Riflessioni a staffetta sulle feste patronali della Campagna nazionale "Meno fuochi d'artificio, più compassione!"

Liberare gli spiriti dalla religione deteriore

Liberare gli spiriti dalla religione deteriore è aprire una strada alla ricerca della verità spirituale e della giustizia fraterna, che sono pilastri della nonviolenza profonda.
14 dicembre 2007
Enrico Peyretti
Fonte: Il grido dei poveri, mensile di riflessione nonviolenta.

Enrico Peyretti (foto)

Ho letto con ammirazione vari interventi su "Il grido dei poveri" mensile di riflessione nonviolenta relativi alla campagna "Meno fuochi d'artificio, più compassione!".
Sento l'importanza di questo impegno, che non sta soltanto nell'evitare sprechi, ma almeno in altri due aspetti: sottrarre l'uso e abuso di queste tradizioni a personaggi che se ne servono per avere potere, profitto e influenza non legittimata sulla società; purificare la religione stessa.
Sul primo aspetto, chi è già intervenuto ha detto quanto era da dire. Io non saprei sottolineare se non questo: proprio le tradizioni che risalgono ad un evento religioso, spirituale, devono essere chiari fattori e momenti di riscatto della dignità degli umili, dei poveri, delle vittime di qualunque prepotenza, dalle più gravi alle più sottili, perciò devono essere anche voci di serena denuncia delle ingiustizie e sopraffazioni. Autorità e potenti che fanno uso, in qualche modo, del divino per confermare il loro potere, per procurarsi dei "clientes", non rendono onore a Dio e ai suoi santi, ma offendono lo Spirito.
Basta un minimo di conoscenza dei profeti biblici per sapere che, tramite la loro parola illuminata, Dio disdegna le feste e i culti che degenerano nel formalismo, nell'ipocrisia, nel sostegno di gerarchie umane. Il culto che Dio vuole è la giustizia tra noi tutti, la misericordia e la pietà verso i più bisognosi, la compassione operosa per le sofferenze altrui. Dio non vuole sacrifici, perché è amante della vita e dell'umanità, anzitutto dei poveri in cui l'umanità è conculcata.
La chiesa e i suoi ministri - non c'è bisogno di dirlo - non è accettabile che si prestino a tali abusi della religione: il loro compito è portare la profezia evangelica anche scomoda, anche urtando i poteri esistenti. Non mancano preti e laici che lo fanno con serenità e coraggio. La speranza e l'impegno è che il popolo delle persone più semplici, anche più deboli nella capacità critica e perciò esposte alla violenta pubblicità commerciale come alla pressione ideologica che assolda anche la religione, possa comprendere l'inganno e ritrovare il senso genuino delle sue tradizioni. E' possibile, e forse è atteso e desiderato, se c'è chi sa purificare e liberare quelle tradizioni.
Il secondo aspetto riguarda una preoccupazione più direttamente religiosa. Nella società secolarizzata, la religione - in Italia il cristianesimo cattolico - ha perso tanta influenza sociale. C'è anche una rinascita spirituale (pensiamo al valore del Concilio Vaticano II e dei vari movimenti liturgico, ecumenico, teologico); c'è la bella promettente novità del dialogo tra le religioni, importante fattore di pace. Ma in molti prevale lo spavento che il cristianesimo scompaia, che non abbia più l'egemonia sociale del passato. Buona parte della gerarchia cerca di ricuperare la situazione di cristianità, coi relativi privilegi. Così, mentre da una parte vive una religione più essenziale e impegnativa, da un'altra parte si offre una religione spettacolo, dei grandi raduni, delle emozioni superficiali, dell'illusione di quantità, della influenza sulla politica e la legislazione.
Più precisamente, mi pare di vedere da una parte una religione dello Spirito e dell'impegno - "pregare e operare per la giustizia" diceva Bonhoeffer come essenza dell'essere cristiani nei nuovi tempi - e dall'altra parte una religione dei santi, della ricerca di protezione, che perde di vista la novità e la centralità di Cristo, la fede, la speranza e la carità, per scivolare vicino a superstizioni e culti spiritualmente disorientati e inferiori. Ciò che chiamo il "padrepiismo" (la religione incentrata su padre Pio), oppure il madonnismo (la mania che fa accorrere sui luoghi di strane apparizioni mariane) sembra prendere il posto della fede in Cristo. E' questo che ho temuto quando ho visto l'immagine di padre Pio nei manifesti mortuari o sui comodini di ospedale sostituire i riferimenti cristiani centrali, come la croce di Gesù e le sue parole.
Ci vuole rispetto e comprensione per tutti, per tutte le forme di invocazione e di ricerca spirituale, ma la chiesa di Cristo non può prestarsi a fiaccare la fede che le è stata affidata, pur di avere un seguito maggiore, più facile. Le feste patronali, le tradizioni locali, per quel che ne conosco e capisco, sono particolarmente esposte a questo rischio. Anche in una grande città come Torino, in cui vivo, vedo che questo tipo di religione è presente. In più, compaiono anche tradizioni e feste religiose delle popolazioni immigrate: recentemente una processione di peruviani è passata nelle vie del mio rione, per una festa della loro tradizione. Tutto è rispettabile e ha valore. Ma è importante ricondurre tutto all'essenziale. Del resto, se pensiamo alle luminarie e ai commerci natalizi, invadenti tutto lo spazio sociale, vediamo che una festa cristiana così centrale è, per l'insieme della società, totalmente degenerata in una fiera del buonismo e del consumismo. C'è assai di peggio nel mondo, naturalmente, eppure, senza maledire il nostro tempo disorientato, è possibile, nelle relazioni personali, nelle comunità di credenti, con piccoli segni autentici, al disotto del rumore generale, fare qualcosa per mostrare il senso essenziale della memoria che una festa rinnova per vivificare il nostro impegno.
Il vostro lavoro sulle feste patronali è anche - mi sembra - un reale contributo alla nonviolenza, perché la violenza è tanto maggiore e più grave e insidiosa quando è violenza culturale, instillata nelle menti. E' questa violenza interiore che poi causa e giustifica le violenze strutturali e le violenze dirette. Ora, l'abuso della religione a sostegno del potere sociale è violenza, perchè strumentalizza sentimenti preziosi e perché viola l'intimo delle persone per dominarle. Liberare gli spiriti dalla religione deteriore è aprire una strada alla ricerca della verità spirituale e della giustizia fraterna, che sono pilastri della nonviolenza profonda.

Enrico Peyretti, 21 novembre 2007

(Fonte: "Il grido dei poveri", mensile di riflessione nonviolenta, dicembre 2007).

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