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Il deserto, il grano, gli alberi

L'avanzata dei deserti è il risultato di decenni di uso sconsiderato dei terreni, troppo pascolo, troppi boschi tagliati per farne campi. Erosione e desertificazione sono ormai allarmanti.
2 giugno 2004
Marina Forti
Fonte: www.ilmanifesto.it
29.05.04


Il primo problema è fermare il deserto. L'altro è aumentare la produzione alimentare, in particolare di cereali. Entrambi i problemi sono urgenti, ma almeno in parte entrano conflitto tra loro. Stiamo parlando della Cina, nazione immensa dove i grandi deserti si espandono, secondo le stime del governo cinese, al ritmo di 3.800 miglia quadrate all'anno - e dove negli ultimi quattro anni la produzione alimentare è declinata al punto che questa primavera i massimi dirigenti dello stato hanno esortato a piantare più riso, grano e mais. L'avanzata dei deserti è il risultato di decenni di uso sconsiderato dei terreni, troppo pascolo, troppi boschi tagliati per farne campi. Erosione e desertificazione sono ormai allarmanti. Il Gobi si è allargato di 52mila chilometri quadrati tra il 1994 e il `99, e ormai preme a 200 chilometri da Pechino. I due grandi deserti della Cina centro-settentrionale stanno per fondersi in un'unica distesa brulla che ingloberà la Mongolia interiore e il Gangsu. Così pure a occidente, nel Xinjiang.
Anche aumentare la produzione alimentare è urgente. La Cina è riuscita a espandere la sua produzione in modo spettacolare nella seconda metà del '900: produceva 90 milioni di tonnellate di cereali nel 1950, ha raggiunto 392 milioni di tonnellate nel 1998. Quell'anno è stato un record, però, poi è cominciato il calo fino a 322 milioni di tonnellate nel 2003 (meno 17 percento) - sono i dati citati da Lester Brown, il fondatore del Earth Policy Institute (Eco-Economy Update numero 5, 10 marzo 2004). L'anno scorso la Cina ha raccolto 19 milioni di tonnellate di grano meno di quante ne abbia consumate: l'autosufficenza alimentare è in pericolo. Non è un pericolo immediato, certo, la Cina ha eccedenze e stock nei suoi silos: ma le riserve non sono eterne. Il deficit di riso si aggira sui 20 milioni di tonnellate all'anno (l'intero export mondiale di riso ammonta a 26 milioni di tonnellate: se la Cina dovesse colmare il suo deficit comprendo all'estero, il mercato alimentare mondiale ne sarebbe sconvolto).
Causa principale del calo della produzione è la perdita di superfice coltivata - solo nell'anno scorso il 2% è andata persa. E questo è dovuto a diversi fattori tra cui in parte il degrado dei suoli, superfruttati e quindi esposti all'erosione degli elementi, dunque alla desertificazione. Si aggiungano l'espansione di aree urbane e industriali, che «mangiano» terre agricole (e consumano acqua che quindi è sottratta all'agricoltura), o le scelte «di mercato» di agricoltori che abbandonano i cereali per ortaggi e frutta, che si vendono meglio sui mercati urbani. In marzo dunque l'agenzia Xinhua ha riferito di una circolare «d'emergenza» del governo che ha introdotto sgravi ficali, sussidi e altri incentivi agli agricoltori perché coltivino cereali: l'obiettivo è 455 milioni di tonnellate per il 2004. Insieme, il Ministero dell'agricoltura e risorse naturali ha avviato una battaglia contro la «colonizzazione» abusiva: solo nell'anno scorso ha chiuso 3.763 zone industriali costruite su terre arabili occupate illegalmente, riferiva il New York Times di recente.
L'appello a coltivare rallenta però anche i programmi di riforestazione. Ed è qui che le due urgenze entrano in conflitto. La Cina ha avviato negli anni '80, e soprattutto `90, i programmi di riforestazione più massicci mai tentati ovunque: in parte per contenere le alluvioni, dunque nei bacini da cui nascono i grandi fiumi, e in parte per fermare l'avanzata dei deserti. Dal 1982 sono stati piantati 42 milioni di alberi, solo l'anno scorso 560 milioni di persone sono state coinvolte nei programmi. L'ultimo piano lanciato due anni fa prevede di riforestare un'area di 170mila miglia quadrate in dieci anni. In Xinjiang, la provincia più occidentale, il governo tenta di fermare l'avanzata del deserto di Taklimakan con «muraglie verdi» di pioppi e di jojoba, un albero adatto al clima secco, freddo d'inverno e caldo d'estate. Certo, i risultati non si vedono a breve: per il momento i deserti continuano ad avanzare, annunciati dalle tempeste primaverili di sabbia, sempre più frequenti sui cieli della Cina settentrionale.

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