Un calcio al razzismo
Mentre la parola razza viene dal latino ratia che a sua volta deriva da ratio nel senso di "natura, qualità, condizione" riferita ad una serie di soggetti (uomini ed animali), la parola razzismo viene dal francese racisme e si è diffusa in Italia durante il fascismo per indicare soprattutto le teorie di coloro che ritenevano che l’umanità fosse divisa in razze superiori e razze inferiori, le prime – pure – destinate al comando e le seconde destinate alla sottomissione.
Il fascismo – con decisioni ed azioni non difformi da quel che avveniva in Germania sotto il nazismo – aveva introdotto, seguendo queste dottrine le leggi a difesa della razza ispirandosi a chi aveva già teorizzato nel diciannovesimo secolo l’ineguaglianza delle razze umane (Gobineau) o la superiorità della razza ariana (Chamberlain), una drammatica e folle idiozia che costò poi la vita a milioni di persone nel ventesimo secolo.
Purtroppo, la concezione di un’umanità divisa in razze (superiori ed inferiori) e l’intolleranza razzista non sono state spazzate via con la fine della seconda guerra mondiale ma restano fenomeni diffusi – ben più di quanto sia visibile – in molte delle nostre società e le manifestazioni di qualche imbecille negli stadi italiani sono la punta di un iceberg la cui importanza è a torto ignorata dalle istituzioni pubbliche.
Chi si ricorda, del resto, che nell’antica Grecia i razzisti venivano chiamati "xenofobi", che vuol dire letteralmente "terrorizzati dallo straniero", il che dimostra che sono proprio gli xenofobi che sono o si sentono inferiori rispetto allo straniero.
Quando lo scienziato ebreo Albert Einstein giunse negli Stati Uniti per sfuggire alla barbarie nazista, uno stupido doganiere gli chiese a quale razza egli appartenesse ed Einstein rispose "umana" volendo significare che tutta l’umanità appartiene ad un’unica razza, senza distinzioni di sesso, di colore della pelle, di origine etnica o sociale, di caratteristiche genetiche, di lingua, di religione o di convinzione personale, di opinioni politiche, di appartenenza ad una minoranza nazionale, di nascita, di disabilità, di età o di orientamento sessuale. Così recita l’articolo 21 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea, che costituisce uno dei valori fondamentali della "casa comune" che si è andata creando fra gli Europei dalla fine della seconda guerra mondiale in poi.
Dobbiamo essere orgogliosi di questi valori comuni e difenderli – nel nostro interesse ed in quello dei nostri vicini a cominciare dai luoghi dove dovrebbe prevalere lo spirito della solidarietà e del rispetto reciproco come gli stadi di calcio.
Diamo un calcio al razzismo !
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