Al secondo turno Lula dovrà smettere di giocare in difesa
Lula non è riuscito a farsi rieleggere presidente del Brasile al primo turno delle elezioni di domenica scorsa a causa delle denunce di corruzione contro dirigenti del Pt e della sua assenza dai dibattiti televisivi con gli altri candidati. Adesso dovrà affrontare 25 giorni in più di campagna. Il 29 ottobre le urne diranno chi si insedierà il primo gennaio del 2007 come presidente del Brasile: Lula o Gerlado Alckmin, del Psdb, ex-governatore dello stato di San Paolo, appoggiato dell'ex-presidente Fernando Henrique Cardoso. Lula ha avuto il 48.65% dei voti validi, contro il 41.58% di Alckmin. Il presidente in carica si era mostrato, durante la campagna, sicuro di vincere al primo turno, come indicavano tutti i sondaggi. Al punto da permettersi il lusso, in settembre, di passare due fine-settimana con la famiglia evitando gli impegni elettorali. Il 28 settembre Lula non è andato al dibattito fra i quattro candidati organizzato dalla più poderosa emittente televisiva del Brasile, la Globo. I suoi avversari - Alckmin, Heloisa Helena del Psol e Cristovam Buarque del Pdt - hanno puntato le loro critiche sul candidato assente, senza che questi stesse lì per potersi difendere. Lungo questi quattro anni di governo Lula, il Pt, da lui fondato nel 1980 e avvolto nella bandiera dell'etica, si è ritrovato coinvolto in quattro grandi scandali di corruzione: un video mostrava Waldomiro Diniz, consigliere della presidenza della repubblica, estorcendo denaro a un poco di buono quando ancora lavorava nel governo di Rio de Janeiro; deputati petisti accusati di ricevere denaro da un imprenditore (il "mensalão") e il Pt di aver pagato milioni di reais per ottenere l'appoggio di due partiti minori, il Pl e il Ptb; il ministro dell'economia, Antonio Palocci, che aveva ordinato di violare il segreto bancario di un operaio che l'accusava di affari sporchi. E adesso, nella fase finale della campagna, petisti arrestati mentre tentavano di comprare un dossier presumibilmente con pesanti denunce contro José Serra, del Psdb, che concorreva a governatore dello stato di San Paolo contro Aloysio Mercadante, del Pt. Il Pt ha commesso il grave errore di non avere appurato al suo interno i fatti e le denunce, considerandoli irrilevanti. Appoggiandosi sulla sua popolarità, Lula ha cercato di prendere le distanze dal suo partito, dicendosi tradito e rimuovendo gli accusati dalle loro funzioni pubbliche. Così, il lulismo si è sovrapposto al fenomeno del petismo. Non ci sono prove che Lula fosse a conoscenza delle operazioni nefaste che minano la credibilità del Pt. A due settimane dal voto tutti gli indicatori confermavano la rielezione di Lula al primo turno. La maggioranza dei 125 milioni di elettori brasiliani approvava il suo governo, soprattutto i più poveri, essendo stati beneficiati da programmi sociali come la Borsa Famiglia che ha distribuito un reddito minimo a più di 40 milioni di persone. Il 15 settembre la Polizia federale ha arrestato a San Paolo due militanti del Pt che avevano in valigia 800 mila dollari, tutto questo denaro era destinato all'acquisto del presunto dossier contro José Serra. Serra era stato l'avversario di Lula nelle presidenziali del 2002 e, eletto governatore domenica scorsa, si presenta come un forte candidato alla presidenza nel 2010. Attraverso la divulgazione del dossier con prove sulla corruzione di Serra quando era ministro della Sanità del governo Cardoso, il Pt cercava di rilanciare il suo candidato, Aloysio Mercadante. L'arresto dei due negoziatori del dossier è stato un getto d'acqua gelata sulla campagna di Lula, soprattutto perché il suo autore, Luiz Vedoin, è sotto inchiesta con l'accusa di essere a capo di ampio schema di corruzione nell'area della sanità. I media hanno fatto pressione perché si divulgassero le foto delle mazzette di denaro, di cui una parte erano dollari. Alla vigilia delle elezioni, il commissario che aveva effettuato gli arresti ha girato le foto alla stampa. Una volta pubblicate hanno creato un impatto negativo nella campagna di Lula, portandolo a perdere 5 punti percentuali nelle preferenze dell'elettorato e rendendo impossibile la sua rielezione al primo turno. Per recuperare l'appoggio perduto, Lula dovrà chiarire, in questo secondo decisivo round per la conquista dei voti, il contenuto del dossier all'origine dei soldi confiscati ai due esponenti petisti. E dovrà comparire nei dibattiti in tv nell'incomoda posizione di doversi difendere dalle denunce di corruzione contro dirigenti del Pt. Il secondo turno dovrà invece politicizzare l'attuale campagna presidenziale. Nel primo non c'è stato l'entusiasmo delle elezioni precedenti. La propaganda elettorale si è ridotta a colpi di marketing. I candidati non hanno neppure presentato progetti per il Brasile. Ora Lula e Alckmin dovranno per forza di cose andare oltre agli aspetti cosmetici. E abbordare i gravi problemi che affliggono il paese: insicurezza pubblica, diseguaglianza sociale, crescita economica debole. All'ombra delle denunce, Lula che aveva l'elezione in tasca, adesso inizia la sua sesta campagna presidenziale. Non si tratta solo di un nuovo turno, come fu nei ballottaggi dell'89 con Collor; del '94 con Cardoso (nel '98 questi rivinse al primo turno); e nel 2002 con Serra. La sfida è convincere l'elettorato che Lula ha le mani pulite e la volontà di attuare le riforme, come quella agraria, promesse nella campagna del 2002. Resta da capire se c'è ancora tempo per riscattare la speranza che Lula simboleggiava. Frei Betto, scrittore, è l'autore fra l'altro di «Hotel Brasil», romanzo politico-poliziesco, uscito nel giugno di quest'anno in Italia per l'editrice Cavallo di ferro
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