Francia, sdegno per la morte di Sébastien
9.11.04
Ancora una volta il nucleare uccide. E uccide in Francia, dove quasi l'80 per cento dell'energia elettrica è prodotta dalle ottanta centrali presenti sul territorio. Si chiamava Sébastien Briard, aveva 23 anni, non apparteneva a nessun gruppo, nessuna organizzazione l'aveva registrato. Con altri sette attivisti tentava domenica pomeriggio di bloccare un treno carico di scorie radiottive diretto a Gorleben, nel nord della Germania. Il carico conteneva "residui vetrificati", e cioè già trattati da un'industria francese, la Cogema, leader mondiale nel "riciclaggio" delle scorie (di fatto, come si sa, impossibile, perché l'eliminazione dei materiali radioattivi richiede migliaia di anni). Si trattava del settimo trasporto di residui vetrificati tedeschi ritrattati dalla Cogema dal 1996. E risale alla stessa epoca la storia del movimento di resistenza delle organizzazioni ecologiste e antinucleari francesi, sul modello del movimento tedesco, che vanta una storia decennale di azioni di questo genere.
Il dramma si è prodotto verso le 14 e trenta. Il macchinista del treno, che procedeva alla velocità di circa 80 chilometri all'ora, ha individuato troppo tardi il piccolo gruppo di manifestanti, che si era incatenato ai binari in un punto dove il bosco è molto fitto. Per questo non era stato reperito dalla pattuglia di scorta che sempre, nel caso di questi trasporti precede il convoglio, né dall'elicottero che perlustrava la zona. Alla vista del treno in corsa, i manifestanti hanno avuto appena il tempo di aprire i lucchetti e allontanarsi dal binario. Tutti, tranne Sébastien Briard, che, per cause ancora non appurate, non è riuscito a liberarsi.
Da una parte e dall'altra della frontiera, le organizzazioni anti-nucleari hanno reagito con incredulità e sgomento al tragico incidente, che non ha precedenti in questo tipo di azioni. «Siamo molto sorpresi, non conosciamo questo gruppo», ha dichiarato in una conferenza stampa domenica Corinne François, membro del collettivo Bure-Stop, che anima da diversi anni la resistenza ai convogli di scorie nucleari nella zona. «Le persone che partecipano a questo tipo di azioni sono preparate, seguono delle formazioni a volte anche in Germania. Ogni azione ha un calendario preciso, calcolato al minuto, e tutti i partecipanti conoscono esattamente il ruolo che devono ricoprire e si impegano a rispettare le indicazioni». Nel caso specifico, il gruppo ha commesso l'imprudenza di posizionarsi all'uscita di una curva, quando di solito vengono scelti tratti rettilinei, dove la vista sia libera. Inoltre, alcuni attivisti (gli "stoppeurs") hanno sempre il compito di avvertire il macchinista alcune centinaia di metri prima del luogo dove l'azione di blocco, spesso anche con il lancio di fumogeni.
Ma le circostanze dell'incidente non sono che la tragica conferma dell'impossibilità di garantire la sicurezza assoluta attorno a questi convogli radioattivi. Lo hanno denunciato, oltre alle associazioni anti-nucleari, i partiti della sinistra francese, e i Verdi in particolare. «Profondamente scioccati» per la morte del manifestante, hanno chiesto l'apertura di un «vero dibattito democratico» sulla questione nucleare.
Un dibattito che in Francia fatica a trovare spazi di espressione. Le associazioni agiscono per lo più a livello locale, nel vuoto o nell'indifferenza dei media. La speranza è che la tragica morte di Sébastien Briard abbia almeno l'effetto di aprire gli occhi del Paese su questa resistenza silenziosa, fuori moda. Della lotta di questi militanti che, come li ha definiti ieri un deputato Verde, «si battono con l'energia della disperazione».
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