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La guerra in Iraq, il terrorismo internazionale hanno monopolizzato l’attenzione dell’opinione pubblica e dei media: il libro di Lester Brown ci ricorda che le minacce più importanti non sono di tipo militare, ma ambientale  

"Piano B. Una strategia di pronto soccorso per la Terra"

Lester Brown - Edizioni Ambiente 2004, pagg. 225 - ISBN: 8889014024
2 settembre 2004
Fulvio Cerutti

Ormai non si può più negare l’evidenza: ci stiamo comportando come quei figli “degeneri” che distruggono quanto ereditato dai propri padri. Abbiamo consumato i frutti, gli interessi e stiamo consumando il capitale che ci è stato lasciato.
Il problema, in questo caso, è che non si parla di un’azienda o di un patrimonio finanziario, ma si parla di un capitale non accumulato da pochi, ma si chiama “Terra”, quella Terra che è patrimonio di tutti, quella Terra il cui valore non può essere salvato dalla bancarotta grazie all’intervento di venture capital in vena di operazioni altamente a rischio: Lester Brown, autore del libro “Piano B. Una strategia di pronto soccorso per la Terra”, usa l’espressione “bubble economy”, per spiegare la situazione in cui ci troviamo, ossia un’economia il cui output viene artificialmente dilatato da un ormai spropositato consumo del patrimonio ambientale della Terra.
Leggendo questo libro, non si ha solo l’impressione, ma la certezza, che la fase dell’allarmismo sia altamente superata: ormai la situazione è grave.
Nel “conto ecologico” che ci sottopone l’autore, il “rigo” più preoccupante è quello del settore alimentare: la domanda mondiale di risorse si è moltiplicata per effetto della crescita della popolazione e dell’aumento del reddito. Qualche numero? Nel 1950 eravamo 2, 5 miliardi di persone, nel 2000 la popolazione mondiale aveva raggiunto 6,1 miliardi di unità: in 50 anni l’incremento demografico ha di gran lunga superato quello dei 4 milioni di anni legati alla nostra specie. Ma ancora più inquietante sono gli aspetti legati al reddito pro-capite che, su scala mondiale, si è triplicato. Questo fattore, legato al precedente, ha comportato un aumento impressionante dei consumi di cereali, con una produzione che per stare al passo sta “consumando” la Terra.
Paesi come la Cina non hanno più risorse interne sufficienti per soddisfare il proprio fabbisogno e stanno per rivolgersi alle riserve di cereali di Paesi terzi e l’effetto immediato sarà un rilevante aumento dei prezzi. Questo è solo uno dei tanti esempi che vengono trattati in questo libro. Allora quale soluzione?
L’autore ironicamente inserisce l’espressione “Piano B” all’interno di una parte del titolo del libro per sottolineare il fatto che il “Piano A” è risultato fallimentare (Lester intitola un suo capitolo “Piano A: far finta di niente”). Soccombere ai problemi non può essere considerata una soluzione neanche in un’ottica estremamente egoistica del problema: lo stato attuale delle cose non può essere considerato in un’ottica di quanto lasciare alle generazioni future, perché il problema è già presente.
Dopo una prima parte, in cui l’autore sottolinea la situazione in cui ci troviamo, capace di togliere il sonno anche ai più distratti, il libro continua illustrando un Piano B che può essere la soluzione ai problemi.
Il Piano B “èuna massiccia mobilitazione tesa a sgonfiare la bolla economica internazionale prima che esploda”, dove serve un livello di cooperazione internazionale senza precedenti. Le scelte non devono essere dei miracoli o ricette visionarie, ma una rilettura pragmatica dell´economia e dei dati della scienza. Già perché occorre inserire la variabile ambientale fra le priorità delle scelte economiche politiche e aziendali: Lester ricorda che non è l’ambiente a essere una parte dell’economia, ma viceversa. Accettando questo concetto, allora si diventa consapevoli che l’economia deve essere programmata in modo compatibile con l’ecosistema in cui è inserita.
A chi è diretto questo libro? È l’autore stesso a dirlo nella sua prefazione: “Lo scopo principale di Piano B è quello di poter essere letto da chiunque, anche dagli indaffarati che dispongono di poco tempo”.

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