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State con l'acqua o con i ladri d'acqua?

L'umanità è di fronte ad un bivio, lo scrivo oggi su Liberazione e l'ho detto qualche mese fa ai parlamentari di Strasburgo: se non si cambierà rotta, il ricco occidente sarà artefice e complice di genocidio verso la popolazione povera del pianeta. A che cosa mi riferisco? Alla privatizzazione dei beni comuni, nello specifico dell'acqua.
9 dicembre 2004
Alex Zanotelli

Africa In certe occasioni occorre avere il coraggio di dire le cose come stanno, bisogna saper usare anche espressioni forti se è il caso. E questa volta è davvero il caso. L'umanità è di fronte ad un bivio, lo scrivo oggi su Liberazione e l'ho detto qualche mese fa ai parlamentari di Strasburgo: se non si cambierà rotta, il ricco occidente sarà artefice e complice di genocidio verso la popolazione povera del pianeta. A che cosa mi riferisco? Alla privatizzazione dei beni comuni, nello specifico dell'acqua. La questione non è attuale perché riguarda direttamente oltre cento comuni del napoletano, Napoli compresa, ma perché investe l'intero pianeta. E perché a pagarne le care conseguenze saranno come al solito i più poveri. Quello che sta accadendo a Napoli e dintorni è davvero incredibile e noi, società civile, partiti politici, istituzioni, associazioni, cittadini comuni, siamo chiamati ad un impegno a tutto campo perché il peggio venga scongiurato, perché alla gente vengano offerti semmai più servizi e più opportunità di sviluppo, perché non si ripeta quanto già verificatosi in Colombia. A Cochabamba una multinazionale californiana si è impadronita dell'acqua - sì, proprio impadronita, le multinazionali non sono estranee a certe pratiche - finché la popolazione non è insorta e si è ripresa quanto le spettava per diritto universale. Sapete che cosa è avvenuto in quella città colombiana? Che i prezzi dell'acqua dall'oggi al domani sono cresciuti del 200% e la gente è scoppiata in rivolta. Questo ha segnato una clamorosa sconfitta per la multinazionale e per la vergogna della privatizzazione. Una svolta storica possiamo chiamarla.

Ecco, noi vorremmo che non si arrivasse a tanto, che qui da noi non ci fosse alcuna rivolta per il semplice motivo che non ci sarà alcun "furto" dell'acqua. Sarà possibile che ciò accada? Certo è che noi non ci daremo per vinti, venderemo cara la pelle - come si dice in gergo - a difesa di questo bene comune prezioso tanto quanto l'aria. A proposito di aria: e se un giorno pensassero di privatizzare anche questa? Quanto dovremmo pagare per ogni respiro? Non c'è da stare affatto allegri.

Questo giornale ha avuto il coraggio e la bella idea - penso unico in Italia - di pubblicare domenica per intero l'appello in difesa dell'acqua come bene pubblico comune. Oggi, sempre dalle colonne di questo giornale, voglio confermare con forza quell'appello e parlare non solo di Napoli e dintorni, ma di quanto accade nel resto del mondo. Tutti mi domandano e ci domandiamo: ma perché si privatizza anche l'acqua? E che cosa accadrà poi, il prezioso liquido continuerà ad uscire dal rubinetto? Di sicuro accadrà poco a chi ha a disposizione denaro in abbondanza per comprarsi le bollicine in bottiglia. Sarà un dramma per gli altri. Ma è il principio che rivela il suo marcio fin dalla radice. Se tra l'indifferenza generale dovesse passare l'idea che un bene comune può essere privatizzato, allora sì che saremmo alla catastrofe del pianeta. Alla degenerazione morale. Da noi e altrove si privatizza l'acqua e il sistema idrico generale, fogne incluse, per un semplice motivo: perché agli enti locali fanno gola i finanziamenti messi a disposizione dall'Unione europea. E le multinazionali sono lì in agguato. Per farsi un'idea dello scenario che abbiamo davanti, è sufficiente ricordare che le prime otto multinazionali dell'acqua al mondo sono europee. Quanto basta per tremare.

Ma andiamo oltre i nostri confini. Nel 2005 il Trattato Gats di Hong Kong vedrà al tavolo delle consultazioni non i singoli Stati, ma l'Unione europea, e in quella sede si giocherà una partita decisiva per le sorti dell'umanità Se è vero, come sembra, che l'Ue si mostrerà disponibile alla privatizzazione dei servizi e della stessa acqua, l'indignazione dei popoli forse non basterà più a fermare lo scempio. Dobbiamo fare qualcosa prima che la situazione precipiti.

Altri numeri? Eccoli: oggi nel mondo un miliardo e mezzo di persone vive - se vive e come vive - senza acqua. Il 54% degli africani non ha accesso all'acqua, così come l'85% della popolazione dell'America latina, il 75% di quella dell'Asia orientale. Cinque milioni di persone l'anno muoiono per mancanza d'acqua, aggrediti da malattie da noi curabili. Tutta gente disperata, gente che si vede calpestata e mortificata nei propri diritti elementari. Fin quando si potrà andare avanti così?

Tutti noi siamo chiamati a fare qualcosa, a mobilitare le coscienze, a gridare vergogna, a lanciare campagne. In una parola, a non arrenderci. La prima cosa da fare - e qui penso soprattutto a Napoli - è politicizzare l'intera questione, ridare alla politica quel ruolo preminente e decisivo che pare essersi perso negli ultimi tempi. Non la politica politicante, ma l'impegno sul territorio, al fianco della gente, degli operai, dei pensionati. La politica che sposa le vertenze locali e globali. La politica come sana passione fatta al di fuori dei Palazzi. Bisogna aiutare la gente a capire l'importanza del problema acqua, divenuto oggi emblema della riduzione a merce dei beni comuni. Possiamo usare il termine coscientizzazione della politica per indicare un passaggio che vede il coinvolgimento dei cittadini insieme ai partiti, alle istituzioni, all'arcipelago della società civile. A Napoli finora non c'è stato un vero dibattito sulla privatizzazione dell'acqua, tutto è stato confinato ad alto livello e questo è un male. Io credo che le giunte, sia quella comunale che quella regionale e anche la provinciale, abbiano la giusta sensibilità, ma temo altresì che i soldi alla fine possano risultare decisivi nella scelta da compiere. Ai partiti chiedo più chiarezza, più coraggio, più voglia di scendere in campo vicino alla gente. Chiedo che dicano in maniera chiara con chi stanno: se con l'acqua bene pubblico o con l'acqua da privatizzare e ridurre a merce. Noi poi sapremo organizzare la nostra Resistenza dal basso. Certo, non possiamo rassegnarci all'idea che la politica oggi abbia solo un ruolo decorativo. Né lasciare carta bianca alle multinazionali della finanza. Dall'acqua di Napoli può partire la riscossa dei popoli.

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