Colombia: Le fumigazioni per sradicare la coltivazioni di coca sono dannose per la salute
Gli ultimi tentativi di sradicare la coltivazioni di coca (nel parco nazionale La Macarena), le frequenti batoste militari subite dall'esercito colombiano ad opera dei guerriglieri delle Farc e le conseguenti ritorsioni che spesso si abbattono sui civili estranei al conflitto non hanno ancora convinto le autorità colombiane a trovare una soluzione politica ad una guerra che va avanti da oltre 40 anni.
Il governo di Uribe è adesso impegnato a sradicare i 4600 ettari di coca presenti nel parco mediante un potente defoliante chimico non troppo dissimile dall'agente arancio utilizzato in Vietnam e che ha già prodotto effetti dannosi per la salute dei civili come è già avvenuto in parte nel Putumayo, una delle regioni sotto il controllo delle Farc. Lo fuga dei contadini dall'area del parco nazionale La Macarena, dove hanno dovuto fare i conti con il fuoco incrociato di guerriglieri ed esercito, ha portato Uribe a garantire immediatamente per loro una nuova sistemazione, ma in realtà lo stesso governo chiude gli occhi sul vero scopo di quello che era in precedenza il Plan Colombia e adesso il Plan Patriota, cioè la sconfitta militare della guerriglia.
In un reportage curato dal settimanale "Internazionale", emerge che tra i produttori degli erbicidi di cui è ormai cosparso il territorio colombiano spicca la multinazionale Monsanto, accusata dalle associazioni dei diritti umani di essere responsabile dell'aumento dei casi di cancro nelle zone dove maggiormente sono stati diffusi i pesticidi. Affidate alla società statunitense Dyn Corp (che tra le altre cose si occupa anche del reclutamento dei "contractors" in Iraq), le fumigazioni potrebbero dar luogo ad effetti devastanti per la popolazione. Agli studi del Cicad (la commissione che valuta il controllo dell'abuso di droghe per conto dell'Osa), secondo i quali i rischi per la salute derivanti dal Roundup (l'erbicida usato dalla Monsanto) sono minimi, si è contrapposto uno studio svolto da due ricercatori indipendenti che denunciano l'alta probabilità di contrarre tumori o altre patologie per coloro che entrano in contatto con i pesticidi.
Finanziato in primo luogo dagli Stati Uniti (che ha fatto del paese andino il terzo destinatario degli aiuti militari dopo Israele e Egitto) con il pretesto di combattere il narcotraffico, il piano di sradicamento della coca si è trasformato ben presto in una vera e propria strategia di controguerriglia che finora però non ha dato i risultati sperati, sia sul piano militare che di quello di lotta alla droga.
In realtà si è trattato da un fallimento da entrambi i punti di vista. L'utilizzo dell'esercito, spesso in stretta collaborazione con i paramilitari (che ufficialmente hanno smobilitato, ma sono tenuti in grande considerazione da Uribe) per debellare la guerriglia finora ha prodotto risultati modesti: un documento redatto dagli attivisti per i diritti umani segnala le pratiche di tortura, sparizione e minacce che finiscono spesso per essere rivolte verso i civili inermi, considerati erroneamente basi d'appoggio della guerriglia (il caso più noto, lo scorso anno, vide coinvolta la comunità di San Josè de Apartado, autodefinitasi non belligerante nel conflitto e che vide l'uccisione di uno dei suoi leader). Per quanto riguarda la lotta alla coca invece, pare che con l'aumento del defoliante lanciato sulle coltivazioni paradossalmente sia aumentato il numero delle piantagioni, questo perché i contadini piantano più coca per evitare che il loro raccolto vada in rovina, oppure perché si trasferiscono nelle zone più impervie della selva dove sanno che è più difficile essere raggiunti dallo spruzzo dei pesticidi.
Gli sviluppi della situazione politica colombiana restano preoccupanti. Uribe, tra i pochi presidenti latinoamericani rimasti fedeli a Washington, rischia di essere di nuovo rieletto nelle elezioni del prossimo maggio, e questo comprometterebbe ancora di più la già scarsa stabilità del paese. Infine nello scenario colombiano, ribattezzato da alcuni analisti "Locombia", resta irrisolto il caso di Ingrid Betancourt, candidata ecologista alle scorse presidenziali e tuttora nelle mani dei guerriglieri: il prossimo 23 Febbraio saranno quattro gli anni trascorsi come ostaggio nella selva colombiana.
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