per l'embargo, gli impianti di potabilizzazione sono a dir poco inadeguati.
Già: a norma delle convenzioni internazionali la potenza occupante è obbligata a garantire a proprie spese (e non con soldi dell'Onu, del paese occupato o di altri paesi) la copertura dei bisogni essenziali della popolazione occupata, acqua in primis. Finora non è successo. Ma, riferisce Colin McBride, uno dei portavoce dell'Autorità provvisoria di coalizione (Cpa), per il settore idrico è prevista una spesa di circa 250 milioni di dollari. Fra i progetti in cantiere a Bassora una rete di condutture per le dodici aree urbane che hanno un approvvigionamento d'acqua insufficiente, sei nuovi impianti a osmosi inversa per fornire acqua da bere e 63 nuovi centri di distribuzione idrica; insieme a riparazioni varie. Gli interventi d'urgenza saranni ultimati entro luglio, sostiene la Cpa, mentre alcuni altri progetti continueranno fino al 2005. Tutto ciò fa parte dell'Emergency Infrastructure Program (Eip), finanziato dal governo Usa, dalla cooperazione del governo britannico (Dfid) e, naturalmente, dal Fondo di sviluppo per l'Iraq: cioè soldi del petrolio iracheno. Ma alla fine del business dei lavori, l'acqua ...continuerà a essere salata. E dunque Bassora dovrebbe avere due tipi di acqua: quella del rubinetto adatta a lavare e ad altri usi, e poi un'altra da bere, distribuita appunto dai 63 impianti a osmosi inversa. Il capo dell'amministrazione delle acque della città si augura che a lavori ultimati tutti i bassoriani avranno accesso all'acqua «osmotica» a una distanza non superiore a 400 metri da casa, e che nelle aree più povere il prezzo dell'acqua si ridurrà del 90%. Dev'essere proprio ottimista, perché luglio è fra poco, e intanto, anche in zone centrali della città, la situazione acqua è un disastro. I cooperanti stranieri, finché non se ne sono andati, usavano quella in bottiglia d'importazione non solo per bere e lavarsi i denti ma anche per cuocere gli spaghetti, temendo i metalli pesanti. Ma al costo di mezzo dollaro per pochi litri, c'è da giurare che gli iracheni di queste precauzioni facciano a meno. D'altronde, i metalli pesanti e i minerali radioattivi li respirano da anni, scorie di guerra.

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